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lunedì 22 luglio 2019

IL GIARDINO DELLE BELVE




Jeffery Deaver
IL GIARDINO DELLE BELVE
Rizzoli
brossurato, 490 pagine
2008, 9.60 euro

Anche se Jeffery Deaver (Chicago, 1950) è noto soprattutto per il suo investigatore tetraplegico Lincoln Rhyme (protagonista del suo romanzo più celebre, "Il collezionista di ossa"), questo "Garden of Beasts" (2004) appartiene alla sua produzione "libera" e ha vinto il Premio Ian Fleming: si tratta infatti di una spy story, anche se non propriamente alla James Bond. Il sottotitolo in inglese spiega: "A Novel of Berlin 1936". L'ambientazione è berlinese, il momento storico quello dei giorni dell'apertura delle Olimpiadi del '36. Fra i personaggi c'è addirittura Jesse Owens (che avrebbe vinto quattro medaglie d'oro, indispettendo Hitler), ma sono tante le figure storiche chiamate in causa, a partire dai maggiorenti tre Terzo Reich. Straordinariamente accurata è la ricostruzione del clima politico e della vita quotidiana nella Germania sotto il nazismo a pochi anni dall'inizio della Seconda Guerra Mondiale. "Il giardino delle belve" merita una lettura anche soltanto per questo. Ma c'è anche dell'altro, ovviamente. Come per tutti i romanzi di Deaver, già dopo il primo capitolo si rimane intrappolati nella rete narrativa dello scrittore, in grado di tenerci ipnotizzati sulle sue pagine per vedere che cosa succede e come succede, prima che come vada a finire. Un talento mostruoso, il suo. Un altro talento, quello del colpo di scena, del rimescolamento delle carte. La combinazione di tutti questi elementi dà vita a un romanzo memorabile, nel suo genere. Ma già che l'unica distinzione fra i generi che conti è quella fra libri che annoiano e libri che emozionano. "Il giardino delle belve" emoziona, insegna, stimola riflessioni. Protagonista ne è Paul Schunann, killer della mala messo in trappola dall'FBI, ingaggiato da governo americano per compiere una missione in Germania: quella di uccidere Reinhard Ernst, consigliere di Hitler. In cambio, gli vengono promessi la libertà e un gruzzolo bastante a rifarsi la vita. Schumann si aggrega al gruppo di giornalisti USA giunti a Berlino per le Olimpiadi e si organizza per portare a termine l'incarico. Brividi garantiti. C'è spazio anche per una breve, intensa e non banale né prevedibile storia d'amore e per un epilogo da cui si può trarre una morale.

venerdì 24 agosto 2018

L'AMICO RITROVATO



L'AMICO RITROVATO

di Fred Uhlman

Feltrinelli

2013, brossurato

92 pagine, 7 euro

 
 "L'amico ritrovato" (1971) fa parte della straordinaria "trilogia del ritorno" di Fred Uhman, insieme ad altri due romanzi brevi romanzi ("Un'anima non vile" e "Niente resurrezioni, per favore"). Nel 1989 è stato anche tratto un film. Il libro, davvero bellissimo (sono belli anche i due sequel), struggente e drammatico ma senza enfasi né retorica, terrorizza e commuove grazie a una prosa pulita, quotidiana, che mostra il crescere in sordina di un orrore che indicibile.  A venire raccontata è l'amicizia fra un ebreo tedesco, il sedicenne Hans Schwartz, e un suo coetaneo, il giovane conte Könradin von Hohenfels, ultimo rampollo di una stirpe di nobili svevi. I due frequentano entrambi il liceo Karl Alexander Gymnasium di Stoccarda, negli anni dell'ascesa al potere di Hitler. Il romanzo non affronta in modo specifico il tema della shoah o dei campi di sterminio, ma descrive soprattutto il periodo precedente allo scatenarsi delle persecuzioni razziali. Gli Schwartz, al pari di molti altri ebrei di Stoccarda si sentono perfettamente tedeschi e sono addirittura fieri di esserlo. Quando le idee naziste cominciano a serpeggiare, il padre di Hans rifiuta di trasferirsi in Palestina, come gli viene proposto di fare, convinto che il razzismo hitleriano sia una specie di follia passeggera che mai avrebbe contagiato la nazione di Goethe, Beethoven e Schiller. Invece, quella follia finisce per dividere Hans da Könradin, che pure erano stati amici per la pelle, e semina odio all'interno dei compagni di classe. Il giovane Schwartz riesce a fuggire in America in tempo per non venire travolto dagli eventi (non sarà questa, invece, la sorte dei suoi genitori) ma quel che accade in Germania, ovviamente, lo segna per sempre. Vent'anni dopo la guerra, Hans ritrova un elenco dei nomi della sua scolaresca, che reca accanto a ognuno l'indicazione di quale sia stato il destino dei suoi compagni nella tempesta degli eventi bellici. A lungo evita di verificare che cosa sia accaduto a Könradin, di cui non ha saputo più nulla. Vivo? Morto? Ma soprattutto, con le mani sporche di sangue? 

martedì 17 ottobre 2017

ADOLF





ADOLF
di Walter Moers
Edizioni e/o, 1998

L'ho trovato su una bancarella dell'usato, e mi ha colpito perché, sfogliandolo, mi è parso un magnifico esempio di scorrettezza politica, un po' come "Hitler = SS", la serie umoristica di Jean-Marie Gourio (testi), e Philippe Vuillemin (disegni) pubblicata sul mensile francese "Hara-Kiri" nel 1980, e poi raccolta in volume anche in Italia. In realtà, i disegni di Vuillemin sono magistrali (nella loro deformazione grottesca) quanto sono banali e perplimenti (come direbbe Rokko Smitherson) quelli del tedesco Moers, che certo non ha lo spessore grafico del collega e punta all'estrema essenzialità dello scarabocchio piuttosto che alla costruzione di una vignetta (e men che mai di una tavola). Ma del resto oggi in campo umoristico imperversa il "disegnomalismo", per cui Moers potrebbe essere un antesignano. La storia, raccontata per la prima volta nel 1997 sulla rivista "Titanic" è quella di Adolf Hitler che, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, si è rifugiato nelle fogne meditando sui suoi errori ("sarebbe stato meglio attaccare la Russia sui fianki") e ne esce quando i suoi reati sono caduti in prescrizione. Comincia quindi a cercare di rifarsi una vita nonostante le angosce esistenziali che lo opprimono. Per questo si rivolge a uno psicoterapeuta, il dottor Forunkel, che come strumento per liberarsi dell'ansia gli prescrive il tamagochi. Hitler se ne innamora finché non scopre che si tratta di una invenzione giapponese: "Vili traditori! Gettare la spugna per due misere atomike!". Così, lascia morire il pulcino. Il dottore gli prescrive allora una "bella scopata", ma la prostituta a cui Adolf si accosta si rivela essere un travestito, e per la precisione il fido Goering che si veste da donna per sbarcare il lunario. Durante un viaggio a Parigi, Hitler sale sulla macchina di Lady Diana e provoca l'incidente mortale, scendendone illeso e fuggendo prima che arrivino i soccorsi. Quindi, il nostro viene rapito dagli alieni e, a bordo di un disco volante, si diverte a disegnare svastiche nei campi di grano. Gli alieni, ritenendolo un esempio di maschio perfetto, vogliono farlo accoppiare con una donna perfetta, individuata in Madre Teresa di Calcutta, alla quale, perché si attizzi, viene fatto credere che Adolf sia il papa. Il fuhrer getta la santa donna giù dall'FO, lotta con gli alieni e li fa precipitare in Giappone, dove ritrova il suo psicoterapeuta. Dopodiché, un delirio da feulleton: il dottor Forunkel si rivela essere Lady Diana mascherata, che non è morta nell'incidente parigino: tutta una messinscena per poter scomparire e dedicarsi allo scopo della sua vita, quello di distruggere il mondo. Per realizzarlo, il dottore imbarca Hitler sull'Air Force One, dove c'è il pulsante rosso dell'apocalisse. Forunkel uccide tutto l'equipaggio e vuole che sia proprio Adolf a premere il bottone che scatenerà la guerra globale (chi, meglio di lui?). Il fuhrer riesce a mettere il pazzo fuori combattimento, ma quando cerca di avvisare le autorità a terra che sull'aereo presidenziale americano sono tutti morti e che lui, Adolf Hitler, ne è alla guida, parte un missile terra-aria che abbatte il velivolo. Il nostro eroe si salva con il paracadute e giunge in America del Sud, dove ritrova Goering (ancora vestito da donna), con il quale si accasa. E vissero felici e contenti. Questa è la storia, disegnata male, ma disegnata. Fa ridere? Non so. Qua e là. Certo, Vuillermin era un'altra cosa. C'è da chiedersi comunque se, tutti e due, Moers e Vuillermin, oggi li pubblicherebbe qualcuno.