domenica 25 luglio 2021

SIDI



Arturo Pèrez-Reverte
SIDI
Rizzoli
2021, brossura
400 pagine

Chi abbia letto la saga del Capitan Alatriste sa dell'incredibile talento di Arturo Pérez-Reverte nel raccontare la Spagna (e l'Europa) dei secoli passati. Un talento non limitato al romanzo storico, in verità, dato che l'autore si è dimostrato in grado di spaziare anche nella contemporaneità e in vari generi (dal giallo al reportage di guerra). In ogni caso, da buono spagnolo appassionato di storia (è nato a Cartagena nel 1951), quando scrive di storie di Spagna, dà il meglio di sé. Vederlo cimentarsi con una rivisitazione dell'epopea del Cid è dunque una festa. El Cid Campeador (cioè "padrone del campo", o meglio "vincitore") è il protagonista di un poema del XII secolo, il "Cantar de Mio Cid", che ha successivamente ispirato mille leggende, racconti, romanzi, film. Alla base di tutto c'è un personaggio storico: Rodrigo Díaz de Vivar, o Ruy Dìaz (come lo chiana Pérez-Reverte), che visse tra il 1040 e il 1099 (nell'epoca della Reconquista), e fu un condottiero e soldato di ventura dotato di grande senso dell'onore, coraggio, carisma, capacità di comando e abilità tattica. Il soprannome Cid deriva dall'arabo "sidi", cioè "mio signore", e il romanzo di Pérez-Reverte ricostruisce le circostanze in cui si guadagnò, per la prima volta, questo appellativo. Lo scrittore sceglie di partire dall'esilio a cui Ruy Dìaz lo condannò la miopia di Re Alfonso IV di Castiglia, a cui comunque El Cid restò fedele destinandogli il quinto di ogni suo bottino. Costretto a lasciare il Regno da lui difeso ai tempi di Re Sancho II (fratello di Alfonso che gli succedette sul trono), Ruy Dìaz si mette al servizio di chi possa pagare la sua spada e quella degli uomini che lo seguono. Il romanzo comincia con la caccia da parte dei soldati di ventura del Cid a una "aceifa" musulmana, cioè una banda di predoni mori che seminano morte e distruzione lungo le frontiere fra i regni cristiani e quelli moreschi nella Spagna del XI secolo. La narrazione è tesa, crudele e drammatica, come se assistessimo al duello fra uno squadrone di soldati e una banda di apache in uno scenario western. In seguito, Ruy Dìaz si mette al servizio di un Re musulmano, Mutaman (figura che dimostra come anche i sovrani mori potessero essere saggi e illuminati), con l'impegno da parte di costui di non chiedergli di combattere contro i castigliani. Il romanzo non procede oltre nella biografia del Cid, segno che Arturo Pérez-Reverte intende (almeno lo spero) continuare con altre puntate di quella che potrebbe essere una saga molto lunga. La ricostruzione degli scenari, dei personaggi, della mentalità dell'epoca è fantastica, sembra di esserci. Tempi crudeli, in cui la vita e la morte avevano un valore diverso da quelli di oggi (come del resto in altre epoche storiche, e come in altre latitudini e longitudini rispetto alle nostre). La personalità di Dìaz, uomo forte ma anche intelligente, prudente, saggio, tormentato e consapevole di trovare una ragione di vita solo nel mestiere delle armi, risalta su tutte le altre, affascinante e, al tempo stesso, realistica, al di là dell'aura leggendaria e idealizzata della figura del Cid. Scrive Pérez-Reverte in una nota: "Ci sono molti Ruy Dìaz nella tradizione spagnola, e questo è il mio".

lunedì 19 luglio 2021

LA COLONIA PERDUTA

 
 
 

Giles Milton

LA COLONIA PERDUTA
Rizzoli
cartonato, 2000
420 pagine


Se la colonizzazione delle Indie Occidentali e la conquista del Messico da parte degli spagnoli, nei decenni successivi la scoperta dell'America da parte di Cristoforo Colombo sono costellate di figure ed eventi passati allo storia e alla leggenda, di cui si sono molto occupati romanzieri e cineasti, meno noti sono i fatti, per quanto drammatici, legati alle colonie inglesi in America del Nord. Eppure si tratta di vicende appassionanti e talvolta sconvolgenti, che prendono il via dal primo tentativo di insediamento di coloni sull'isola di Roanoke in quella terra che venne chiamata Virginia in onore di Elisabetta I, l'ultima dei Tudor, detta "la regina vergine", in quanto nubile e senza figli. Nel 1536, ancora sotto il regno di Enrico VIII (padre di Elisabetta), un mercante di pelli abituato a navigare tra Londra e le Canarie, Richard Hore, organizzò una spedizione verso le coste settentrionali del continente americano, convinto di potervi installare facilmente un posto di commercio. Il tentativo si rivelò un disastro, con i marinai che, male equipaggiati e senza viveri, e incapaci di procurarsi altrimenti del cibo finirono per darsi al cannibalismo. Tutte le spedizioni successive, per quasi un secolo, dovettero fare i conti con navi non ancora adatte alle traversate oceaniche, con il clima, con i nativi, con la scarsità di viveri in rapporto alle comunità di coloni che si volevano insediare, con gli approvvigionamenti di metalli, sementi, attrezzi, armi che dipendevano dalla madrepatria e non arrivavano mai puntuali. L'avventuriero Sir Hunfrey Gilbert fu il secondo a tentare (nel 1583) la fondazione di una colonia nelle terre non ancora occupate dagli spagnoli (con cui gli inglesi erano in guerra perenne, combattuta o sopita) ma, abilissimo nel trovare finanziatori, non fu altrettanto bravo nel valutare le difficoltà. In effetti i tentativi che si succedettero furono tutti una lenta approssimazione verso migliori organizzazioni successive che facevano tesoro degli insuccessi precedenti, in un susseguirsi di tragedie e di catastrofi. Se, già a Seicento inoltrato, le prime colonie riuscirono ad attecchire, molto si dovette all'instancabile opera di Sir Walter Releigh, favorito dalla regina ma poi inviso al di lei successore Giacomo I di Scozia. Una figura, quella di Releigh, davvero affascinante e sicuramente, per i canoni dell'epoca, illuminata. Lui soprattutto è il protagonista del saggio di Giles Milton. Benché non abbia mai guidato personalmente la colonizzazione sul territorio, la pianificò per anni da Londra, raccogliendo fondi e dando direttive, come quella di instaurare rapporti pacifici con i nativi americani (in questo, venendo spesso disatteso). Scelse collaboratori e capitani, organizzò le spedizioni, riuscì a ottenere finanziamenti privati e la sponsorizzazione della regina (non cui riuscì invece con Giacomo I, il cui nome venne dato a Jamestown nonostante il disinteresse del sovrano). Non si trattava soltanto di sbarcare dei coloni, ma riuscire a rendere stabile e autosufficiente una colonia, impresa tutt'altro che facile, e difenderla dagli attacchi degli indigeni così come dalla caccia degli spagnoli (che la cercavano per distruggerla, ritenendo tutta l'America terra loro). Nel 1584, un nativo americani di nome Manteo, catturato in un viaggio esplorativo, permise agli inglesi di imparare la lingua degli indigeni (e lui si rivelò abile mediatore). Nel 1585 salpò la prima spedizione organizzata da Raleigh, a cui avrebbero seguito numerose altre, ostacolate anche dalla guerra sul mare fra Spagna e Inghilterra. Proprio questa guerra portò al completo abbandono, fra il 1586 e il 1590, dei contatti fra la colonia posta sull'isola di Roanoke e la madre patria: quando gli inglesi tornarono a cercarla, la trovarono completamente abbandonata (da qui, un mistero che ha fornito materiale per romanzi, film e fumetti). In ogni caso, i britannici ci riprovarono, in un susseguirsi di battaglie e barbare uccisioni (anche i nativi fecero la loro parte), di epidemie e naufragi, fino all'episodio di Pocahontas, principessa pellerossa resa celebre dal film della Walt Disney (il suo matrimonio con John Rolfe è del 1614), che Giles Milton racconta nei dettagli (almeno quelli che è possibile ricostruire sulla base dei documenti storici). Il saggio si conclude con l'esecuzione sul patibolo di Walter Raleigh, accusato falsamente di tradimento, da parte di Giacomo I Stuart. Raleigh volle farsi decapitare con la testa voltata verso Ovest, là dove c'erano le sue colonie. Oltre a fare l'accurata cronistoria dei primi tentativi di colonizzazione in terra americana, Milton ben descrive anche la realtà londinese, quella della corte di Elisabetta I e quella dei suburbi trasudanti malattie e miseria in cui la vita era più dura e a rischio di quella nelle colonie

sabato 17 luglio 2021

YOGA

 

 
 
Emmanuel Carrère
YOGA
Adelphi
brossurato, 2021
318 pagine, 20 euro


Carrére è ipnotico. Potrebbe raccontare a modo suo l'elenco del telefono e si starebbe a leggerlo incantati per ore e ore. Per di più, lo scrittore francese racconta sempre la propria vita: anche quando ha pubblicato le (straordinarie) biografie di San Paolo e di Limonov, in realtà ha trovato il modo di parlare di se stesso. Stavolta parla proprio di se stesso, e ugualmente si resta ipnotizzati, non c'era da dubitarne. Il periodo preso in esame, cioè dal 2015 al 2019, coincide con quello di una terribile depressione e una diagnsi di disturbo bipolare che lo porta quasi al punto di non ritorno, di cui fa la cronaca, e quindi l'argomento è ostico. Carrère lo affronta partendo dal momento in cui si ritira in una tenuta in campagna dove un gruppo di iniziati alla meditazione Vipassana ha organizzato una sorta di ritiro spirituale di una decina di giorni per praticanti intenzionati a perfezionarsi. Lo scrittore, che pratica meditazione, yoga e tai chi da molti anni, decide di prendervi parte perché è intenzionato a scrivere un libro proprio su questo tipo di argomento. Il corso, che prevede un isolamento totale e, viene detto, può provocare effetti collaterali a livello psicologico. Non è ben chiaro (almeno io non l'ho capito) se proprio il corso scatena dei disturbi psichici già latenti in Carrère (lo scrittore dce di averne già sofferto, in forma più lieve, in passato), che comunque non porta a termine la prova costretto a lasciare il gruppo in seguito alla strage di Charlie Hebdo (un suo amico è fra le vittime, e lui stesso potrebbe essere un bersaglio, per una recensione positiva al libro di Houellebecq "Sottomissione", che parla di Islam). Fatto sta che poco dopo, nonostante Carrère  fosse convinto di attraversare un periodo felice e fortunato della propria vita, cade in un incubo che sembra senza fine, in un abisso che sembra senza fondo, al punto che, come extrema ratio, subisce più volte l'elettroshock. Gli viene diagnostica una patologica psichiatrica, è sottoposto a una terapia a base di litio. Miracolosamente le cure funzionano, e il ritorno al lavoro (prima in Iraq come inviato di un giornale, poi in un campo profughi in Grecia) gli salva la vota. Carrère racconta, come sa fare lui, un aneddoto dopo l'altro (storie d'amore, storie di sesso, storie di viaggi, storie di incontri), in brevi capitoli che narrano fatti intriganti del presente e del passato, ed è gradevole da seguire. Peccato però per il troppo buonismo (neppure contro gli attentatori che gli hanno ucciso un amico riesce a scagliarsi) e per il troppo minestrone di yoga, meditazione, filosofia orientale che, sinceramente, finisce per annoiare un po', chi, come me, è alieno dalle cineserie. Chissà poi se tutti gli aneddoti raccontati sono del tutto veri: l'ex moglie, per esempio (dopo il recente divorzio e l'accordo fatto con l'ex marito perché di lei non si parlasse), sostiene in un'intervista che Emmanuel si è inventato più di qualcosa (ad esempio, nel campo profughi ci sarebbe rimasto solo pochi giorni e non dei mesi). Ma questo importa ben poco: se un aneddoto è raccontato bene, non importa se è vero a metà.

venerdì 16 luglio 2021

THORGAL VOLUME 3

 
 
 

Jean Van Hamme

Grzegorz Rosinski
THORGAL VOLUME 3
Panini Comics
cartonato, 2021
310 pagine, 33 euro


Prosegue, con questo terzo corposo volume, la riedizione cartonata targata Panini dell'intera saga di Thorgal. Dei primi due tomi avevamo già avuto modo di parlare: trovate qui le recensioni in cui si spiega chi sia l'eroe di Rosinski e Van Hamme.

https://utilisputidiriflessione.blogspot.com/.../thorgal...

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Il Volume 3 contiene nove storie pubblicate originariamente in Belgio, Francia e Svizzera tra il 1988 e il 1992. Di questi, quattro sono brevi episodi dell'infanzia di Thorgal e di Aaricia, con cui gli autori ricostruiscono il passato dei due giovani destinati poi a sposarsi. La storia con cui comincia il libro, invece, è quella conclusiva della saga nel Paese di Qa, al di là dell'Oceano (una terra fantastica ma che corrisponde, si direbbe, al Messico), dove Thorgal, Aaricia e il loro figlioletto Jolan erano stati costretti a recarsi per una trama ordita dall'avventuriera Kriss di Valnor. Dopo aver scoperto (o capito meglio) il segreto delle proprie origini (legate al naufragio sulla Terra di un velivolo spaziale), Thirgal riesce a riportare in Scandinavia la propria famiglia, e proprio nella terra dei vichinghi (già, perché Thorgal, figlio delle stelle, è stato adottato da una famiglia vichinga e cresciuto come uno di loro) Aaricia dà alla luce, in circostanze molto drammatiche, sua figlia Lupa. A questo punto, però, Van Hamme decide di separare Thorgal dalla moglie e dai figli, facendolo finire schiavo in una terra lontana, si direbbe nell'Europa continentale, dando vita a un nuovo ciclo di avventure vissute in solitaria dall'eroe. Eroe desideroso solo di una vita tranquilla, ma che il destino segnato dalle sue origini coinvolge in vicende crudeli. Il disegno realistico di Rosinki e l'ambientazione vichinga dei primi racconti non devono far credere che Thorgal sia un fumetto storico: è sostanzialmente fantastico, anche se la magia proposta da Van Hamme non trascende mai i limiti del rigore logico: si rispettano regole di coerenza interna del racconto ed è facile accettarle e crederci. La più affascinante delle storie è appunto un ben congegnato meccanismo di viaggi nel tempo, "Il signore delle montagne".

venerdì 9 luglio 2021

SWEA

 
 

 
Raffaele D'Argenzio
Nadir Quinto
SWEA
Allagalla
2021, cartonato
280 pagine, 30 euro


Un universo da riscoprire, quello delle serie a fumetti sulle riviste per ragazzi in edicola negli anni Sessanta, Settanta, Ottanta del secolo scorso. Non solo "L'Intrepido" e "Il Monello", ma anche "Il Giornalino"e "Il Corriere dei Ragazzi", per non parlare di "Lanciostory" e "Skorpio". Allagalla, una delle case editrici più attive nel recupero e nella valorizzazione di questo tipo di materiale, presenta la raccolta in volume di tutte le avventure di Swea, eroina pubblicata tra il 1976 e il 1977 su "Corriere Boy", una versione del "Corrierino", i cui logo e format vennero rinnovati proprio in quegli anni per cercare di superare la forte crisi editoriale in cui versava la storica testata.
Nel marzo del 1975 era stato licenziato lo storico direttore Giancarlo Francesconi, sostituito da Alfredo Barberis il quale, per colpa o per sfortuna, non riuscì comunque a far risalire le vendite. Venne perciò assunto Raffaele D’Argenzio, strappato alla concorrenza, con l’incarico di operare una radicale trasformazione. Passato in seguito nelle mani di altri direttori, la testata chiuse, comunque, nel 1984. D’Argenzio, nato a Caserta nel 1943, aveva esordito come sceneggiatore di fumetti, firmandosi Ledar, proprio con le testate della Universo, per la quale creò alcune serie come “Cristall” ed “Edizione straordinaria”, fino a diventare prima caporedattre poi direttore de “L’Intrepido”. Per “Corrier Boy”, oltre a Swea ideò altre serie, quali “Chris Lean”, “Charlie Charleston” e “Savage”. Dopo aver a lungo portato avanti gli episodi della bionda eroina western, la passò poi a Domenico Cammarata. Per la sua indiana bianca, D’Argenzio volle accanto a sé un veterano, vera leggenda del fumetto popolare italiano, attivo fin dal 1939: Nadir Quinto.
Swea principessa di sole, ha i capelli biondi perché discendente dagli antichi vichinghi sbarcati sulle coste dell’America settentrionale ancora prima di Cristoforo Colombo. Proprio in ragione di questa misteriosa origine, la zona in cui principalmente sono ambientate le sue avventure è quella del Nord-Est, come dimostrano i nomi delle tribù indiane in cui ci si imbatte: Irochesi, Uroni, Tuscarora, Mohicani. In particolare, Swea è sakem, per elezione e acclamazione, dei Mohawk. L’epoca si può identificare nell’arco di anni tra il 1869 e il 1877, dato che in alcuni episodi si mostra Ulysses Grant nei panni di Presidente. Non che la ricostruzione degli ambienti e della realtà storica sia attenta e puntuale: anzi, la serie propone scenari immaginari ed elementi del tutto fantastici: accanto ai tipici elementi western troviamo spunti avventurosi alla Rider Haggard, missioni in trasferta nelle terre delle antiche civiltà precolombiane, addirittura un incontro con un romantico alieno. La ragazza, che Nadir Quinto ha raffigurato (si dice) con i tratti della moglie Enza, è dotata di strani poteri paranormali di cui non è del tutto padrona e che lo stregone Toneaga gli insegna a controllare. Gli elementi rosa sono costanti, a partire dall’evidente attrazione fra Swea a il meticcio Falco, ma se si sottolinea come la fanciulla abbia il cuore tutt’altro che di ghiaccio, solo raramente la vediamo sciogliersi in un bacio. A solleticare la curiosità dei giovani lettori, al posto delle scene d’amore bastano le pose da pin up dell’eroina, che come la Ka-Laa e la Barbara di Juan Zanotto mostra disinvoltamente le proprie grazie (quelle evidenziate dalla discinta mise) mentre vive le proprie pericolose avventure. Grazie che la strepitosa copertina di Emanuele Taglietti ben evidenzia.

mercoledì 7 luglio 2021

TEMPO

 



 

Guido Tonelli
TEMPO
Feltrinelli
brossurato, 2021
196 pagine, 17 euro


Di Guido Tonelli, fisico del Cern di Ginevra, uno degli scienziati che ha scoperto il bosone di Higgs, ci eravamo già occupati a proposito del suo saggio, davvero entusiasmante, dedicato all'0origine dell'Universo: https://utilisputidiriflessione.blogspot.com/.../genesi.html
Rispetti a quel libro, Tonelli, con questo ulteriore testo, non aggiunge poi molto, anche se si concentra sul Tempo, uno dei misteri della vita così come della fisica. Per approfondire l'argomento, lo scienziato fornisce (di nuovo, per chi abbia letto "Genesi") le informazioni di base sulla meccanica quantistica, argomento affascinante ma che porta a contraddire tutto ciò che l'esperienza quotidiana ci insegna. Tuttavia, per quanto assurde possano sembrare, le leggi che regolano i quanti (le particelle più piccole, e in buona parte inafferrabili, che compongono la materia) funzionano e sono alla base di gran parte della nostra tecnologia, anche se non riusciamo a capire come sia possibile un fenomeno, per fare un esempio, come quello dell'entanglement, o come possano dei corpuscoli comportarsi come onde. Tra i misteri della fisica quantistica c'è quello del tempo, che forma un tutt'uno con lo spazio nella concezione dello spazio-tempo einsteniano. Il tempo nasce con il big bang (come lo spazio) ma è relativo: non ha nessun senso dire "adesso" e pensare che esista un "adesso" in tutto il cosmo, dato che si riferisce sempre a un osservatore. Molte equazioni riguardanti i fenomeni quantistici sembrano funzionare lo stesso senza il fattore tempo, ma allo stessi tempo pare essere l'entropia, la tendenza al disordine connaturata con la natura delle cose, a dare al tempo una direzione che si direbbe non modificabile. Troppi se e troppi ma? Tonelli stesso confessa, alla fine, che la faccenda non è affatto chiara: ci sono decine di ipotesi sul tappeto (la teoria delle stringhe, per esempio) che soltanto il tempo (scusate il gioco di parole) ci permetterà di verificare sperimentalmente.

martedì 6 luglio 2021

I RACCONTI DI DOMANI 4 - VARIE ED EVENTUALI



Tiziano Sclavi
Sergio Gerasi
I RACCONTI DI DOMANI
4 - VARIE ED EVENTUALI
Sergio Bonelli Editore
cartonato, 2021
66 pagine, 19 euro


Quarto volume della serie "I racconti di domani", scritta da Tiziano Sclavi, e illustrata ogni volta da un diversi disegnatore. Dei precedenti tre titoli abbiano già parlato.
Trovate la recensione del primo, "Il libro impossibile", qui:

https://utilisputidiriflessione.blogspot.com/.../il-libro...

Del secondo, "Della morte e del cielo", parlo qui:

https://utilisputidiriflessione.blogspot.com/.../della...

Il terzo, invece, è recensito qui:

https://utilisputidiriflessione.blogspot.com/.../brevi...

Il quarto titolo, "Varie ed eventuali", prosegue sulla falsariga dei precedenti. Dylan Dog ha acquistato, spinto da un impulso misterioso, un libro "impossibile" nell'impossibile negozio "Safarà" (che svanisce e ricompare), e ne legge i brevi, inquietanti racconti. Rispetto al terzo titolo, in cui Dylan Dog non compare, qui l'Indagatore dell'Incubo è presente in apertura e chiusura. Tra i due siparietti, sei storie, tutte godibili, in perfetto stile Sclavi, la cui poetica non sembra cambiata. La migliore, secondo me, è la prima: "Il treno", ma anche "L'elastico" e "I testimoni di..." sono degni del podio. Capolavori di sintesi, magistrale lezione di sceneggiatura. Graffianti e disturbanti al punto giusto i disegni di Sergio Gerasi. Mancando un vero e proprio finale viene da chiedersi se ci sarà un seguito

lunedì 5 luglio 2021

QUEI DUE: PIU' VICINI

 

 


 

Tito Faraci
Silvia Ziche
QUEI DUE: PIU' VICINI
Sergio Bonelli Editore
cartonato, 221
74 pagine, 16 euro


Quarto e ultimo (anche se verrebbe da chiedersi se lo sia davvero, l'ultimo) della sit-com a fumetti di Tito Faraci e Silvia Ziche, "Quei due". Delle tre precedenti puntate abbiamo già parlato. La mia recensione del primo volume la trovaste cliccando qua:

https://utilisputidiriflessione.blogspot.com/.../quei-due...

Per quella del secondo volume, "Un dolorino qui", il link invece è questo:

https://utilisputidiriflessione.blogspot.com/.../quei-due...

Del terzo episodio, "Un buon partito", ne parlo invece in quest'altro articolo:

https://utilisputidiriflessione.blogspot.com/.../quei-due...

Nella sua postfazione, Tito Faraci parla di un "episodio che conclude (per ora) la serie", lasciando intendere come chissà, ci potrebbe persino essere un seguito. Lo sceneggiatore usa l'aggettivo "spiazzante" per definire questo finale parziale, dato che i lettori sono chiamati a rivedere, almeno in parte, i propri giudizi sui personaggi. In effetti è vero: come dichiarato già dalla copertina, Marco sembra redimersi (ha un'aureola in testa) e Marta invece viene mostrata con un'espressione luciferina. In realtà, il caratterino di Marta a me sembrava sulfureo anche prima e al ravvedimento di Marco, a parer mio, non crede nessuno. 
Un esame clinico convince infatti il lui di quei due di avere poco da vivere (lo si sapeva terrorizzato dai medici) e ciò lo spinge a riflettere sui propri errori. Marta, da canto suo, viene spinta dalle amiche a mettere in dubbio le sue certezze di essere indubitabilmente quella dalla parte della ragione nella fine del suo matrimonio. Faraci rinuncia, in questo che è il volume con il minor tasso umoristico della serie, a sviluppare gli aspetti da commedia e preferisce approfondire la psicologia dei due protagonisti. I quali si riavvicinano, come dice il titolo, anche se non c'è l'happy end della riconciliazione, e meno male. Singolare anche l'evoluzione del personaggio di Baldo Comini, il politico che tutti adorano ma che nessuno vota: alla fine, se lo slogan del sui neonato partito è che "tanti gattini tristi, uniti, possono cambiare il mondo", vabbè, tanti applausi ma poi i voti vanno a quelli più pragmatici. Chissà se Marta continuerà a sperare di rifarsi una vita con lui, e se Marco troverà una nuova fiamma (gli indizi ci sono) che gli faccia rimettere la testa a posto. I personaggi della sit-com ci sono tutti (principali e secondari), ben caratterizzati graficamente dalla bravissima Ziche, lo spazio per una seconda stagione c'è tutto