venerdì 21 gennaio 2022

LA PELLE DEL TAMBURO

 

 





 

Arturo Pérez-Reverte
LA PELLE DEL TAMBURO
Marco Tropea Editore
Prima edizione aprile 1998
Traduzione di Ilide Carmignani
cartonato - 448 pagine -  lire 32.000


"Religiosi, banchieri, pirati, duchesse e furfanti, i personaggi e le vicende di questo romanzo sono frutto di fantasia, e qualsiasi collegamento con persone o con fatti realmente accaduti deve essere considerato casuale. Qui tutto è fittizio, eccetto lo scenario. Nessuno riuscirebbe mai a inventare una città come Siviglia". Questa la premessa di Arturo Perez-Reverte al suo romanzo. Che segue l'eccezionale "Club Dumas" senza riuscire a superarlo, ma certo standogli degnamente a ruota. Non c'è che dire, Perez-Reverte è un grande scrittore. Uno che descrive luoghi e personaggi riuscendo a dotarli di spessore, e perciò trascinando i suoi lettori dentro la sua storia. Uno che non è mai banale nelle invenzioni, stilistiche e strutturali, e che sostiene la sua prosa con una storia sempre tesa e coinvolgente. Uno che scrive gialli lasciando i poliziotti sullo sfondo a fare da comparse, e occupandosi di altri e più interessanti personaggi. Come padre Lorenzo Quart, il protagonista della "Pelle del Tamburo". Un agente dello IOE, il servizio segreto vaticano, incaricato di scoprire l'identità di Vespro, un pirata informatico che, superando ogni barriera di controllo, penetra nella rete informatica del Vaticano e lascia messaggi nel computer personale del Papa. Quart, di bell'aspetto e di balda prestanza come si conviene a ogni 007, veste abiti di classe che lui considera una divisa, dovendo avere a che fare, spesso, con personaggi di alto lignaggio davanti ai quali si impone una tenuta di rappresentanza. Non dice messa, ma di solito porta la camicia nera con il collarino. Ma non ha difficoltà a indossare camicie chiare e la cravatta. E' un prete senza fede, ma con la vocazione alla disciplina, che intende il suo lavoro come la militanza di un templare, ligio agli ordini e puntuale ed efficace nella realizzazione di quanto gli viene chiesto dalle gerarchie superiori. Un personaggio davvero originale. Le sue indagini lo portano a Siviglia. C'è una vecchia chiesa cadente e bisognosa di restauri che sia l'Arcivescovo che un ricco banchiere vorrebbero dismettere e radere al suolo per costruirci un albergo, vista la sua posizione strategica nel cuore della città. Al progetto si oppongono però il vecchio parroco, padre Ferro, che dimora nella chiesa e il suo giovane assistente, e anche Macarena Bruner e la sua anziana madre Cruz, ultime superstiti di una antica stirpe dal sangue blu, proprietari del sacro edificio. Che peraltro è intoccabile per un vecchio privilegio: finché il giovedì mattina di ogni settimana verrà celebrata una messa in memoria di una antica loro antenata sepolta nella cripta, nessuno potrà impossessarsi della chiesa. Vespro vuole appunto chiedere l'aiuto del Papa per salvare la parrocchia di padre Ferro. Il fatto è che la chiesa sembra volersi difendere da sola: due estranei venuti a fare ispezioni in vista del futuro abbattimento, finiscono vittima di incidenti provocati da balaustre che cedono e cornicioni che cadono. Padre Ferro si oppone in ogni modo al trasferimento che il suo vescovo cerca di fargli accettare prima di imporlo di imperio, e Lorenzo Quart fatica non poco a capirne il perché. Piano piano esce fuori la non banale filosofia del vecchio religioso, trasmessa al suo giovane cappellano, che è quella della militanza in prima linea al servizio della gente, "pelle di tamburo" che deve essere battuta per comunicare messaggi tutt'intorno, dando speranza e aiuto all'umanità disperata, mentre la Chiesa di Roma è lontana, vive nel lusso, non si occupa della gente. Ma che Dio esista o meno, i preti in prima linea devono offrire la sua speranza a chi ne ha bisogno. In una difficile partita che vede le mosse anche dei banchieri intenzionati a far sgombrare padre Ferro (e si affidano a scagnozzi di bassa lega), di un giornalista disgustoso dalla mano molliccia e di una suora che si occupa di restauri, Lorenzo Quart si troverà nella situazione di dover scegliere se tenersi fuori a osservare dall'esterno, come gli era stata comandato, o entrare nell'agone. Lo fa dicendo lui la messa il giovedì in cui padre Ferro è stato arrestato per l'omicidio del giornalista avvenuto nella chiesa stessa, salvando così il privilegio dell'edificio. Lo fa anche per il suo rapporto con Macarena Bruner, donna bellissima con cui infrange per la prima volta nella sua vita, e dopo una lunga resisistenza, il suo voto di castità. Interessante anche questo personaggio, seprata dal marito, uno dei banchieri pronti a mangiarsi la chiesa, dopo che questi le ha imposto un aborto. Perez-Reverte dice di odiare i lieto fine, e infatti non c'è nessun happy end per padre Quart. I cui nemici in vaticano si fanno forti di una lettera dell'arcivescovo di Siviglia (in cui si criticano il suo comportamento in favore di padre Ferro e della sua Chiesa, e la sua passione per Macarena) e lo spediscono in una nunziatura in Sud-America. Con la speranza di una reintegrazione in tempi migliori. Quart, templare disciplinatissimo, accetta e va a servire il suo esercito là dove lo mandano. Anche lui ha imparato a essere una tesa e lucida pelle di tamburo.

domenica 16 gennaio 2022

DESPERATION

 

 
 
 
Stephen King
DESPERATION
Sperling & Kupfer
Prima edizione 1997
Traduzione di Tullio Dobner
cartonato - 610  pagine -  lire 33.900

Sono pochi gli scrittori che riescono a tenere avvinghiati i propri lettori per 610 pagine. Uno è senza dubbio Stephen King che, peraltro, con "It", ci ha tenuti in pugno per più di mille. Dunque, seicento sono bruscolini. Desperation è il nome di una località mineraria nel deserto del Nevada, lungo la Highway 50, ma il titolo allude anche al senso di angoscia cupa e claustrofobica che assale il lettore intento a seguire il dramma di una decina di personaggi assediati da uno spirito del male chiamato Tak. Tutto comincia allorché, separatamente, alcuni automobilisti di passaggio vengono fermati nel deserto da un gigantesco poliziotto, che li rinchiude in prigione dopo aver dato chiari sintomi di squilibrio. Una coppia di coniugi, una famiglia con bambini, un famoso scrittore in motocicletta, il suo assistente con una autostoppista: personaggi diversissimi, ben caratterizzati da King nelle loro paure e nei loro desideri, nell0indole e negli atteggiamenti. Il poliziotto uccide a sangue freddo due dei suoi prigionieri, ma in realtà ha fatto fuori l'intera città. Desperation è deserta, vi sono solo cadaveri. In più, ragni, serpenti, scorpioni, coyote e avvoltoi. Gli animali, come il poliziotto, sono posseduti da un demone alieno, emerso dalle viscere della terra dopo che i minatori di China Pit lo hanno liberato per caso. Il gruppo di prigionieri, apparentemente senza speranza, sembrano condannati a fare da deposito di corpi a Tak, il demone, che consuma gli involucri umani e che, dopo il poliziotto, si impossessa di Ellen Curver, madre del giovane David, adolescente in crisi mistica. Ed è proprio David la chiave di volta della storia, perché, come si scopre via via, non è un caso che proprio lui sia fra i prigionieri. C'è stato inviato da una forza del bene (seppure un bene che trascende il punto di vista umano) che si oppone a Tak. La storia è veramente disperante per il senso di sconforto che comunica. Claustrofobica, repellente nelle visioni di cadaveri, di insetti, di morte, attenaglia e costringe comunque a proseguire nella lettura. Il finale è sorprendente e ben congegnato.  C'è da notare come, in contemporanea con "Desperation", King abbia fatto uscire "I vendicatori", romanzo gemello scritto con lo pseudonimo di Richard Bachman (le due copertine della prima edizione, accostate, formano una unica illustrazione), in cui si racconta una storia simile, con personaggi dagli stessi nomi, ma che alla fine risulta del tutto diversa. La tesi che si vuole dimostrare è che, appunto, due scrittori diversi, alle prese con lo stesso spunto, lo trasformano in opere lontanissime.


sabato 15 gennaio 2022

ASTERIX E IL GRIFONE


 

Jean-Yves Ferri
Didier Conrad
ASTERIX E IL GRIFONE
Panini Comics
2021, cartonato
50 pagine, 9.90 euro


Il trentanovesimo albo di Asterix è anche quello del sessantennale ("Asterix il gallico" è del 1961). Dei due creatori, lo sceneggiatore René Goscinny e il disegnatore Albert Uderzo, il primo è morto nel 1977 (24 storie all'attivo), il secondo è scomparso nel 2020 e la sua ultima storia è stata "Il compleanno di Asterix e Obelix" del 2009 (autore anche della sceneggiatura). Dopodiché, per altri cinque volte le avventure degli eroi gallici sono state disegnate da Didier Conrad e scritte da Jean-Yves Ferri. Trovo stupefacente come i due nuovi autori abbiano saputo inserirsi nel solco dei creatori della serie, proseguendola. Soprattutto i disegni sono strepitosamente aderenti alla tradizione (senza sembrare semplicemente scimmiottarla). Del resto lo stesso è successo con Blake e Mortimer. "Asterix e il grifone" spedisce il piccolo gallo, con Obelix, Panoramix e Idefix nelle gelide terre dei Sarmati, che parlano pronunciando una strana "e", popolo caratterizzato da un esercito di amazzoni (le donne fanno la guerra, gli uomini le attendono alle capanne, badando al villaggio). A convocarli è stato lo sciamano Kikucina, preoccupato da una spedizione dei romani nei loro territori, alla ricerca dei grifoni, animali mitologici che loro considerano sacri. Per catturarli, i romani hanno fatto prigioniera una delle amazzoni, la bella Kalachikovna, che costringono a fare da guida: non che lei collabori, in verità, ma è un piacere portarsela dietro - esilarante la gag che vede i latini fare a botte per contendersi i turni di guardia e starle vicino. Sono parecchie le battute degne di nota e le situazioni divertenti, create anche dal fatto che per una volta Asterix non può contare sulla pozione magica (congelata causa neve). Certo, Goscinny resta insuperabile ma anche Ferri ci sa fare.

mercoledì 12 gennaio 2022

L’INVENZIONE DI MOREL

 
 

 
Adolfo Bioy Casares
L’INVENZIONE DI MOREL
Sur
2017, brossurato
144 pagine, 15 euro


Lo scrittore argentine Aldolf Bioy Caseres (1914-1999) condivideva con Jorge Luis Borges, di cui fu amico fraterno e collaboratore per tutta la vita, l’aspirazione a una letteratura sudamericana che non fosse imitazione di quella europea, e che spaziasse in modo proprio e originale anche all’interno dei generi, come il poliziesco o il fantascientifico. Fantascientifico si può senza dubbio definire il romanzo breve del 1940 “L’invenzione di Morel”, pieno tuttavia di echi letterari, come di metafore e simbologie, e distante dalla tradizionale science fiction americana. C’è tuttavia il ricordo, sicuramente, dell’ “Isola del dottor Moreau”, di H.G.Wells (lo si capisce già dal nome dello scienziato pazzo citato nel titolo), così come del “Castello dei Carpazi” di Jules Verne. Pur basata su una ipotesi tecnologica (un macchinario, una invenzione), il romanzo è costruito non sull'azione ma sul senso d’ansia e di straniamento del protagonista, in un contesto che sembra onirico, metafisico. L’io narrante (praticamente l’unico personaggio “reale” del racconto) è un fuggiasco senza nome che, per scampare a una condanna per motivi politici che ne fa un ricercato braccato dalla Legge, decide di rifugiarsi come naufrago volontario su un’isola della Polinesia, che sa essere disabitata. Dopo lo sbarco, il fuggitivo si rende conto come però su una altura esistano delle misteriose costruzioni: un edificio principale che lui definisce “museo”, una cappella, una piscina. Inizialmente questi luoghi sembrano abbandonati, ma dopo qualche giorno si popolano di un gruppo di persone, come se fossero sbarcati dei turisti in visita. Il fuggiasco si nasconde limitandosi a spiarne le mosse, per timore di venire scoperto, denunciato e arrestato. Ma la presenza dei visitatori si collega a misteriosi fenomeni, quali la comparsa in cielo di due soli e due lune. L’io narrante, che tiene un diario, crede di essere vittima di allucinazioni create da una malattia o da qualche avvelenamento alimentare. Così come sono venuti, i visitatori scompaiono di punto in bianco: il fuggitivo ispeziona gli edifici che li hanno ospitati e si rende conto che sono in stato di abbandono così com’erano prima del loro arrivo e nulla testimonia il loro passaggio. A distanza di poco tempo, ecco i “turisti" fare ritorno, sempre gli stessi, occupati nelle medesime discussioni, vestiti con gli stessi abiti. Il naufrago li spia più da vicino, ascolta i loro discorsi, e resta colpito da una donna, Faustina (così sente chiamarla). Se ne innamora, cerca di avvicinarsi, ma lei lo ignora, sembra non vederlo. Nessuno del suo gruppo, del resto, pare accorgersi di lui, per quanto il fuggiasco si mescoli a loro. Il mistero si infittisce, finché quello che si rivela essere l’anfitrione del gruppo, uno scienziato di nome Morel, colui che ha costruito gli edifici dopo aver acquistato l’intera isola, non tiene un discorso agli altri in cui rivela la verità. Una apparecchiatura di sua invenzione, in grado di registrare e riprodurre la realtà in ogni sua componente (visiva, sonora, tattile) ha “catturato” per una settimana ogni loro movimento, discorso, atteggiamento dell'animo e assicurato agli ospiti un simulacro di esistenza eterna: grazie alle sue maree, l’isola può garantire l’energia necessaria al funzionamento dei macchinari programmati per “proiettare” per sempre (fatti salvi i tempi per il ricaricamento) le loro forme, reali in tutto e per tutto, come se le loro stesse anime fossero state incise su disco. Precedenti esperimenti fatti da Morel hanno però causato la morte delle cavie: non si sa quale sia stata la sorte degli ospiti del “museo” dopo la registrazione, ma tutto lascia temere il peggio. Chissà dov’è la vera Faustina, il naufrago può solo amarla come simulacro: interessanti le sue reazioni alla scoperta, nel finale del racconto. Nel “Castello dei Carpazi” di Verne, alcuni macchinari ottici e fonografici ricreano ogni sera l’illusione che una cantante lirica torni in vita, l’invenzione di Morel fa di più, e anticipa i nostri tempi in cui la realtà virtuale è sempre più realtà e meno virtuale.

martedì 11 gennaio 2022

L’ANGELO DEL FANGO

 

 



 

 

Leonardo Gori

L’ANGELO DEL FANGO

Rizzoli

2005, cartonato

360  pagine -  Є 16,50

 

Di Leonardo Gori e del suo Bruno Arcieri ci siano già occupati a proposito di "Nero di maggio", il primo romanzo della serie (2000), e de "La lunga notte", del 2021. Le caratteristiche del personaggio le dianmo dunqe già date per illustrate qui:

 

http://utilisputidiriflessione.blogspot.com/2021/12/nero-di-maggio.html

 

https://utilisputidiriflessione.blogspot.com/2021/12/la-lunga-notte.html

 

Basterà ricordare come uno degli elementi vincenti della saga sia la documentazione necessaria a calare Arcieri in contesti storici perfettamente ricostruiti e decisamente epocali. Nei due romanzi appena citati le vicende si svolgono, rispettivamente, durante la visita di Hitler e Mussolini a Firenze nella primavera del 1938 e a Roma nella notte precedente l'armistizio dell'8 settembre 1943.

 Con "L'angelo del fango" torniamo a Firenze, nel novembre del 1966, durante la catastrofica alluvione del 1966. Naturalmente qui Arcieri è anziano, e molto segnato dagli eventi della sua vita, e lo scopriamo diventato colonnello del SID. Si resta coinvolti nei suoi drammi persinali, tra cui l'irrisolto rapporto con Elena, la donna che ha segnato la sua vita, lo seguiamo condurre una complicata indagine nonostante i giorni drammatici vissuti dal capoluogo toscano,  ma (come negli altri romanzi) il pathos del libro è dato della ricostruzione  della città alluvionata. Al lettore sembra di esserci, accanto ad Arcieri. Peccato non vedere il crescere dell’Arno e il momento della rottura degli argini, dato che il racconto parte dal giorno successivo, il 5 novembre 1966, ma ugualmente le descrizioni della Firenze allagata (su tutte, l’ossessivo odore di nafta che mozzava il respiro) sono molto coinvolgenti, e minuziosamente documentate. 

Riusciti anche alcuni personaggi, come il cecchino Casini detto “Il migliore”, e buona la ricostruzione del clima politico e degli odi ancora strascicati dopo la fine della Guerra.  Ritroviamo anche il gioco di spie, informatori, informative, rapporti riservati, ricatti che sembrano essere la passione dell’autore (che ne aveva riempito anche “I Delitti del Mondo Nuovo”, ambientato nella Firenze di fine Settecento).  Non c'è quindi solo un giallo (con il rinvenimento nel fango di un cadavere che non è imputabile all'alluvione) ma un complotto ordito da ex fascisti, doppiogiochisti e agenti segreti infedeli, con colpi di scena e rivelazioni. Qualche accenno alla trama: documenti riservati relatibi a una vicenda avvenuta nei giorni in cui la Guerra stava finendo sono finiti nelle mani di Anna Gianfalco.  Si tratta di carte appartenute al Duce, che le permettono di ricattare personaggi che hanno fatto carriera nonostante il loro passato repubblichino. Anna ha nascosto i documenti fra i milioni di documenti della Biblioteca Nazionale, dove lavora. Ma l’alluvione distrugge la biblioteca e toglie ad Anna l’assicurazione sulla vita grazie alla quale aveva vissuto da benestante. C'è un altro romanzo giallo che si svolge nei giorni dell'alluvione, ed è "Morte a Firenze" di Marco Vichi, datato 2009, con protagonista il commissario Bordelli (titolare di una serie a lui dedicata). Ebbene, i due investigatori, Arcieri e Bordelli, si scambiano le visite ed entrano, per brevi scene, nei rispettivi romanzi. Non solo: "L'angelo del fango" ha vinto il prestigioso Premio Scerbanenco nel 2005, "Morte a Firenze" quattro anni dopo.


lunedì 10 gennaio 2022

LA FIGLIA DI RAPPACCINI



 

LA FIGLIA DI RAPPACCINI
di Nathaniel Hawthorne 
Corriere della Sera,
Collana Twin Stories
2013, brossurato
112 pagine, 2.80 euro

La collana Twin Stories  proponeva, anni fa, allegate al Corrirere della Sera, opere della letteratura anglosassone proposte con il testo a fronte ("piccoli capolavori che fanno grande il tuo inglese", recita uno slogan), corredate di note critiche e linguistiche. Leggendo questo mistery tale di una cinquantina di pagine, ho scoperto che Nathaniel Hawthorne (1084-1864), scrittore nato a Salem in una famiglia puritana e che io credevo essere autore di romanzi realistici e storici come "La lettera scarlatta", ebbe anche una notevole produzione di racconti gotici in grado di competere con quella di Edgar Allan Poe, di cui fu contemporaneo. E gotico lo è di sicuro, cupo, magico e tragico com'è, questo "La figlia di Rappaccini", di ambientazione italiana, che si legge tutto d'un fiato in un crescendo di angoscia. Giovanni, studente napoletano giunto a studiare a Padova, prende in affitto un appartamento che si affaccia su un misterioso orto botanico pieno di piante sconosciute. Fra esse, il giovane vede aggirarsi una fanciulla meravigliosa, Beatrice, figlia dello scienziato Rappaccini, che la tiene segregata dal resto del mondo. Un altro studioso, il professor Baglioni, mette in guardia Giovanni rivelandogli che Rappaccini è un pazzo che compie esperimenti folli. Ma il napoletano, vinto dal desiderio di incontrare Beatrice, penetra nel giardino e riesce a far innamorare la ragazza, la quale però sembra dotata di un mortifero potere: qualunque cosa viva tocchi, che non siano le misteriose piante del suo orto, muore (insetti, rettili, uccelli, fiori portati da fuori, cadono a terra inerti e rinsecchiti). Giovanni, però, non subisce gli stessi effetti: come mai? Come aveva giustamente detto Baglioni, Rappaccini ha fatto crescere Beatrice in mezzo a vegetali velenosi da lui creati in laboratorio, rendendola essa stessa mortalmente velenosa. Ma volendo darle uno sposo, ha avvelenato lentamente anche il giovane in modo da trasformarlo in un essere con le stesse caratteristiche della figlia. Quando Giovanni se ne rende conto, capisce che non può più uscire dal giardino, se non provocando la morte di tutti coloro che incontrerà. C'è da notare che la Marvel ha battezzato con il nome di Monica Rappaccini un personaggio che compare nella serie di Hulk, una biochimica votata al male.


domenica 9 gennaio 2022

UN SEMPLICE CASO DI INFEDELTA'

 

 
 
Jacqueline Winspear
UN SEMPLICE CASO DI INFEDELTA'
Neri Pozza
brossurato, 2021
304 pagine, 18 euro


Un romanzo davvero singolare, che potrebbe spiazzare chi si fidi degli "strilli" in copertina. Leggiamo infatti in quarta: "il fascino intramontabile del grande romanzo giallo". Poi, si cita la recensione dell'Ellery Queen Mistery Magazine: "Uno dei romanzi crime più belli e influenti del secolo". Sulla cover, poi, c'è la scritta: "Le inchieste di Maisie Dobbs", e il personaggio viene presentato così: "geniale e intuitiva come Sherlock Holmes, decisa e determinata come Lisbeth Salander". Parrebbe proprio di trovarsi di fronte a hard boiled (dato che la protagonista è una investigatrice privata), o quanto meno a una detective story. Alcune indagini in effetti vengono svolte, a proposito di una sospetta infedeltà coniugale (quella a cui allude il titolo), sennonché la moglie di cui si dubita si rivela subito innocente: le sue "scappatelle" sono solo visite a un cimitero, dove giace un vecchio fidanzato morto dieci anni prima. L'ambientazione è inglese, siano nel 1929, il defunto, Vincent, era un soldato della prima Guerra Mondiale, tornato in patria con il volto sfigurato da una esplosione al fronte, ritiratosi in una sorta di casa di riposo per reduci con gravi mutilazioni. E' appunto questa scoperta che porta Maise Dobbs, insolita private-eye in gonnella, a voler sapere di più sulle circostanze della morte, avvenuta in circostanze poco chiare proprio all'interno della struttura. Tuttavia, l'interesse di Maise non è soltanto, diciamo così, professionale (una investigatrice deve necessariamente essere curiosa), ma personale: lei, infatti, dieci anni prima si era arruolata come infermiera e aveva prestato servizio negli ospedali da campo in Francia, offrendo le prime cure ai feriti, che spesso giungevano davanti a lei in condizioni disperate. 
Ecco, gran parte del romanzo racconta appunto la vita di Maise, ragazza povera e orfana di madre, che viene assunta come cameriera nella villa di Lady Rowan Compton. Lì, la padrona di casa (attiva come suffragetta e quindi attivista in favore dell'emancipazione femminile) non tarda ad accorgersi delle rare doti intellettive della fanciulla: lei e suo marito fanno in modo che possa studiare, fino ad arrivare ad essere ammessa al college di Cambridge. Seguono gli anni della guerra, durate la quale nasce l'amore fra la giovane infermiera e un medico militare, Simon, che le chiede di sposarlo. Lei promette di rispondere a eventi bellici conclusi. Il flashback si interrompe senza rivelare la sorte di Simon: sappiano solo che nel 1929 non sembra essere nei paraggi. Che gli è successo? La risposta nelle ultime pagine. Così come la soluzione del mistero della morte di Vincent. Ma, ripeto, la parte gialla del romanzo è minoritaria rispetto al racconto, che parte dickensiano, della faticosa vita di Maise priva di mezzi che riesce ad entrare a Cambridge e poi alla storia di guerra e d'amore. Gradevolissima la narrazione, coinvolgente la ricostruzione storica degli eventi bellici, drammatiche le scene con i feriti al fronte. Però, niente Sherlock Holmes, niente Lisbeth Salander. Un personaggio diverso, di cui sarà interessante leggere altre avventure (e vedere come si evolve): creato nel 2003, ci sono altri quindici romanzi (l'ultimo, "The consequence of fear", è del 2021). "Maise Dobbs", questo il titolo originale di "Un semplice caso di infedeltà", è il primo di una lunga serie ambientata negli anni Venti e Trenta.

sabato 8 gennaio 2022

SUD

 
 
 

Ernest Shackleton
SUD
LA SPEDIZIONE DELL’ENDURANCE
Nutrimenti
2009, brossurato
444 pagine

Lo zoologo britannico Apsley Cherry-Gerrard, biologo di fiducia di Robert Falcon Scott, scrisse: “Per una spedizione scientifica e geografica, datemi Scott; per una puntata al polo e niente più, Amundsen. Ma se sono in un dannato guaio e voglio tirarmene fuori, allora datemi Shackleton”. Lo stesso concetto fu espresso da un altro esploratore dell’Antartide, il geografo Raymond Edward Priestley: “Quando siete nell'avversità e non intravedete via d'uscita, inginocchiatevi e pregate Dio che vi mandi Ernest Shackleton”. Se siete curiosi di saperne di più su questo leggendario personaggio, non vi resta che procurarvi il libro che egli stesso pubblicò in Inghilterra nel 1919: South. The story of Shackleton’s last expedition, uno dei capisaldi della diaristica d’esplorazione, ma anche un capolavoro della letteratura d’avventura. Infatti, non ci si può immergere in quelle pagine senza avere la sensazione di leggere un avvincente romanzo, mentre si tratta del racconto di fatti reali, di cui l’autore ci comunica la grande tensione emotiva. Tanto sono vere tutte le vicende che ci vengono narrate, da essere anche documentate da foto e filmati di straordinaria e drammatica bellezza. A bordo della nave Endurance, con cui nell’agosto 1914 gli esploratori salparono verso l’Antartide, c’era infatti anche l’australiano Frank Hurley, destinato a diventare uno dei più grandi fotografi di guerra e di viaggi. Con i suoi scatti e le sue riprese cinematografiche, Hurley ha fornito un eccezionale reportage della spedizione, da cui è nato un documentario di recente restaurato per una edizione in  DVD del Brithis Film Institute. La Casa editrice Nutrimenti ha reso di nuovo disponibile sul mercato italiano il libro di Ernest Shackleton, ripubblicandolo con il titolo “Sud. La spedizione dell’Endurance”, corredato da molte foto. 
Nato in Irlanda nel 1874 da padre inglese, Shackleton abbandonò ben presto gli studi di medicina per imbarcarsi come mozzo su un mercantile. In breve, divenne prima nostromo e poi comandante. Nel 1900, si aggregò alla spedizione antartica della Discovery di Falcon Scott. Da quel momento in poi, dedicò all’esplorazione dell’Antartide tutta la sua vita e fu per ben tre anni l’uomo che si era avvicinato di più al Polo Sud, prima che nel 1911 Amundsen lo raggiungesse e Scott perdesse la vita nel tentativo. Shackleton progettò allora una spedizione scientifica che attraversasse tutto il continente più meridionale del mondo. Con una nave attrezzata per la navigazione tra i ghiacci, l’Endurance, e con ventisette uomini di equipaggio, l’esploratore si inoltrò nel mare di Weddell, a sud di Capo Horn, nel gennaio 1915. Le avverse condizioni meteorologiche e l’insolita solidità del pack estivo impedirono alla nave di raggiungere, com’era nei piani, la Terra di Coats, là dove avrebbero dovuto essere installati i quartieri invernali, punto di partenza per la traversata continentale prevista per l’estate successiva. L’Endurance rimase incastrata fra i ghiacci e fu costretta a svernare nella morsa del mare gelato. I sommovimenti del disgelo, in primavera, dopo una lunga deriva, stritolarono la nave nel mese di novembre. L’equipaggio, trainandosi dietro tre scialuppe di salvataggio, iniziò una durissima marcia sul pack in disfacimento. Shackleton riuscì a condurre i suoi uomini fino all’Isola dell’Elefante, all’estremità settentrionale della Terra di Graham, raggiunta nell’aprile 1916. Le probabilità di essere soccorsi in tempo erano nulle, perciò il comandante decise di partire con cinque uomini a bordo di una scialuppa per cercare aiuto nella Georgia del Sud, un’isola distante ottocento miglia marine. Quando, dopo quindici, terribili giorni di lotta contro l’Atlantico, i naufraghi riuscirono a raggiungere la meta, sbarcarono sul lato disabitato: furono necessari altri due giorni attraverso trenta miglia di montagne e ghiacciai inesplorati per arrivare a Stromness, una stazione di balenieri. I ventidue uomini rimasti sulla Elephant Island furono salvati il 30 agosto 1916. I naufraghi erano allo stremo, ma furono riportati a casa tutti vivi.



venerdì 7 gennaio 2022

IL SIGNORE DELLE MOSCHE

 

 


 

William Golding
IL SIGNORE DELLE MOSCHE
Arnoldo Mondadori Editore 
brossurato, 242  pagine 
lire 13.000

“Il Signore delle Mosche”, senza dubbio il più celebre romanzo del britannico William Golding (1911-1993), fu scritto nel 1954, ma la sua straordinaria fortuna iniziò con l’edizione economica americana del 1959, che valse all’autore milioni di copie vendute. Nel 1983 venne attribuito allo scrittore il Premio Nobel per la Letteratura, con questa motivazione: “per i suoi romanzi che, con la chiarezza della narrativa realistica e la diversità e l’universalità del mito, illuminano la condizione umana nel mondo di oggi”. Opera di culto e modello per molti scrittori, fra cui Stephen King, “Il Signore delle Mosche” è un racconto distopico che dimostra la fondamentale malvagità dell’animo umano. Il suo senso  si condensa in questa frase dello stesso Golding: "L'uomo produce il male come le api producono il miele". In pratica, il male è connaturato con l'uomo, ognuno di noi ha una metà oscura che aspetta solo l'occasione giusta per uscire allo scoperto e scatenarsi.
La trama del "Signore delle Mosche" è questa: durante la terza guerra mondiale (un conflitto immaginario) un aereo che trasporta i ragazzi di un collegio, dai sei ai dodici/tredici anni, cade su un'isola deserta. I piloti e gli accompagnatori muoiono nell'impatto, sopravvivono solo i ragazzini. Non hanno né l'aiuto né il controllo degli adulti. Devono organizzarsi, fare da soli. I più grandi devono occuparsi anche dei più piccoli. All'inizio sembra che ce la possano fare, poi emergono paure irrazionali e comportamenti asociali. Il gruppo si divide in due bande, e quella guidata da un certo Jack, violento e malvagio, prende il sopravvento. Si scatenano la follia, la regressione a riti tribali, si comincia a uccidere. Escono allo scoperto gli aspetti più selvaggi e repressi della natura umana. Senza la guida della cultura (in senso lato), l'umanità regredisce, si imbarbarisce, perché il nostro vero volto è appunto quello barbaro e belluino.
I ragazzini naufragati dal cielo sull'isola deserta sono tutti maschi. Nessuna bambina, nessuna fanciulla. Perché Golding ha fatto questa scelta? Forse perché il suo romanzo sarebbe stato più difficile da gestire se si fosse dovuto tenere conto anche della diversa psicologia femminile? Oppure perché se ci fossero state delle femmine le cose sarebbero andate diversamente?  In ogni caso, Golding ha escluso la sfera sessuale dall'oggetto del suo romanzo. Gli premeva di più parlare del male e della violenza come categorie universali. Forse, anzi, senz'altro, per questo ha scelto come protagonisti dei bambini o dei ragazzi evidentemente pre-adolescenti, come metafore di una umanità da cui fossero bandite le pulsioni sessuali, messe da parte nel contesto di una narrazione senza nessuna pretesa, nonostante le apparenze, di realismo. Tant'è vero che poteva parlare di un naufragio nel Settecento o nel Seicento, ma ha invece ipotizzato l'epoca di una strana guerra atomica, fuori dal tempo.

giovedì 6 gennaio 2022

L'EREDITA' MORALE

 

 
 
Fausto Serra
L'EREDITA' MORALE
Youcanprint
2021, brossura
224 pagine, 12.90


Sono una trentina le bellissime illustrazioni di Walter Venturi che corredano e commentano questo libro di Fausto Serra. Venturi, disegnatore di punta di Zagor (oltre che di tanti altri fumetti) è legato a Fausto da una grande amicizia nata durante i "Rendez Vous" degli appassionati zagoriani che Serra ha organizzato per vari anni (e conta di organizzarne altri) a Viddalba, in Sardegna, in provincia di Sassari. Uomo dalla tempra inossidabile, impegnato su mille fronti e dotato di grande umanità, Fausto è anche molto legato alla sua terra. Lo dimostra con questo romanzo, in cui va in cerca delle proprie radici, ricostruendo la storia della propria famiglia, a partire dalla figura del nonno, Giovann'Angelo, classe 1870. Per farlo, si è messo sulle tracce dei resti del vecchio mulino dove abitava, oggi ruderi nascosti dalla vegetazione. Il racconto si concentra soprattutto su Giovanni Maria, detto Minniu, suo padre, ultimo genito di una nidiata di quattro sorelle e tre fratelli, rimasti giovanissimi orfani di entrambi i genitori. Ne viene fuori una storia, raccontata molto bene, che si rivela, da particolare che è, del tutto universale. Al tempo stesso, sa descrivere una terra e la sua gente. Ho cercato di spiegarlo nella mia prefazione, che riporto qui di seguito.

RADICI
di Moreno Burattini

Il passaggio dalla preistoria all’epoca storica è segnato da uno snodo fondamentale: la testimonianza scritta. Prima dell’invenzione della scrittura, degli eventi umani non rimaneva traccia. Certo, ci sono stati millenni di tradizioni orali. Ma tutto svanisce, se non si scrive. E’ per questo che gli uomini hanno sempre sentito il bisogno di fissare su carta (o su qualunque altro supporto) la memoria di se stessi. C’è la foto di alcuni ruderi divorati dalla vegetazione, a pagina 216 di questo libro: sono quelli del vecchio mulino dove un tempo viveva la famiglia di Fausto Serra, l’autore delle pagine che state per leggere. Ruderi che il tempo presto cancellerà per sempre, ma il cui ricordo è possibile tramandare al di là delle reminiscenze dei singoli. Fausto è andato a cercare quelle pietre, come si legge all’inizio del suo racconto, alla ricerca di un pezzo di sé stesso. Che cosa siamo, senza le nostre origini? La letteratura è memoria ed è memoria delle nostre radici, il racconto del percorso fatto attraverso cui è possibile capire dove siamo arrivati. Noi siamo la nostra memoria: chi è privo di ricordi non sa chi è. Serra, come tanti prima di lui, è andato in cerca delle proprie radici e di questa ricerca ha tratto il libro che avete fra le mani, raccontando la storia di suo padre (il quale a sua volta aveva un padre, che aveva un padre, che aveva un padre) per raccontare se stesso, per comprendersi e completarsi. Ma le radici di una pianta sono legate a una terra. Non si capisce un uomo senza capire la sua terra: quella in cui è nato, quella in cui è vissuto, magari quella da cui è fuggito (perché una terra sa anche essere matrigna), oppure quella in cui si è trapiantato. E le radici sono al plurale perché tante, ramificate, contorte, intrecciate con altre con cui formano un reticolo inestricabile. Quindi, la storia di un uomo è connessa a quelle di altri uomini, la storia di una famiglia a quella di altre famiglie. Per questo il libro che avete fra le mani non è soltanto il racconto di un nonno, dei suoi figli e dei suoi nipoti, ma assume un valore universale. C’è un vecchio mulino, o il suo corrispondente (una casa dei nonni, una antica cascina), nella storia di tutti noi, che proveniamo da un mondo, da una realtà, da una società di cui non dobbiamo perdere il ricordo, né, soprattutto, i valori.

mercoledì 5 gennaio 2022

ZAGOR MONSTERS


Massimo Capalbio
ZAGOR MONSTERS
Zagorianità
brossurato, 2021
380 pagine


Davvero "monster" in volume che raccoglie (e aggiorna) le puntate della rubrica "Zagor Monsters" pubblicato da Massimo Capalbio sul blog "Dime Web"! I curatori della rivista "Zagorianità" ne hanno fatto un tomo enciclopedico su carta, che si fregia di una copertina di Alessandro Chiarolla, distribuito soltanto per corrispondenza (bisogna scrivere a questo indirizzo email: zagorianit@libero.it). 
Dalla A di "Afanc" (mostri acquatici della mitologia celtica che compaiono nella storia di Boselli-Torricelli sull'Isola delle Ombre) alla Z di "Zombi" (visti in varie versioni nelle avventure dello Spirito con la Scure), i mostri zagoriani ci sono tutti, e vengono analizzati in modo esaustivo, cerosino fino alla minuzia. "Quella di Zagor è la serie bonelliana classica dove la componente fantastica ha avuto e ha tuttora il maggior peso", scrive Capalbo nella sua prefazione. E più avanti: "Data l'abbondaza nella saga di personaggi, creature e luoghi fantastici, abbiamo deciso in quest'opera di occuparci solo - si fa per dire - di una specifica categoria, quella dei mostri".
Non va dimenticato che la parola "mostro" deriva dal latino monstrum, che significa "portento", "prodigio": perciò i mostri sono affascinanti fin dalla loro etimologia.
Colpiscono non soltanto il numero e la varietà delle creature mostruose incontrate dal Re di Darkwood in sessanta anni di avventire, ma anche la complessità delle trame di cui sono protagoniste, la ricchezza delle fonti, la documentazione che (non sempre, ma spesso) c'è dietro. Sfogliare il dizionario di Capalbio, riccamente illustrato, fa venire voglia di rileggere le storie di cui si parla, alcune troppo frettolosamente archiviate nella memoria.

martedì 4 gennaio 2022

BLU TRAMONTO

 

 





Leo Ortolani BLU TRAMONTO Feltrinelli Comics cartonato, 2021 226 pagine, 22 euro
  Continua la collaborazione fra Leo Ortolani e la ASI (Agenzia Spaziale Italiana). Ne avevamo già parlato recensendo il libro "Luna 2069", come potete leggere qui: http://utilisputidiriflessione.blogspot.com/2020/04/luna-2069.html In quel precedente volume, tra una gag e l'altra, Ortolani aveva ripercorso tutte le tappe della conquista della Luna (in barba ai negazionisti dello sbarco). Adesso, in "Blu tramonto", l'azione si sposta su Marte. Anche in questo caso l'autore trova il modo di raccontare gli innumerevoli tentativi terrestri di inviare sonde sul Pianeta Rosso, a partire dal 1960: ci provarono per primi i russi, in una gara serrata con gli americani. Nel 1971 i sovietici fanno atterrare un primo lander, che però funziona solo per 15 secondi; nel 1976 fanno meglio gli statunitensi con i Viking. Il racconto di Ortolani è ambientato alcuni decenni nel futuro, dopo un primo sbarco di esseri umani su Marte. Esseri umani che, annoiati dall'essersi ritrovati su un pianeta arido e senza vita, se ne vanno lasciando uno di loro, unica sentinella volontaria e solitaria. Solitaria non del tutto, visto che l'ingegner Petorelli, così si chiama o si fa chiamare, ha per compagno immaginario Nicholas Cage (proprio l'attore) e vive una romantica storia d'amore con una colonia di batteri metanogeni che hanno preso le sembianze (attingendo dai segreti desideri dell'umano) di una bellissima fanciulla. Si ride parecchio (Ortolani si conferma umorista e fumettista eccelso) e si trova la risposta al perché Marte sia rimasto senz'acqua.