sabato 31 ottobre 2020

IL GIUDICE E IL SUO BOIA



Friedrich Dürrenmatt
IL GIUDICE E IL SUO BOIA
Adelphi
2015, brossura
130 pagine, 10 euro


"Il giudice e il suo boia" è una delle prime opere scritte dallo svizzero Friedrich Dürrenmatt (1921-1990), di cui abbiamo parlato a proposito di un altro romanzo, posteriore di qualche anno, "La promessa". "Der Richter und sein Henker" apparve a puntate su rivista tra il 1950 e il 1951, per venire poi raccolto in volume nel 1952. Rispetto a "La promessa", il meccanismo giallo è più solido: questa volta la soluzione (sorprendente) del caso di omicidio (quello di un poliziotto) da cui prende le mosse la narrazione è totale e convincente e la verità viene appurata dall'investigatore, il commissario Bärlach.  Tuttavia quest'ultimo è un poliziotto problematico: malato con pochi mesi di vita, con molti fantasmi nel passato, alle prese con un dilemma di coscienza riguardo a un vecchio nemico, Gastmann, di cui non poté dimostrare la colpevolezza in passato e a cui potrebbe oggi attribuire un delitto che non ha commesso, in modo che possa in qualche modo pagare comunque il fio delle sue colpe. L'assassino è un altro, insospettabile, e incastrato da Bärlach in maniera lucida e letale, il romanzo giunge a una sua conclusione. Tuttavia la scrittura cupa e lacerante di Dürrenmatt pone sempre al centro la dicotomia fra la realtà delle cose e quella che è possibile appurare per via giudiziaria. Georges Simenon, letto questo noir, disse: "Non so che età abbia l'autore. Se è alla sua prima prova, credo che farà strada". In effetti Dürrenmatt avrebbe primeggiato ma soprattutto come autore teatrale, e in ogni caso come scrittore tout-court, risultando difficile da incasellare come giallista.
 

lunedì 26 ottobre 2020

LA PROMESSA

 
 

Friedrich Dürrenmatt 
LA PROMESSA
Adelphi
2019, brossura
180 pagine


Maestro riconosciuto del teatro contemporaneo in lingua tedesca, del cui rinnovamento è stato fra gli artecifici, lo scrittore svizzero Friedrich Dürrenmatt (1921-1990) ha al suo attivo anche alcuni inquietanti romanzi che potremmo definire gialli, se non fosse per l'impostazione insolita al di fuori dei canoni del genere. "La promessa" (1958) nasce da una sceneggiatura scritta dallo stesso Dürrenmatt per un film "Il mostro di Mägendorf". Il titolo allude all'impegno preso dal brillante commissario Matthäi, della polizia di Zurigo, con la madre di una bambina uccisa a colpi di rasoio da un maniaco. Le indagini che avevano portano alla cattura e alla condanna di un venditore ambulante (il quale poi si era impiccato in cella) non convincono Matthäi: l'assassino è qualcun altro. Il desiderio di assicurare alla giustizia il vero colpevole diventa un'ossessione per il poliziotto che, vedendosi preclusa la possibilità di indagare in veste ufficiale, rassegna le sue dimissioni e continua a farlo da privato cittadino. Ma il piano da lui congegnato (divenire gestore di una stazione di rifornimento in attesa che passi una certa automobile) si rivela una trappola: gli anni trascorrono senza risultati, Matthäi finisce per perdere lucidità. Solo dopo molto tempo la casualità risolve il mistero e la verità viene appurata, ma tutto avviene per altre vie. In buona sostanza, le indagini non servono a nulla, il detective, per quanto geniale, non giunge alla soluzione. E' la negazione del meccanismo giallo più tradizionale, ed è quanto accade, molto spesso, nella realtà.

sabato 24 ottobre 2020

MICHELANGELO BUONARROTI

 


 

Eugenio Pilla
MICHELANGELO BUONARROTI
Edizioni Paoline
brossurato, 1959
190 pagine, 780 lire

Di solito sono di bocca buona e i libri che recensisco mi piacciono quasi tutti, in toto o in buona parte. Mi è difficile, però, dire alcunché di positivo in questa scalcagnata biografia di Michelangelo Buonarroti. Già dalle prime righe è facile intuire che non è proprio il rigore accademico a sostenere il testo. Descrivendo l'infanzia dell'artista, l'autore esordisce così: "Appena mosse i primi passi, il bamberottolo sgambettava per l'aia. Talora si divertiva con gli anitroccoli e con le tortorelle. Il pacchierotto cresceva robusto e vispo da sembrare il moto perpetuo". Bamberottolo? Pacchierotto? Anitroccoli e tortorelle? Dopodiché si procede per aneddoti da spigolature della Settimana Enigmistica. Si sottolinea ogni tre per due l'estrema religiosità di Michelangelo e lo si raffigura come il più devoto dei devoti, tutto teso verso l'estasi mistica. Che il Buonarroti sia stato credente, non ci sono dubbi, ma la sua fu una fede tormentata. Di questo non si rende conto. A chi contestava la giovinezza della Vergine della Pietà, apparentemente di minor età del Cristo suo figlio, secondo il biografo Michelangelo avrebbe obiettato che dipendeva dalla sua castità, perché le caste si conservano giovani più a lungo delle non caste. L'interpretazione di qualsiasi opera d'arte viene volta in modo da risultare edificante. Parlando delle rime amorose si precisa che sono rivolte verso Vittoria Colonna, verso cui il Buonarroti avrebbe provato, beninteso, solo "amore platonico"; non tenta neppure accennando una interpretazione omosessuale di quel versi, in realtà indirizzati ad almeno un paio di intimi amici - e molto espliciti. Il colmo lo si raggiunge quando, accennando a un dipinto giudicato "indecente", raffigurante Leda, si sottolinea come "andò perduto". "Ecco il destino di certe opere non eseguite secondo le leggi della morale cattolica: esse cadono, o presto o tardi, tra le mani di chi, per coscienza e provvidenzialmente le distrugge affinché non facciano del male": questo il commento del Pilla. Pilla che si dilunga sull'arte di Michelangelo, giustamente esaltandolo sia come pittore, che come scultore, che come architetto, che come poeta, ma che sbarella clamorosamente quando deve trattare di storia e di politica. Michelangelo, ad esempio, da fiorentino qual era, fu un repubblicano o un filo mediceo? Ah, saperlo. A un certo punto, decidendo di non poter tacere almeno del contributo dato dall'artista alla difesa di Firenze durante l'assedio del 1529-1530, quando progettò le fortificazioni della città, il Pilla spiega che i Medici tornarono al potere a causa del tradimento di Malatesta Baglioni (mercenario perugino incaricato della difesa delle mura urbane) segretamente accordatosi con il papa Leone X in favore della restaurazione medicea. Ma assolutamente no! Leone X fu sì, un papa dei Medici, ma morì nel 1521. Ai tempi dell'assedio a cui partecipò Michelangelo era papa Clemente VII, altro pontefice mediceo, ma siamo una decina d'anni dopo. Ovviamente, il Pilla nulla dice della poco onorevole fuga del Buonarroti quando la situazione si fece critica, neppure per elogiare il suo ritorno dopo l'ultimatum dei fiorentini che, se non fosse rientrato, gli avrebbero confiscato i beni. Leggendo svarioni simili vien da dubitare di tutto. Quasi certamente Eugenio Pilla doveva essere un prete o comunque un religioso (D. Eugenio Pilla, viene indicato) e il fatto che la biografia sia edita dai Paolini serve forse a giustificare in minima parte la "faziosità" confessionale del testo. Ma di sicuro ci sono studiosi e biografi in abito talare che licenziano testi di assoluto rigore. Ecco, diciamo che l'autore non è fra questi.

lunedì 12 ottobre 2020

SE SCORRE IL SANGUE

 

 


Stephen King
SE SCORRE IL SANGUE
Sperling & Kupfer
cartonato, 510 pagine
2020, 21.90 euro

 

Nella sterminata produzione kinghiana figurano (e spesso fanno bella figura) anche una serie di antologie di racconti. Alcune di queste raccolte contengono numerose storie brevi (è il caso di "A volte ritornano"), altre volte il volume antologico propone meno numerosi romanzi brevi (come fa "Stagioni diverse", da cui sono stati tratti film come "Stand by me" e "Le ali della libertà"). Questo "Se scorre il sangue" appartiene a quest'ultima categoria. I romanzi brevi (o racconti lunghi) sono quattro. Dico subito che il primo vale da solo, secondo me, il prezzo del volume. Purtroppo, il resto non è all'altezza (anche se di King non si butta via niente). "Il telefono del signor Harrigan" è un racconto decisamente ipnotico e inquietante, di quelli che non si riesce a staccare gli occhi dalla lettura e anzi, a pagine finite, dispiace che non sia stato più lungo: lo spunto poteva essere quello per un romanzo, con il cellulare in tasca a un morto sepolto nel cimitero che continua a mandare messaggi a distanza di anni. Il racconto che dà il titolo all'antologia, "Se scorre il sangue", è un sequel del romanzo "The Outsider", ma anche della trilogia di "Mister Mercedes", dato che vi compaiono alcuni dei personaggi principali, soprattutto Holly Gibney, a cui King sembra particolarmente affezionato (anche se, sinceramente, non capisco perché). Il titolo allude alla predilezione dei giornalisti per le storie cruente che attirano i lettori, e difatti c'è un certo giornalista televisivo che accorre sempre per primo sui luoghi dei disastri e sembra provarci gusto. Holly era stata la protagonista anche di "The Outsider", dove aveva combattuto contro una sorta di creatura mutaforma che si nutre di dolore e di paura assumendo aspetti umani che cambia continuamente. Si poteva credere che di mostri del genere ce ne fosse soltanto uno, invece Holly ne individua un secondo. La storia che ne viene fuori (lunga oltre duecento pagine) avrebbe potuto essere pubblicata come romanzo a parte, in ogni caso non è emozionante come quella a cui fa da sequel, anzi, si rivela ripetitiva e noiosa. Gli altri due racconti sono più brevi, uno tratta della fine del mondo e tutto sommato si fa leggere, l'altro narra di uno scrittore che resta bloccato in uno chalet di montagna a causa di una bufera di neve: lo spunto è buono, il finale delude. Attendiamo il Re alla prossima prova.



lunedì 5 ottobre 2020

SPIGOLE

 


 


Tito Faraci 
SPIGOLE
Feltrinelli
brossurato, 2020
200 pagine, 16.50 euro

 

"Tutti i fatti, i luoghi e i personaggi di questo romanzo sono inventati. Anche quelli reali", ammonisce l'avvertenza. Impossibile però non riconoscere in Ettore Lisio, lo sceneggiatore di fumetti protagonista del racconto, lo stesso Tito Faraci, così come nel Ranger che lo ossessiona non si può non vedere Tex Willer e nel Boss l'editor bonelliano Mauro Boselli. Se non altro, Roberto Recchioni (il "fighetto romano") è rimasto Roberto, come Mauro Marcheselli era rimasto Mauro in "Non è successo niente" di Tiziano Sclavi, un altro romanzo che parla del mestiere di scrivere fumetti raccontando fatti quasi veri e quasi cambiando solo i nomi dei personaggi, e che viene subito in mente come pietra di paragone. Paragone del resto impossibile al cento per cento perché "Spigole" è tutt'altro, più leggero e meno angosciante, come del resto si può ben immaginare solo pensando alla diversa personalità dei due autori, Sclavi e Faraci, appunto. Ma paragone possibile per certi aspetti, quali gli aspetti nevrotici del mestiere di scrivere (e del "dover" scrivere), lo scenario milanese, il bere troppo, gli aneddoti di vita vissuta trasformati in capitoli del libro, i sassolini tolti dalle scarpe. Ettore Lisio è talmente stressato dalla quotidianità del suo lavoro creativo per un fumetto seriale da desiderare ardentemente cambiare attività e aprire, perché no, una pescheria. Un radicale mutamento di prospettiva. In più, impedendo che chiuda una storica rivendita di pesce sui Navigli, e dunque contribuendo a conservare l'identità della zona a cui Ettore (al pari di Faraci) si sente legatissimo. Consultatosi con il suo gruppetto di amici fidati che sono una sorta di famiglia (Ettore è vedovo e cresce da solo una figlia), lo sceneggiatore si decide a telefonare ai proprietari del negozio. E qui, la storia prende una piega noir. Anzi, si trasformare il un mezzo giallo. Quantomeno, la trama si fa avventurosa, entrano in ballo dei malviventi, una ragazza maltrattata, delle indagini da svolgere: il tutto, però, non diventa mai del tutto drammatico. Resta fumetto un un thriller brillante, come del resto nelle corde dell'autore, uno che non delude mai. Gradevole, ilare, con qualche scena da telefilm e qualche altra da sit-com, si legge tutto d'un fiato e vien da pensare che più che un film, si potrebbe trarne un fumetto. "Giuli Bai", di Berardi & Milazzo, c'è già, ma lo spazio non manca, sui Navigli.



domenica 4 ottobre 2020

DAI GAS, LIZ!



 

 

Francesco Matteuzzi 
Marcello Toninelli 
DAI GAS, LIZ! 
Taita Press
brossurato, 2016
100 pagine, 9.90 euro
 
 

"La strada per il successo" a cui allude il sottotitolo è quella di Elizabeth Connor, per gli amici Liz, addetta alla pompa della benzina nella stazione di rifornimento del vecchio John, spersa in mezzo al nulla lungo una delle strade che attraversano il cuore deserto degli Stati Uniti. Per Liz, John è tutta la sua famiglia, almeno da quando lavora per lui, e John se ne sente un po' il padre o, come ripete spesso, il nonno. Il vecchio gestore non capisce perché una come lei rimanga lì e non cerchi fortuna altrove. Forse la ragazza è proprio un posto come quello, che cerca. Fatto sta che non vuol sentir parlare di andarsene. Almeno fino a quando un guasto all'automobile non costringe un impresario di passaggio, Cameron, a fermarsi in attesa dei pezzi di ricambio: scopre così il talento di Liz nel canto, dato che la ragazza si esibisce con la chitarra nel piccolo buffet dell'area di servizio. Ce ne vuole del bello e del buono per convincerla a credere in se stessa, come l'ha sempre esortata a fare John. Comincia così la carriera di una nuova stella della musica. Che però non dimentica da dove è partita, quando John si trova in gravi difficoltà. Ma quel che accade fa parte della storia che vi invito a leggere, una storia semplice e delicata, raccontata con buon gusto e con misura dal bravo Francesco Matteuzzi ma ancor meglio illustrata da Marcello Toninelli, disegnatore dalla grafica inconfondibile, abile con le matite e con le chine almeno quanto che come sceneggiatore di cose proprie o altrui. "Dai gas, Liz!" è uno dei pochi esempi del suo talento messo al servizio di testi altrui, e vien voglia di vederlo ancora cimentarsi in graphic novel del genere, oltre che con le strip di cui è indiscutibile maestro.

sabato 3 ottobre 2020

L'ORRENDO DELITTO DEL VICOLO BABBINI

 


Claudio Nizzi
L'ORRENDO DELITTO DEL VICOLO BABBINI
Adelmo Iaccheri Editore
brossurato, 2020
180 pagine, 15 euro

 

Il sesto romanzo del ciclo di Borgo Torre non si svolge a Borgo Torre ma a Pavullo. Chi ha letto i primi cinque è in grado di capire di che cosa stiamo parlando, per gli altri è necessario un breve riassunto delle puntate precedenti. Innanzitutto, l'autore è Claudio Nizzi, ovvero uno dei maggiori sceneggiatori italiani di fumetti (per quantità e qualità di opere pubblicate nel corso di una carriera più che sessantennale (ci basti qui ricordarlo per Tex). Nizzi è nativo di Fiumalbo, ridente borgo del Frignano, zona appenninica in provincia di Modena, dove trascorre molti mesi dell'anno. Nel 2008 ha dato alle stampe, grazie a un editore locale, un romanzo intitolato "L'epidemia", ambientato negli anni Cinquanta in un paese di montagna chiamato Borgo Torre, che assomiglia molto appunto a Fiumalbo, ma è una località di fantasia. Quel libro gli è riuscito piuttosto bene, e così nel 2009 ecco "Il federale di Borgo Torre", e nel 2010 "Il pretino" e "L'americano", quindi nel 2017 "I delitti di Borgo Torre". Inizialmente i carabinieri del paesello, e in particolare il maresciallo Caruso, sono personaggi inseriti in un contesto corale, poi l'aspetto giallo delle vicende comincia a prevalere sugli altri. Resta però il set provinciale e montanaro, con tutti i risvolti di commedia anche piccanti che si possono immaginare nelle tresche di una piccola comunità, ma anche agganci con la realtà storica e la ricostruzione della vita quotidiana sull'Appennino nel dopoguerra, e dunque anche con risvolti drammatici. Tutti i romanzi sono divertenti e gradevoli, scritti peraltro in punta di penna, utilizzando un linguaggio elegantissimo e puntuale, con frasi brevi in cui non c'è mai una parola di troppo ma che sono in grado di restituire l'efficacia di ogni scena come se la si vedesse scorrere davanti agli occhi un una pellicola in bianco e nero, esseziale ma ficcante, di un film degli anni giovanili di Nino Manfredi o Ugo Tognazzi. "L'orrendo delitto del vicolo Babbini", sesto titolo della saga, vede il maresciallo Lello Caruso trasferirsi per qualche settimana a Pavullo, località realmente esistente nel Frignano, confinante con l'immaginario comune di Borgo Torre, dove è stato scoperto un corpo di donna tagliato a pezzi e abbandonato in un sacco. Le indagini imboccano la pista di una setta satanica, con la scoperta di insospettabili cittadini pavullesi usi a mascherarsi per eseguire improbabili riti magici. Saranno davvero loro i responsabili? Come al solito, le indagini di Caruso, investigatore che non brilla di particolare acume ma che macina interrogatori come uno schiacciasassi, servono anche a descrivere una società di provincia di anni passati in bianco e nero ma per certi versi più divertenti e colorati dei giorni di oggi.

venerdì 2 ottobre 2020

LA PRIMA ALBA DEL COSMO

 


 

Roberto Battiston
LA PRIMA ALBA DEL COSMO
Rizzoli
cartonato, 2019
260 pagine, 19 euro

 

 

Se qualcuno avesse dei dubbi sulla competenza di Roberto Battiston quale fisico e cosmologo, basterà far notare come, addirittura, nel 2017 sia stato dato il suo nome a un asteroide. In ogni caso, ha anche diretto dal 2014 al 2018 l'Agenzia Spaziale Italiana e non si contano le sue prestigiose collaborazioni con i più grandi laboratori del mondo (al di là della sua cattedra di Fisica Sperimentale a Trento e le sue pubblicazioni scientifiche). In ogni caso, con "La prima alba del cosmo" Battiston non si rivolge al pubblico degli iniziati ma veste i panni del divulgatore per il grande pubblico. Diversamente da altri saggi che ho recensito di recente in questo spazio, sempre più che abbordabili ma un tantino specialistici, qui non troviamo nessuna formula matematica e tutto viene spiegato in maniera tale da poter essere compreso senza eccessivo sforzo anche dalla casalinga di Voghera, almeno quella curiosa di scoprire a che punto siano le indagini sull'origine dell'universo. Origine che, spiega Battiston, sembra avvenuta gratis: le fluttuazioni quantistiche del vuoto a un certo punto hanno cominciato a ribollire scaturendo particelle che, caricate negativamente e positivamente, hanno creato quanti di energia a somma zero. Alan Guth, uno dei padri della cosmologia contemporanea, ha definito questa genesi "the ultimate free lunch", il più straordinario pranzo gratuito mai concepito. Un altro capitolo del libro che mi ha colpito è quello sulla materia oscura e sull'energia oscura che, qualunque cosa siano, costituiscono la maggior parte dell'universo, ma che noi non vediamo, non percepiamo, non possiamo indagare. Non solo l'Uomo non è al centro dell'Universo, ma dell'Universo può vedere solo una piccolissima porzione (e ciò basti a toglierci ogni illusione di essere, non si sa perché, il popolo eletto di una qualche divinità). Dopo aver ricostruito la storia della formazione delle stelle, delle galassie, dei pianeti e della Terra, Battiston prova a prevedere gli sviluppi futuri dell'astronomia, della fisica e dell'esplorazione del cosmo, dando un quadro assolutamente intrigante di ciò che ci aspetta nei prossimi anni.