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martedì 23 aprile 2019

RAGIONE E SENTIMENTO





Jane Austen
RAGIONE E SENTIMENTO
Einaudi
2015, brossura
450 pagine, 11 euro


Parlando di Jane Austen, il primo pensiero che mi viene in mente è quanto sia incredibile che nel Regno Unito (come accadeva del resto anche in Francia e negli USA) già nella seconda metà del Settecento ci fossero scrittori (nel caso della Austen, ancora più eclatante, scrittrici) in grado di pubblicare trascinanti romanzi, ancora oggi godibilissimi, mentre in Italia si continuava a vivere in Arcadia e per trovare una via italiana alla letteratura in prosa ci toccò aspettare la “quarantana” dei Promessi Sposi (1842) e poi, per un bel po’, non ci fu niente altro di altrettanto leggibile (non lo sono più, purtroppo, né i romanzi del D’Azeglio né quelli del Guerrazzi). Né Jane Austen, in quanto donna, rappresenta un unicum, dato che basterà pensare alle sorelle Brontë per trovarne altre tre. Ma se “Jane Eyre” e “Cime tempestose” (dovute rispettivamente a Charlotte ed Emily Brontë) sono sicuramente letture da raccomandare, “Orgoglio e pregiudizio” della Austen è decisamente imperdibile. Letto quello, non si può fare a meno di desiderare di continuare con qualcos’altro della medesima autrice, e dunque basta un salto indietro di qualche anno per lasciarsi appassionare da “Ragione e sentimento”. “Sense and Sensibility”, questo il titolo originale, venne scritto fra il 1795 e il 1810, e pubblicato nel 1811. L’autrice, nel 1795, aveva venticinque anni (era nata nel 1775 e sarebbe morta nel 1817). Per l’epoca, venticinque anni era già un’età matura: colpisce, infatti, come anche nel romanzo venga considerata vecchia la signora Dashwood, madre delle due protagoniste Elinor e Marianne, appena quarantenne, e attempato il Colonnello Brandon, trentacinquenne. Le vicende di “Ragione e Sentimento”, come già quelle di “Orgoglio e Pregiudizio”, riguardano personaggi della media e alta borghesia: uomini d’affari, ricchi possidenti terrieri, ereditieri che vivono di rendita, ufficiali in congedo e compagnia bella. Sono esclusi i ceti sociali più bassi, e vi si accenna solo come servitori, stallieri, cocchieri ma non c’è alcuna interazione tra loro e gli altolocati. Ugualmente escluso è il sesso: per quanto personaggi maschili e femminili si innamorino, si fidanzino, tessano tresche, si appartino, mai si scambiano neppure un bacio e si danno rigorosamente del “voi”. A dire la verità, in “Sense and Sensibility” compare un personaggio definito “libertino”, John Willoughby, di cui si racconta (è uno dei colpi di scena) come in passato abbia sedotto e abbandonato una fanciulla (che si ritrova prima incinta e poi ragazza madre e finisce per essere emarginata dal consesso sociale dei benpensanti), ma a tutto ciò si allude soltanto di sfuggita e mai la poveretta compare sulla scena. “Orgoglio e pregiudizio” comincia con una celebre frase che potrebbe fare da incipit anche a “Ragione e sentimento”: “E’ una verità universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un buon patrimonio debba essere in cerca di una moglie”. Difatti pare che la principale preoccupazione di ogni genitore (soprattutto delle madri) sia di combinare prima possibile un buon matrimonio per i figli (soprattutto per le figlie), intendendo per “buon matrimonio” una unione con qualcuno di famiglia molto ricca, e le trame dei due romanzi si dipanano appunto su questo tipo di scenario. Tutto ciò potrebbe sembrare scoraggiante per il lettore moderno. Invece, si tratta semplicemente di un retaggio culturale inevitabile per la scrittrice, che non poteva certo, all’epoca, trovare editori e lettori disposti ad accettare qualcosa di diverso. Ma una volta compresi i limiti entro i quali Jane Austen è costretta a muoversi, ci si accorge subito di quanto, per altri versi, sia da considerarsi trasgressiva. Innanzitutto l’autrice descrive una società inamidata e formalista molto attenta all’aspetto economico di ogni relazione: la scrittrice propone però eroine al femminile che contestano questo tipo di atteggiamento e mettono in ridicolo (facendone una forte critica) l’ipocrisia di chi appunto mette l’interesse pecuniario di fronte a tutto. La Elinor di “Sense and Sensibility”, in un passaggio del romanzo, ironizza persino (oggi ci sembra scontato, ma nel 1795 non lo era) sull’idea corrente che alla ragazza per la quale la famiglia trovi un buon partito non debba essere chiesto il parere, o che per costei sia tutto sommato indifferente sposare uno o l’altro di due fratelli ugualmente ricchi. Insomma, la Austen rivendica la voce in capitolo delle donne. Del resto, la sua scrittura è molto “al femminile” per come descrive i moti d’animo delle sue protagoniste, per il modo con cui dà ragione delle speranza e delle ambizioni di Elinor e di Marianne (Elinor è la Ragione, Marianne il Sentimento), entrambe caratterizzate benissimo. Moderna (dal punto di vista dello stile, dell’empatia suscitata, della capacità di intrigare chi legge) è poi la scrittura chiara e pulita, ma mai sciatta e banale. Modernissimi i vari colpi di scena che si susseguono. Insomma, l’autrice sapeva, più di duecento anni fa, come irretire il suo pubblico, e le sue opere irretiscono anche i lettori di oggi. Chi sposeranno Elinor e Marianne, ragazze con poche sostanze a loro disposizione (per colpa del loro fratellastro e dell’odiosa di lui moglie), dopo essere state entrambe, in modo diverso, illuse da due gentiluomini che hanno loro infranto il cuore? Vi assicuro che entrando nel romanzo non potrete più uscirne finché non conoscerete la risposta.