mercoledì 29 dicembre 2021

BILLY SUMMERS

 

 

 
Stephen King
BILLY SUMMERS
Sperling & Kupfer
cartonato, 2021
550 pagine, 21.90 euro


Niente horror, questa volta, per il Re. A parte pochi accenni all'Overlook Hotel di "Shining", nei cui pressi sono ambientate alcune scene del romanzo (e di cui si dice che ci siano accadute cose spaventose), in "Billy Summers" non ci sono elementi fantastici. Potremmo definirlo un thriller, se non fosse che l'etichetta sta comunque stretta. Noir, storia d'amore, romanzo on the road, racconto di guerra, giallo... ciascuna definizione è giusta e sbagliata al tempo stesso. Billy Summers è un killer (a pagamento) dalla mira infallibile, ma che uccide soltanto chi se lo merita, uomini cattivi. Il suo talento come cecchino deriva dall'aver militato tra gli snipers americani durante la guerra in Iraq. Viene ingaggiato da un boss della mala di Las Vegas, Nick Majarian, per uccidere un altro killer, Joe Allen, finito in galera, e che va zittito durante una traduzione, prima che parli. Joe Allen è sicuramente un uomo cattivo. Per di più il lavoro, da svolgersi sulla costa orientale, è pagato benissimo, tanto da poter permettere a Billy di ritirarsi in una dorata pensione per il resto dei suoi giorni. L'incarico viene portato a termine, ma Summers capisce che Nick vuole tappare la bocca anche a lui e ha organizzato un piano per farlo scomparire. Billy riesce a mettersi in salvo grazie a una falsa identità, e comincia un lungo viaggio per arrivare fin da Majarian a riscuotere il dovuto e magari a fargliela pagare, evitando di venire intercettato dagli uomini del gangster, che lo braccano. Fin qui lo spunto è da romanzo d'azione, da thriller - appunto. Ma le cose si complicano, perché la strada di Summers si incrocia con quella di Alice, ragazza ventenne rimasta vittima di uno stupro, abbandonata in fin di vita su un marciapiede dai suoi violentatori. Billy le salva la vita e lei le si appiccica addosso, seguendolo dovunque. Summers è però anche uomo di buone letture, e dovendo passare del tempo in attesa del momento buono per far fuori Allen, comincia a scrivere la storia della sua vita, dall'infanzia poverissima segnata da una madre alcolizzata, fino ai tragici giorni della guerra in Iraq. La scrittura prende la mano a nostro protagonista, che non riesce a smettere di portare avanti il suo diario anche durante il suo viaggio verso Las Vegas. Un romanzo nel romanzo, dunque, e anche una riflessione sulla funzione catartica e liberatoria della scrittura. C'è poi il risvolto giallo: perché Joe Allen deve morire? Tutti i nodi vengono al pettine in un finale drammatico e inevitabile, e di certo commovente. Niente horror, comunque, anzi neppure tutte le sparatorie e i morti che ci si sarebbe potuti aspettare. La cosa strana è, però, che quando King parla di mostri si finisce per crederci di più. Il Re resta comunque ipnotico, si cade nel romanzo e non se ne esce fino alla fine.

martedì 28 dicembre 2021

LA LUNGA NOTTE

 

 
 
Leonardo Gori
LA LUNGA NOTTE
Tea
cartonato, 2021
274 pagine, 15 euro


La saga di Bruno Arcieri, portata avanti dal 2000 da Leonardo Gori (Firenze, 1957) conta a questo punto dodici romanzi ambientati lungo la storia italiana (ma con due excursus parigini) tra il 1938 e il 1970.
Bruno Arcieri è un nome non è scelto a caso, ma un preciso inside joke: è così che venne chiamato l’eroe dei fumetti Brick Bradford alla sua prima apparizione in Italia, proprio negli anni Trenta (e Gori è un grande esperto di comics, sui quali ha scritto una gran quantità di saggi e articoli). L'elemento più caratteristico del personaggio (un ufficiale dei carabinieri, fiorentino, dalla coscienza tormentata) è appunto il suo essere calato nelle vicende storiche in cui si trova ad agire vivendole sul campo, dunque ricostruite con una forte aderenza alla realtà. Il primo romanzo in cui compare Arcieri si intitola "Nero di maggio". 
Ne abbiamo parlato qui: 
E' un thriller che si svolge a Firenze nella primavera del 1938, durante i preparativi e lo svolgimento della visita alla città di Adolf Hitler e Benito Mussolini. L'intreccio giallo, pur accattivante e avvincente, risulta messo in secondo piano dall’interesse che suscita nel lettore la ricostruzione della realtà sociale e politica (fiorentina, toscana, ma indubbiamente anche nazionale) in un momento così cruciale nella storia dell’umanità. Il fascismo permeava di sé ogni aspetto della società, dopo un quindicennio anni di dittatura, ma nel romanzo di Gori appare meno monolitico di quanto possa sembrare da altre più superficiali ricostruzioni, con trame e correnti, con nudi e puri della prima ora e approfittatori della seconda; in ogni caso, con tanti scheletri negli armadi. Ma soprattutto, per la prima volta dopo tanti anni, nel 1938 c’è, nei più acuti osservatori, la sensazione che la storia stia per cambiare, che gli eventi precipitino, e c’è chi teme il futuro, chi lo attende con fatalismo e rassegnazione, con il senso dell’impotenza, chi lotta e lavora per prepararlo e modellarlo. Scrive Gori nelle ultime pagine del romanzo: “Gli anni Trenta, in buona parte spensierati, leggeri, correvano a precipizio per una nuova e ancora inconoscibile strada, verso scelte terribili e destini segnati, lasciando inconsapevoli le folle, indecisi e perplessi gli intellettuali, gli stessi politici ignari. La primavera fiorentina cambiava le carte in gioco non solo per l’Italia ma per l’Europa e il mondo, e si avvicinava prepotente, per tutti, l’ora di scegliere finalmente tra l’opportuno e il vero, tra la vita e l’abisso, tra il bene e il male. Era la fine del quieto vivere borghese all’ombra del fascismo”. 
Arriva il tempo delle scelte, come si vede appunto ne "La lunga notte", romanzo di ambientazione romana: siamo infatti nella capitale tra il 7 e l'8 settembre del 1943. Il fascismo è caduto, e Badoglio sta per proclamare l'armistizio che segnerò l'occupazione nazista in Italia. La Storia avrebbe potuto prendere una piega decisamente diversa se il Re non fosse fuggito da Roma, se si fossero presi accordi con gli Alleati, se alle truppe italiane fossero stati dati ordini precisi secondo un piano prestabilito. Leonardo Gori immagina il capitano Arcieri impegnato a fare da interprete fra le autorità italiane e due militari americani giunti di nascosto per concordare i termini di una intesa. Intesa che qualcuno vuol far fallire. Arcieri si trova faccia a faccia con Badoglio e con il Re, e si rende conto di losche trame ordite da fascisti e agenti segreti, in un clima da fine del mondo. C'è però anche un delitto su cui indagare, e che sembra commesso da Elena Contini, una giovane giovane donna ebrea con cui il capitano ha una relazione e che, dopo l'avvento delle leggi razziali, nasconde in casa propria. Elena era già stata protagonista di "Nero di maggio", dove si proponeva addirittura di compiere un attentato contro Hitler. Qui la vediamo in procinto di fuggire da Roma verso la Palestina, interrompendo la sua relazione con Bruno. Anche se il giallo viene risolto, certamente sua la soluzione diventa di secondaria importante nel dramma di una Italia divisa in due, sgomenta di fonte alla totale incertezza del futuro. "La lunga notte" ha un seguito in quello che io reputo il più bello dei romanzi della serie, "Il passaggio", ambientato durante la liberazione di Firenze, nel 1944 (romanzo pubblicato nel 2002). Altrettanto bello, anche se di argomento diverso, "L'angelo del fango", che racconta di Arcieri durante i giorni della disastrosa alluvione di Firenze del 1966 (pubblicato nel 2005). 
A corredo de "La lunga notte" troviamo un racconto inedito, "La regola del gioco", con protagonista un Arcieri anziano che riflette sulla sua scelta del settembre 1943, quella in cui, dopo il proclama di Badoglio, deve decidere da che parte stare. In questo racconto Arcieri incontra il Commissario Bordelli, il personaggio di Marco Vichi, che già era comparso ne "L'angelo del fango" (i due si scambiano le visite, dato che anche Vichi racconta dell'alluvione in un suo romanzo con Bordelli, e lo fa incontrare con Arcieri). Non si creda, a questo punto, che il prolifico Gori scriva solo avventure di Bruno Arcieri. La sua produzione è molto più variegata, e invito a scoprirla. Si veda, per fare un esempio, qui:
http://utilisputidiriflessione.blogspot.com/.../i-delitti...

lunedì 27 dicembre 2021

IL MONDO PIU' PAZZO DEL MONDO


 

Astutillo Smeriglia
IL MONDO PIU' PAZZO DEL MONDO  
Fumetti di Cane - Shockdom
brossurato, 2021
112 pagine, 12 euro

Abbiamo già parlato, in questo spazio, di Astutillo Smeriglia: è accaduto recensendo un altro suo libro, "Preti", edito da Mondadori. Potete leggere quella recensione cliccando su questo link:

https://utilisputidiriflessione.blogspot.com/.../preti.html

Adesso parliamo de "Il mondo più pazzo del mondo", un libro che raccoglie materiale di poco precedente (si direbbe). Esiste anche una presentazione animata su YouTube, la trovate qui.

https://youtu.be/uGTGdJcknP8


Io preferisco "Preti", che è più organico e coerente, ma senza dubbio anche "Il mondo più pazzo del mondo" ha il suo perché, folle e geniale, ma anche poetico e dissacrante, com'è. Come, del resto, il film di cui il titolo è la parafrasi (e che viene citato, parodia della parodia, nella sequenza in cui a bordo di un aereo rimasto senza pilota i passeggeri votano a maggioranza come suo sostituto un bambino cieco). Si comincia con Dio che crea il mondo e poi, stanco e distratto, si ritira in villeggiatura lasciandolo al suo destino (cosa che in realtà potrebbe pur essere, visti come siamo messi). Nel finale Dio interrompe le ferie per condannare tutti gli uomini all'inferno per i loro atti impuri, salvo un certo Hitler che, invece, sembra non averne commessi. E' vero che si è macchiato di genocidio ma lui dice che si è trattato di legittima difesa, e del resto Dio è buono e misericordioso. Fra queste due apparizioni del Creatore c'è tutta la pazzia del mondo da lui creato (la ricerca dell'anima gemella, la carriera politica, i dibattiti in TV, i medici e i loro pazienti...), compresa una gag con i due preti di "Preti": il più anziano manda il più giovane a praticare un esorcismo, e questi chiede perché, se Dio è onnipotente, abbia bisogno di un prete per scacciare un demonio. Il più anziano è abilissimo nell'eludere la domanda, come al solito. Un'ultima osservazione. Ho scritto nella precedente recensione di non sapere chi si nasconda dietro lo pseudonimo di Astutillo Smeriglia, certo che si trattasse di uno pseudonimo, dato il nome "Astutillo" così divertentemente assurdo. Ebbene, ho scoperto che il nome Astutillo esiste veramente: c'è un certo Astutillo Malgioglio che è stato un giocatore di calcio e che ha una sua voce Wikipedia.

https://it.wikipedia.org/wiki/Astutillo_Malgioglio

A questo punto non sono più certo di niente. Magari un Astutillo che si chiama Smeriglia c'è sul serio, in questo mondo più pazzo del mondo.

venerdì 24 dicembre 2021

SULLE TRACCE DI VIVIANE L'INFERMIERA

 


 

Filippo Pieri
Cryx
SULLE TRACCE DI VIVIANE L'INFERMIERA
Sbam! Libri
brossurato, 2021
64 pagine, 9 euro


C'era una volta (poi spiegheremo perché non c'è più)  Viviane L'Infermiera, protagonista, nel 2018, di una raccolta di brevi storie, molto divertenti, pubblicate da Pieri & Cryx in uno spazio in Rete prima dell'edizione in volume. Volume che aveva una mia prefazione, su cui ho basato anche la recensione che potete leggere qui:

https://utilisputidiriflessione.blogspot.com/.../viviane...

Fra le altre cose, scrivevo quanto segue.
"Con evidente sprezzo del pericolo, Filippo Pieri e Cryx propongono oggi la loro versione di quel tipo di commedia sexy che ha fatto la storia del cinema italiano quando ancora i film incassavano qualche spicciolo (non solo con Gloria Guida ma anche con Edwige Fenech, Annamaria Rizzoli, Nadia Cassini, Agostina Belli e chi più ne ha più ne metta). Ovviamente partono da una infermiera, oggetto da sempre di fantasie erotiche maschili. Ma essendo giovani e baldi (non oso dire belli) lo fanno contaminando le loro storielle con le suggestioni dell’eros giocoso giapponese (evidenti gli influssi manga ogni volta che entra in scena l’infermiera Vivane). Ruko Tatase incontra Banfi e Carotenuto: come non esserne contenti? Viviane tuttavia non è maliziosa, né tantomeno lasciva e perversa, ma beatamente serafica nella naturale e istintiva ostentazione delle proprie forme, come non è maliziosa la digitale purpurea che attira le collegiali a cui è stato vietato annusarne l’odore venefico o non sono perversi i gelsomini notturni che esalano il loro profumo di fragole rosse (per citare Giovanni Pascoli, sensibile a modo suo al richiamo del proibito). Fra gli influssi ci metterei anche quelli de 'Il Vernacoliere”' e viene in mente Luana, la baby sitter di Daniele Caluri, felicemente svampita e inconsapevole (o disinteressata alla cosa) dei ferormoni femminili dalle lei emanati e delle reazioni testosteroniche altrui. Luana, del resto, è anche felicemente livornese e vernacolare, e fa da badante a un pestifero bambino, Maicol, paragonabile ai vecchietti terribili della residenza per anziana Casa Nova in Toscana in cui dono ambientate le avventure di Viviane. Del resto vecchi e bambini, si sa, si assomigliano. Come nelle disavventure di Caluri, anche in quelle di Pieri e Cryx si ride con trovate scatologiche, si possono vedere vomiti e rigurgiti, erezioni sotto i pantaloni, viva la libertà della frittatona di cipolle, birra ghiacciata e del rutto libero. A Casa Nova si può perfino vedere uccidere a pistolettate un pappagallo senza che accorra Edoardo Stoppa. Che liberazione, quella dal politicamente corretto e dal perbenismo imperante. Perbenismo di cui, per loro fortuna, possono essere esentati i vari Principe, Macao e Jesus, gli arzilli e impenitenti ottuagenari di Casa Nova, toscanamente simili ai vecchietti pisani del Bar Lume di Marco Malvaldi (Pilade, Amelio, Emo) ma anche e forse soprattutto ai Mascetti, Melandri, Necchi e Sassaroli, i protagonisti di Amici Miei – Atto III (1985), il film di Nanni Loy in cui i goliardi di Monicelli si ritirano tutti in un ospizio senza perdere la voglia di fare le loro zingarate. Alla fine la serie a fumetti di Pieri e Cryx, a dispetto del titolo, finisce per avere come protagonista non tanto la procace infermiera Viviana, quanto il teatrino di personaggi: il mafioso Don, la cinica e avida direttrice Gabriella Kaputt, l’inserviente di colore Paco, il focoso Raulo e il per nulla focoso dottor Noè. Tanti character che interagiscono dando vita a divertenti episodi di due pagine".

A distanza di tre anni, Viviane torna. O, per meglio dire, scompare. "Sulle tracce di Viviane l'Infermiera" infatti propone la disperata ricerca dei vecchietti (trasferiti in una nuova residenza per anziani, "Villa Sfiorita") della loro paramedica preferita, svanita nel nulla dopo il crollo di Casa Nova e assente fin quasi alla fine della storia, quando viene ritrovata (dove e come sono una sorpresa, invero sconvolgente, che non rivelo). Con Viviane scompaiono anche le gags distribuite su due tavole in favore di un racconto completo, a tratti avventuroso, spesso amaro, con risvolti gialli, più da film che da sit-com. Sembra quasi che la cupezza dei tempi che stiamo vivendo abbia influito sulla verve comica di Pieri e del sodale Cryx (Cristiano Corsani), che non indulgono più sugli spunti maliziosi da commedia all'italiana o da fumetto hentai giapponese, ma affrontano, con gli strumenti, beninteso, della satira, i problemi sociali della corruzione, della terza età, dell'arroganza del potere, dell'amicizia e della malattia. Il tono si fa alanfordiano. Le battute ci sono, i momenti comici non mancano, ma si nota la differenza. Il vantaggio è che c'è un evidente tentativo degli autori di spostarsi verso una narrazione più articolata e il dipanamento di una trama romanzesca. "Tutto cambia", nota Francesco Manetti nella sua introduzione. Vedremo i prossimi sviluppi.

martedì 7 dicembre 2021

NATIVI AMERICANI

 

 

 

Raffaella Milandri
NATIVI AMERICANI
Guida alle Tribù e Riserve degli Stati Uniti
Mauna Kea
2021, brossurato
416 pagine, 18 euro


Attenzione a non scambiare questo libro per una guida turistica. E' una guida per viaggiatori. "Indispensabile per chi vuole informarsi, studiare o organizzare un viaggio tra i nativi americani", recita una scritta in quarta di copertina. Quindi è un vademecum per chi voglia compiere un viaggio informato e consapevole della complessità delle culture e delle realtà delle tribà degli Indiani d'America. Raffaella Milandri, attivista della causa dei nativi americani, adottata da una tribù Crow, esperta conoscitrice della materia, introduce il lettore al concetto di "riserva" e ne illustra le principali problematiche e tipologie, tracciando un quadro storico ma soffermandosi sulla realtà attuale, anche dal punto di vista politico-amministrativo-legislativo, di cui offre una panoramica aggiornata. Poi, esamina la situazione stato per stato, fornendo indirizzi e link utili per organizzare una visita. Non come turisti, ma come viaggiatori. 
i un altro libro, meno manualistico e più avventuroso, un vero e proprio diario di viaggio, scrutto da Raffaella Milandri, ci eravamo già occupati in questo spazio: si tratta di "In Alaska". Trovate la recensione seguendo il link qui sotto:
 
 

lunedì 6 dicembre 2021

NERO DI MAGGIO



 

Leonardo Gori
NERO DI MAGGIO
Hobby & Work
2000, cartonato 
290 pagine, lire 28.000

"Nero di maggio" è il primo romanzo di Leonardo Gori, e il primo in cui compare l'ufficiale dei casrabinieri Brunmo Arcieri, destinato a divenire una figura ricorrente nelle opere dello scrittotre fioretino (noto anche per la sua attività come critico e storico in campo fumettistico).  Il nome non è scelto a caso, ma un preciso inside joke: è così che venne chiamato l’eroe dei fumetti Brick Bradford alla sua prima apparizione in Italia, proprio negli anni Trenta. Di Arcieri, attraverso vari romanzi usciti di seguito a quello d'esordio (anche andando avanti e indietro nel tempo), Gori raccontra a vita, calata nella realtà storica italiana, nell'arco di più di trent'anni, tra il 1938 e il 1970, seguendolo nella sua carriera (da capitano a colonnello), nei suoi amori, nei suoi spostamenti di città in città e soprattutto mettendolo a confronti con fatti e personaggi della Storia, quella con la S maiuscola.  "Nero di maggio" si svolge a Firenze  nella primavera del 1938, durante i preparativi e lo svolgimento della visita alla città di Adolf Hitler e Benito Mussolini. Si tratta di un thriller atipico, perché tutto sommato l’intreccio giallo, pur accattivante e avvincente, risulta messo in secondo piano dall’interesse che suscita nel lettore la ricostruzione della realtà sociale e politica (fiorentina, toscana, ma indubbiamente anche nazionale) in un momento così cruciale nella storia dell’umanità. Il fascismo permeava di sé ogni aspetto della società, dopo un quindicennio anni di dittatura, ma nel romanzo di Gori appare meno monolitico di quanto possa sembrare da altre più superficiali ricostruzioni, con trame e correnti, con nudi e puri della prima ora e maniconi e approfittatori della seconda; in ogni caso, con tanti scheletri negli armadi. Ma soprattutto, per la prima volta dopo tanti anni, nel 1938 c’è, nei più acuti osservatori, la sensazione che la storia stia per cambiare, che gli eventi precipitino, e c’è chi teme il futuro, chi lo attende con fatalismo e rassegnazione, con il senso dell’impotenza, chi lotta e lavora per prepararlo e modellarlo.  Scrive Gori nelle ultime pagine del romanzo: “Gli anni Trenta, in buona parte spensierati, leggeri, correvano a precipizio per una nuova e ancora inconoscibile strada, verso scelte terribili e destini segnati, lasciando inconsapevoli le folle, indecisi e perplessi gli intellettuali, gli stessi politici ignari. La primavera fiorentina cambiava le carte in gioco non solo per l’Italia ma per l’Europa e il mondo, e si avvicinava prepotente, per tutti, l’ora di scegliere finalmente tra l’opportuno e il vero, tra la vita e l’abisso, tra il bene e il male. Era la fine del quieto vivere borghese all’ombra del fascismo”. Arriva il tempo delle scelte, dunque. Il capitano dei carabinieri, Bruno Arcieri è chiamato a indagare su due efferati delitti che hanno insanguinato Firenze proprio alla vigilia della visita in città di Hitler e Mussolini. Le vittime sono due prostitute, ma c’è pure il mistero, che pare collegato agli omicidi, di una ragazza rapita da un orfanotrofio. Le indagini, che Arcieri svolge insieme al maresciallo Carruso, portano alla casa di un fotografo con il vizio del porno, Primo Bianchi, che viene però trovato suicida nel suo studio. Apparentemente, per il rimorso di aver ucciso; oppure perché convinto di non poterla fare franca. Del resto, accanto al cadavere ci sono prove che lo incastrano e sembrano accusarlo anche del rapimento della ragazza scomparsa. Troppo facile, secondo Arcieri. Il dubbio che qualcuno gli abbia offerto Bianchi come colpevole perfetto, tipo d’autore, per nascondere responsabilità altrui si fa più forte allorché al capitano viene bruscamente impedito di approfondire le indagini in seguito a pressioni che vengono da molto in alto. Di sicuro, le autorità fasciste non ci tengono a far giungere il Duce e il Fuhrer in una città dove sia ancora in corso la caccia a un assassino. Ma Arcieri ha l’impressione che ci sia qualcos’altro, qualcosa di ancora più grave, che coinvolgono i pezzi grossi del fascio fiorentino, tra i quali ci sono gelosie e rancori e molti segreti da nascondere. Il capitano non può comunque tirarsi indietro da un ulteriore nuovo compito che gli viene affidato: fare da scorta a un importante Gerarca giunto da Roma per preparare la visita di Hitler. Il Gerarca (di cui non si fa mai il nome ma nel quale si può facilmente riconoscere la figura storica di Alessandro Pavolini) è un personaggio affascinante, grande nel bene e nel male, colto e raffinato ma anche duro ed enigmatico. Seguendo lui e Arcieri il lettore visita la Firenze del 1938 scoprendo le riunioni degli intellettuali nel retrocaffè de “Le Giubbe Rosse”, la tipografia Nerbini dove si stampavano i fumetti americani che il regime voleva far chiudere, le strade e i negozi del centro, i salotti buoni e le case di tolleranza. Il Gerarca incarica Arcieri di svolgere indagini private per suo conto, sugli avvenimenti verificatisi a Firenze a metà degli anni Venti, quando in città ci fu una vera e propria guerriglia fra fascisti e comunisti, neri e rossi, con morti e violenze inaudite da entrambe le parti, prima che il regime di Mussolini prendesse il sopravvento. Arcieri accetta, sia pure controvoglia, ottenendo in cambio di poter proseguire a indagare anche sul caso della ragazza scomparsa e delle due prostitute uccise. Intanto, appare chiaro che c’è anche chi vuole approfittare della visita di Hitler per uccidere il dittatore tedesco, e si tratta di una persona molto vicina al capitano Arcieri. Il romanzo si fa sempre più intrigante e il ritmo sempre più serrato, con i movimenti dei personaggi che seguono quelli della realtà storica (l’autore si è documentato fino alla minuzia circa gli spostamenti del corteo di Mussolini, in città, il 9 maggio).  Un ottimo inizio per una lunga saga.


venerdì 3 dicembre 2021

LA FABBRICA ONIRICA DEL SUONO

 

 



Sergio Algozzino
LA FABBRICA ONIRICA DEL SUONO
Feltrinelli Comics
brossurato, 2021
128 pagine, 16 euro


Ho conosciuto Sergio Algozzino prima come musicista, una volta che ho assistito a una sua esibizione (impressionante con l'ukulele) , poi come fumettista, leggendo "Memorie a 8 bit", un graphic novel autobiografico in cui mi sono riconosciuto anch'io (fatevi del bene e leggetelo anche voi). Ne ho parlato qui: 
 "La fabbrica onirica del suono" è un fumetto che mette insieme le due anime di Sergio (di cui sono felice potermi dire amico). Racconta infatti la storia di una band italiana (immaginaria) di rock progressivo attraverso i tempi che cambiano, dal Sessantotto in poi, passando in mezzo agli anni della contestazione, del terrorismo, degli stravolgimenti sociali, ma anche in mezzo a tanta musica. Disegnato (e colorato) in modo evocativo, è un fumetto che lascia il segno. Sergio nel Sessantotto non c'era, ma sembra averlo vissuto, tanto è bravo come narratore completo, dimostrandosi competente storico della musica pop e leggera.

giovedì 2 dicembre 2021

LA DIVINA COMMEDIA SECONDO CATTIVIK

 


 

 
Moreno Burattini
Giorgio Sommacal
LA DIVINA COMMEDIA SECONDO CATTIVIK
Edizioni Astragalo
88 pagine, 10 euro


Nel mio blog "Freddo cane in questa palude", una volta (nel 2916), ho parlato della trilogia"dantesca" di Cattivik realizzata negli anni Novanta da me e da Giorgio Sommacal, e ho scritto così: "Fra i tanti sogni nel cassetto ne ho uno che, per ora, non si è mai avverato: veder pubblicata in un unico albo la parodia della Divina Commedia pubblicata in tre parti su altrettanti albi di Cattivik ".

In occasione del 700° anniversario della morte di Dante, nel 2021, il desiderio si è avverato grazie alle edizioni Astragalo (in accordo con Silver/Mck) e a una mostra allestita al Forte di Bard, dedicata agli omaggi di fumettisti di tutto il mondo al poema del fiorentino.
Si tratta di una edizione limitata (settecento copie, tante quanti gli anni dell'anniversario), con tre tavole realizzate ex novo da Sommacal su testi miei, a unire le storie originarie. Rileggendo la trilogia mi pare che faccia molto ridere (grazie soprattutto alla strepitosa vis comics dei disegni di Giorgio) ma mi rendo conto di come all'epoca ci si potessero prendere molte più libertà di adesso. Oggi non si può più scherzare così serenamente.

Ecco un estratto dalla mia prefazione.

Sul n° 16 di Cattivik, datato gennaio 1991, uscì la prima storia del malefico personaggio sceneggiata dal sottoscritto e illustrata da Giorgio Sommacal, intitolata “Lavori in corso”. In seguito, la nostra accoppiata si sarebbe riproposta per una ventina di storie e si interruppe solo perché io fui costretto a occuparmi di altri personaggi (Lupo Alberto e Zagor soprattutto). Va detto che inizialmente Giorgio scriveva da solo i propri testi, e lo faceva, in verità, parecchio bene; tuttavia, essendo necessaria una notevole e costante produzione di nuove storie, fu giocoforza per lui ricorrere all’aiuto di uno scrittore. Credo di poter dire che Giorgio si sia trovato particolarmente bene, nel collaborare con me, nonostante all’epoca fossi un giovane sceneggiatore alle prime armi. Immagino sia stato per questo che, all’inizio del 1992, mi parlò di un progetto che aveva nel cassetto. “Ho avuto l’idea per una storia, che però non riesco a far quagliare. Ecco i miei appunti: ce la fai a tirarne fuori qualcosa?”. Giorgio mi passò alcuni fogli con dei disegni abbozzati alla buona: mi resi conto che si trattava di spedire Cattivik nientemeno che all’Inferno. Mi parve una trovata magnifica: per un eroe dissacrante come il Genio del Male bonviano, quale miglior cimento che dissacrare il sacro poema? Cominciai a lavorarci su. Diedi struttura e consistenza al racconto, escogitai gag, battute e giochi di parole, sottoposi il tutto a Silver che approvò, e Sommacal si mise al lavoro. La storia, a cui venne dato il titolo di “Un’avventura infernale”, uscì sul n° 32 di Cattivik, datato maggio 1992.

Mi è stato chiesto perché abbia dato a Dante Alighieri le sembianze di un vecchio poeta scacciato da un ospizio. La risposta è questa: negli anni del liceo mi divertivo a mettere in parodia, con vignette e disegni destinati ad allietare (o tormentare) i miei compagni di classe, gli argomenti di studio. Una volta, in questi miei esercizi umoristici, mi capitò di ironizzare sul fatto che Ovidio e Dante, poeti su cui eravamo chiamati ad applicarci, fossero stati mandati in esilio: immaginai che il vero motivo della loro cacciata fosse l’insofferenza di chi li udiva declamare versi ad alta voce e a ogni piè sospinto. Mi pareva ovvio che, dopo aver sentito l’Alighieri recitare per l’ennesima volta i propri componimenti, i fiorentini esasperati avessero detto “basta” e spingendolo fuori dal portone. Memore di questa mia trovata di gioventù, trasformai Dante in un vecchietto messo al bando dai residenti della sua stessa casa di riposo, che non ne potevano più di udir ripetere endecasillabi a tutte le ore del giorno e della notte. Va detto che, nonostante ci scherzassi su, sono sempre stato (anche ai tempi di scuola, voglio dire) un cultore del Sommo Poeta. Durante i miei studi universitari (fatti a Firenze) ricordo un esame di filologia dantesca che mi entusiasmò. In seguito, ho riversato le mie conoscenze e il mio amore verso la Divina Commedia anche in una storia di Dampyr, un personaggio della Sergio Bonelli Editore creato da Mauro Boselli e Maurizio Colombo: lo Speciale n° 12 (2016) si intitola, non a caso, “La porta dell’inferno”. Grazie agli spettacolari disegni di Fabrizio Longo ho infatti precipitato il protagonista negli inferi danteschi.

“Un’avventura infernale” fu l’occasione per citare un’altra parodia dantesca, L’Inferno di Topolino di Guido Martina e Angelo Bioletto (1949), ma anche per far vedere tra i dannati controfigure di alcuni celebri cattivi dei fumetti, come Stanislao Moulinsky (l’antagonista di Nick Carter, altra creatura di Bonvi), la Banda Bassotti e il terzetto dei Fratelli Dalton (nemici di Lucky Luke).

Un anno dopo, visto il successo del racconto realizzato con Sommacal, mi parve giusto proporre a Silver un viaggio in Paradiso. In questo caso, il pensionato Dante viene lasciato nella sua casa di riposo. Per capire certe battute, a distanza di anni, bisogna ricordare la canzone “Benvenuti in paradiso” di Antonello Venditti o rammentare quanto la pop star Madonna imperversasse nel 1993.

A questo punto, fatto trenta fu d’uopo fare trentuno: perché, mi chiesi, non completare la parodia delle tre cantiche dantesche? Con “Cattivik in Purgatorio”, datato 1994, si torna a fare più precisi e puntuali rimandi alla “Divina Commedia”, dato che il navigatore solitario che sbarca su un’isola oltre le Colonne d’Ercole si chiama Ulisse proprio in memoria del canto XXVI dell’Inferno, là dove si racconta la sorte del Re di Itaca partito all’esplorazione dell’”alto mare aperto”. L’Ulisse dantesco naufraga contro la “montagna bruna” del Purgatorio esattamente come il compagno di viaggio di Cattivik nella parodia mia e di Sommacal. Il riferimento è alle imprese di navigazione in solitaria di Ambrogio Fogar ma, soprattutto, di Giovanni Soldini che, per le sue imprese marinaresche, era, in quegli anni, sulla cresta dell’onda (se mi si perdona la battuta). Agli esegeti più attenti il compito di scoprire altre citazioni, allusioni, riferimenti. Le tre avventure oltretombali del Genio del Male vengono qui raccolte in un unico volume collocate nell’ordine logico del viaggio dantesco. Probabilmente, se Dante lo avesse potuto leggere si sarebbe oltremodo impermalito e, con ogni probabilità, avrebbe mandato me e Sommacal all’inferno.