A volte ci si imbatte in certi libri per caso, e si acquistano (e si leggono) senza sapere perché. Il sottotitolo "come ho perso 60 chili con la meditazione (e altri segreti)" in realtà non è di per sé un incentivo ai miei occhi di ometto leggermente sovrappeso ma a cui basterebbe perdere qualche etto per tornare in forma (qualche decina di etti, facciamo fra i cinquanta e i cento, naturalmente). Credo che sia stato il consiglio della libraia che aveva avuto Giorgio Serafini Prosperi, l'autore, in libreria a fare una presentazione a convincermi. Fatto sta che "Ho mangiato abbastanza" l'ho letto e per rendere conto delle mie impressioni dovrei (cosa che farò) distinguere nettamente il libro in due parti. Premettendo che Serafini Prosperi è un bravo scrittore (del resto è stato ed è autore teatrale e televisivo e ha firmato vari libri), il suo talento di narratore si manifesta nella prima parte in cui descrive, in modo straordinariamente efficace, il dramma della sua obesità e della sua vita da bulimico. Per quarant'anni è stato dipendente di una compulsione che lo rendeva schiavo del cibo ma al tempo stesso terribilmente infelice, vittima dei sensi di colpa, disgustato dal proprio corpo. Serafini Prosperi descrive la sua dipendenza passando in rassegna episodi umilianti, disgustosi, dolorosi, alla fine incredibili, con cui descrive i modi con cui un bulimico cerca di nascondere agli altri le abbuffate fuori orario e senza regole, o la frenesia alimentare per cui ci si ingozza di tramezzini morbidi e spalmati di salse per poterli ingurgitare senza masticare, con bibite gassate bevute per dilatare oltre misura lo stomaco, compulsivamente, per placare un dolore e un'angoscia implacabili. Le pagine (metà del libro) dedicate a questo racconto sono sconvolgenti, come lo sono tutte le cronache che descrivono le dipendenze (da droghe come da alcool). Lo sbaglio è credere che si tratti solo di volontà, e meravigliarsi che non si riesca, con un minimo di sforzo, a smettere. Le diete servono a poco, oppure a niente, o sono addirittura dannose, come gli antipiretici presi per curare una polmonite, se non si risolvono le cause più profonde. Poi, a un certo punto, il riscatto. Dopo aver toccato il fondo, Giorgio Serafini Prosperi (che oggi finalmente sta bene) riprende la sua vita fra le mani, recupera un rapporto sano con la vita, con le figlie, con l'amore, con il proprio corpo. E giustamente spiega come ha fatto, offrendo i suoi consigli. Anzi, ha fatto della sua guarigione il suo nuovo lavoro, dato che di mestiere fa il consulente per gli obesi che vogliono seguire il suo esempio. Tutto giusto, anche perché il modo stesso con cui Prosperi si è reinventato è una testimonianza di come reinventarsi sia possibile. Quando però l'autore comincia a elencare santoni indiani, testi buddisti, massime di Confucio, parole tibetane, aneddoti zen, e a proporre tecniche di meditazione io, che sono un ragazzo pratico, non riesco più a seguirlo, anche se capisco che un mio limite. Yoga e meditazione faranno sicuramente miracoli (sugli altri), ma quando io provo a concentrarmi sul mio respiro e a pensare al trascendente di solito mi viene da ridere e non riesco a sentire le punte dei miei alluci come richiedono le istruzioni dell'esercizio. Personalmente il mio problema è l'ansia, più che il cibo, e mi servirebbe un libro dal titolo "Sono stato ansioso abbastanza", dove non mi si chieda di guarire sdraiandomi supino e "ponendo attenzione ai punti di contatto del nostro corpo con la superficie sulla quale siamo sdraiati". Magari suggerirmi invece una gita in montagna a guardare un panorama potrebbe fare di più al caso mio di queste cineserie, ecco.