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giovedì 28 agosto 2025

VERITIERE MEMORIE DEL DOCTEUR MYSTERE



 
Alfredo Castelli
Lucio Filippucci
VERITIERE MEMORIE DEL DOCTEUR MYSTERE
Sergio Bonelli Editore
2024, cartonato
256 pagine, 32 euro

Sulle pagine del n° 397 (marzo 2023) di Martin Mystère,  Alfredo Castelli scriveva: “Dopo aver vagabondato per parecchi anni in varie Case editrici e straniere, Docteur Mystère è tornato all’ovile e presto (non subitissimo, ma siamo così felici dell’avvenimento che non vedevamo l’ora di annunciarlo) uscirà un ricco volume di formato oblungo con tre storie mai ristampate da venti anni, riviste e integrate con nuove tavole”. Castelli (classe 1947) ci ha poi lasciato nel febbraio 2024, senza vedere pubblicato il tomo “oblungo”, dato alle stampe nel novembre dello stesso anno. Il formato è effettivamente singolare (lo vedete nella foto qui sopra) ma funzionale alla riproposta delle avventure di Docteur Mystère sottoforma di strisce simili a quelle pubblicate, dagli inizi del Novecento in poi, sui giornali quotidiani americani (le “daily strips”). Una soluzione grafica senza dubbio adatta al tipo di racconto, volutamente ma solo apparentemente retrò sia dal punto di vista grafico che da quello delle trame. Dico “solo apparentemente” perché poi basta leggere per rendersi conto di come sotto la patina vintage si celano (neanche troppo) elementi narrativi del tutto contemporanei: contaminazioni multimediali, paradossi, citazioni, audaci collegamenti, camei, easter eggs e inside jokes, omaggi e parodie, il tutto confezionato con una libertà di ispirazione e di espressione invidiabile e magistrale.
Scrive Carlo Recagno nella sua introduzione: “Si tratta di avventure scanzonate, da non prendere troppo sul serio, con quell’umorismo al limite del demenziale che Castelli non poteva inserire nella serie ‘Martin Mystère’, un eroe che doveva mantenersi ‘serio’. Storie nelle quali i protagonisti nei loro viaggi incontravano bizzarri personaggi tra realtà e invenzione letteraria, prendendo in giro i luoghi comuni dei romanzi d’avventura dell’Ottocento e del primo Novecento. Storie in cui i personaggi del ‘Mago di Oz’ si fondevano con quelli di ‘Miracolo a Milano’, con il protagonista del ‘Fantasma dell’Opera’ che aiutava a sconfiggere il mefistofelico Fu Manchu. E come se non bastasse, il nemico giurato del Docteur era un improbabile Maresciallo Radetzky trasformato in uno sgangherato genio del male da cartone animato, che aveva come animale da compagnia un topo”.
Ma chi è il Docteur Mystère? E che c’entrano lui e il suo assistente Cigale con Martin Mystère, il personaggio creato da Alfredo Castelli nel 1982 e che gli è sopravvissuto? L’ho spiegato in una recensione pubblicata su questo blog a proposito di un volume edito da Cut-Up Publishing, intitolato “I due dottori”,  che potete leggere cliccando sul titolo colorato. Ne riporto qui di seguito i punti essenziali, che cercherò di riepilogare.
Lo scrittore francese Paul Deleutre (1856-1915), che si firmava con lo pseudonimo di Paul d'Ivoi, fu autore di molti romanzi e racconti d'avventura che si inserivano nel filone dei "Viaggi straordinari" di Jules Verne. Fra questi, pubblicò nel 1900 il romanzo "Docteur Mystère", illustrato (come all'epoca si usava) con tavole di Louis Bombled. Protagonista ne era un ricco e presumibilmente nobile indiano, il cui vero nome rimane ignoto e che si fa chiamare così come risulta dal titolo in copertina. Costui, caratterizzato da una cultura enciclopedica e dal fatto di viaggiare su un "Hotel Elettrico" di sua invenzione, ha come assistente un giovane francese, trovatello, soprannominato Cigale, ed è giunto in Europa per compiervi una missione misteriosa. Mentre il Docteur non compare più, se non di sfuggita, in altri romanzi di d'Ivoi, Cigale invece diviene protagonista di una serie tutta sua. Trascorso quasi un secolo, nel 1994, Alfredo Castelli scopre in una libreria antiquaria una edizione di "Docteur Mystère", si incuriosisce per la corrispondenza del nome del personaggio principale con quello di Martin Mystère, l'eroe a fumetti da lui creato, e decide di inserire il ricco indiano di d'Ivoy nella saga del suo Detective dell'Impossibile, facendone un antenato. Come conciliare, però, i tratti somatici WASP di Martin con le sembianze etniche tipiche dell'India del Docteur? In una storia del 1996 Castelli spiega che Cigale era stato adottato dal suo mentore, assumendone come cognome proprio "Mystère". Quindi Martin Mystère si rivela essere discendente dal trovatello francese e giustamente può avere i capelli biondi. Il Buon Vecchio Zio Alfy non si ferma qui: nel 1998 trasforma il Docteur Mystére e Cigale in protagonisti di avventure scritte ex novo (da lui e da Carlo Recagno) pubblicate in albi fuori serie del Buon Vecchio Zio Marty (gli Almanacchi del Mistero) e ristampate poi in volumi cartonati, in Italia e all’estero (con apparizioni persino su spillati distribuiti in occasione di fiere e su quotidiani). Le caratteristiche dei due personaggi, ricreati graficamente da Lucio Filippucci, risultano un po' diverse da quelle degli eroi di d'Ivoi, ma resta il sapore della letteratura d'appendice e il fascino dell'ambientazione ottocentesca o d'inizio Novecento, il tutto contaminato con un sottofondo di brioso umorismo, un pizzico di elementi sexy, ed esotismo.
Il tomo “oblungo” dal titolo “Veritiere memorie del Docteur Mystère raccontate da lui medesimo ai famosi artisti Castelli & Filippucci” raccoglie, nel formato “a striscia” di cui si è detto, le ultime tre avventure che non erano ancora state ristampate. La prima, datata dicembre 1988, apparve in prima edizione sull’ “Almanacco del Mistero 1999, e fin dal titolo (“Gli scorridori del Selvaggio West”) dichiara l’intenzione di vedere il Docteur Mystére, Cigale e il loro “Hotel Elettrico” (una specie di camper-autotreno) alle prese con gli stereotipi del western. Stereotipi che Castelli stravolge non soltanto trascinando Radetzky nel Lontano Ovest ma anche svelando che Calamity Jane è in realtà l’italianissima Bella Gigogin. La seconda storia, “Gli orrori del castello maledetto”, pubblicata per la prima volta sull’ “Almanacco del Mistero 2004”, ha per scenari quelli gotici dei racconti di paura ambientati sui Carpazi o in Transilvania, con un tenebroso maniero abitato da un vampiro e un gobbo di nome Igor. Non mancano il solito Radtzky e il suo topo. La terza avventura, “La donna caduta dal cielo” (pubblicato inizialmente sullo speciale “Martin Mystère: Generazioni” del 2003), ambientata nella Londra dickensiana, non porta la firma di Castelli, sostituito ai testi (fornendo un’ottima prova) da Carlo Recagno, il quale, da appassionato “trekker” qual è, inserisce nella storia collegamenti con i viaggi nel tempo e, appunto, a Star Trek, riuscendo a farci stare anche due personaggi tolti di peso dalla saga mysteriana, Dee e Kelly.  Ogni storia è introdotta da un brevissimo prologo in cui compare Martin Mystère che riceve, in modo sempre originale e diverso, un plico inviatogli dallo zio Paul,  contenente il resoconto dell'avventura che sta per cominciare, spacciato come un estratto dai "veritieri" diari dell'antenato Docteur. Confido in altri volumi “oblunghi”.


giovedì 12 giugno 2025

BIBBIA RIDENS

 
 
 

 
 
Roberto Beretta
Elisabetta Broli
BIBBIA RIDENS
Piemme
2005, brossurato
152 pagine, 10 euro

Ho sempre sostenuto che il proverbio “scherza sui fanti e lascia stare i santi” non sia del tutto fondato, perché, secondo me, la maggior parte dei santi sono (in quanto saggi e illuminati) più spiritosi della maggior parte dei loro devoti. I martiri, poi, figuriamoci se non sanno accettare una battuta dopo aver sopportato il martirio. E poi, la verità è che l’umorismo è la cura e non la malattia. Non di rado la burla rivela la verità, o una delle tante, e infatti, come si sa, Arlecchino si confessò burlando. E per finire, a mettere paletti su ciò su cui si può scherzare si comincia dai santi e non si sa dove si finisce. La censura è sempre una sconfitta. Senza dubbio ci sono suscettibilità diverse, ma quella dei faceti dovrebbe valere quanto quella dei seriosi. Altrimenti i permalosi fanno le stragi nelle redazioni dei giornali umoristici, e invece di rispondere a una vignetta satirica con impugnando anche loro i pennarelli lo fanno imbracciando il mitra. Mi rendo conto di averla fatta troppo lunga, soprattutto per arrivare a parlare di un libro assolutamente innocuo come “Bibbia ridens”. Però, come autore dei testi di una serie pubblicata ogni mese sul “Vernacoliere” intitolata “La Bibbia secondo Burattini & Jogg” mi sento di parlare come Cicero pro domo mea. Per carità, assicuro che io e James Hogg siamo, o cerchiamo di essere, tutto fuorché blasfemi e ci concediamo solo spiritosaggini del tipo che Gesù bambino si allena ai miracoli moltiplicando i pesci rossi nella boccia di vetro o che Eva si fa una borsetta di pelle di serpente non resistendo alla tentazione. “Bibbia ridens” (da cui per il “Vernacoliere” non ho copiato nessuna battuta, almeno che mi sia accorto) propone contenuti eterogenei tutto sommato piuttosto annacquati, tant’è vero che l’editore è Piemme e i due autori sono uno un giornalista di “Avvenire” e l’altra una studiosa di teologia. Roberto Beretta e Elisabetta Broli raccolgono aforismi, battute e barzellette (testi scritti) alternandoli con alcune vignette (disegnate) di Emanuele Fucecchi, anch’egli diplomato in scienze religiose. Si comincia con il livello alto di Marcello Marchesi che chiede: “Dio, dammi un assegno della tua presenza!”, per poi adagiarsi su arguzie quali “Cosa dice Adamo quando vuol fare l’amore con Eva? Sfogliati!”. Ma anche: Noè vede che sull’arca c’è un pesce da solo senza la compagna, è il pesce sega (divertente, ma ci si chiede se sull’arca ci fossero anche i pesci, forse solo quelli di acqua salata). Aforismi di autori illustri e battute folgoranti di autori ignoti sono la parte migliore del libro, meno brillanti le barzellette, alcune delle quali forzatamente adattate ai riferimenti biblici. Una fra le cose migliori, i tre motivi per sostenere che Gesù fosse in realtà un portoricano: 1) si chiamava Jesus; 2) aveva guai con la legge; 3) sua madre non era sicura di chi fosse suo padre. La migliore barzelletta in assoluto, è quella iniziale sui due amici al bar: “Ieri sera ho visto in TV un bellissimo film: ‘La Bibbia’”, dice uno, e aggiunge: “Non sai se per caso è già uscito il libro?”.



 

sabato 15 marzo 2025

IL NATALE DI FRA TINO

 

 
 
Athos
IL NATALE DI FRA TINO
Sbam!
2023, brossurato
80 pagine, 13 euro


Dopo aver dedicato, nel 2021, una prima antologia alle tavole di Fra Tino, la benemerita Sbam! aggiunge, due anni dopo, una seconda raccolta, questa volta a tema. Nel mezzo fra le due date c’è quella del quarantennale del personaggio, pubblicato a partire dal 1982 prima, e a lungo, sul “Giornalino” e poi ospitato su “Famiglia Cristiana”, sulle cui pagine ha potuto festeggiare i quattro decenni di ininterrotta produzione. Artefice dell’impresa, sia per i testi che per i disegni, l’emiliano (ma milanese di adozione) Atos Careghi (classe 1939), in arte Athos, vignettista all’opera a partire dal 1951 anche su varie altre testate (da “La Settimana Enigmistica” alla “Gazzetta dello Sport”). Fra Tino è un personaggio a fumetti sui generis, perché le nuvolette che danno il nome, in Italia, al fumetto stesso, proprio non ci sono: le tavole, essenziali anche nel tratto, sono rigorosamente mute. Eppure ciò che raccontano, nella stessa maniera di un film senza sonoro o dello spettacolo di un mimo, è immediatamente comprensibile anche (e soprattutto) dai bambini a cui principalmente sembra rivolgersi il delicato autore. Sembra, perché poi la poesia delle immagini riesce a sorprendere e far sorridere anche i più grandi. Il protagonista è un candido fraticello pelato, che vive con un piccolo gruppo di confratelli in un convento in cui ognuno è dedito alle proprie mansioni ma dove uno dei divertimenti è giocarsi scherzi a vicenda e soprattutto giocarne a Fra Tino, forse il più giovane, che però riesce ogni volta a ribaltare la situazione. Il fraticello  colora i fiocchi di neve, vede il bello e il poetico in ogni cosa,
ama ed è riamato dagli animali,come un novello San Francesco, però senza stigmate. Nonostante il saio indossato dai personaggi, non si nota un intento di propaganda religiosa o confessionale, ma è indubbio che le tavole di Athos, così solari e gioiose, solleticano la spiritualità e spingono a guardare con occhi incantati la realtà materiale. Si è detto che questa antologia è a tema: il tema è appunto, come suggerisce il titolo, quello delle festività natalizie. Una particolarità è che il volume si apre con la prima e unica storia lunga di Fra Tino, uscita nel 1990 (mentre il resto della produzione si sviluppa su singole tavole). 

domenica 9 marzo 2025

CICO STORY

 
 
 
Guido Nolitta
Gallieno Ferri
CICO STORY
Sergio Bonelli Editore
2024, cartonato, 2024
130 pagine, 24 euro

Scrive Sergio Bonelli: “Nel periodo  di tempo compreso tra il 1979 e il 1983, le limitate dimensioni della Casa editrice e la mia conseguente disponibilità di tempo libero mi indussero a dare sfogo a una vocazione che già si era manifestata tra le pagine avventurose e persino drammatiche della serie di Zagor che firmavo con lo pseudonimo di Guido Nolitta. Alludo alla possibilità di scatenare liberamente la mia vena ironica in un albo speciale in cui Cico assumeva il ruolo di protagonista assoluto”. 
 
La vocazione umoristica e la vena ironica nolittiane erano perfettamente assecondate dal disegnatore Gallieno Ferri, in grado di passare dalle atmosfere più cupe (come quelle de “La casa del terrore” o di “Alba tragica”) a quelle assolutamente ilari delle gag e degli sketch di Felipe Cayetano Lopez Martinez y Gonzales (questo il nome completo del compagno di mille avventure dello Spirito con la Scure). Con l’albo fuori-serie intitolato "Cico Story", uno spin-off di 120 tavole della collana Zenith, uscito durante l'estate del 1979, si inaugurava non soltanto la collezione degli speciali di Cico, ma anche la consuetudine degli “speciali” bonelliani, di cui il volumetto “extra” dedicato al buffo messicano rappresenta appunto il capostipite. Il riscontro di pubblico fu così notevole, che Sergio Bonelli (autore dei testi con lo pseudonimo di Guido Nolitta, ma anche editore di se stesso) tornò all'arrembaggio per cinque estati consecutive. Dopo “Cico Story” escono con cadenza annuale “American Cico”, “Un pellerossa chiamato Cico”, “Cico Sceriffo” e quindi “Fanta Cico” (1983). Con questo gustoso divertissement spaziale (parodia dei classici della fantascienza) si chiude la sequenza degli albi chichiani firmati da Nolitta e Ferri, i successivi ventitré portano la firma di altre coppie di autori (ben venti, quella di Moreno Burattini e Francesco Gamba). Il volume di cui vedete la foto in apertura, presentato in occasione di Lucca Comics 2024, è la riedizione in volume cartonato e a colori dell’albo che nel 1979 vendette la bellezza di 173.861 copie, come lo stesso Bonelli dichiarò presentando il sequel, “American Cico”.

Nell’esilarante  “Cico Story” il nostro Felipe Cayetano ci viene prima mostrato bambino a Veracruz, sua città natale, e poi possiamo seguirlo in  rapida crescita attraverso varie peripezie, fino al momento in cui il buffo eroe decide di varcare la frontiera ed emigrare negli Stati Uniti. Una particolarità di “Cico Story” è quella di riallacciarsi, quanto a “cornice” o “pretesto” narrativo, a un caposaldo della saga dello Spirito con la Scure, vale a dire “Zagor Racconta”, l’albo in cui l’eroe di Darkwood racconta al fido messicano la storia della propria vita. All’interno, il pancione narra all’amico il suo passato nello stesso contesto in cui si era svolto l’altrui resoconto. Infine, resta da notare come alcuni dei parenti di Cico di cui facciamo la conoscenza in questo volume (come la sorella Maria) facciano ritorno in avventure della serie regolare (quali “Sangue Apache” o “Sulla pista del nemico”), mentre alcuni altri congiunti qui assenti (per esempio, il nonno farmacista) siano destinati a comparire in albi successivi della collana. 

Qui di seguito riporto una mia disamina del personaggio scritta come introduzione a una pubblicazione dedicata a Cico dalle Edizioni If.

FELIPE CAYETANO ECCETERA ECCETERA
di Moreno Burattini

Nessun personaggio bonelliano è così comico come Cico. Nessuno, soprattutto, così pienamente, compiutamente, complicatamente comico al pari di lui. Cico sembra, in realtà, un personaggio piuttosto semplice, tale da non aver bisogno di nessuna particolare disamina. Invece, le implicazioni e i piani di lettura da approfondire ci sono. Cercheremo di farlo, qui e nell’introduzione dei prossimi volumi. Il nostro eroe è messicano e in realtà non si chiama Cico (termine che in spagnolo, scritto con una acca in più, vuol dire “ragazzo”), ma Felipe Cayetano. Vanta poi una sfilza di cognomi degna delle migliori dinastie di Spagna. La lista più accreditata ne comprende tre: Lopez Martinez y Gonzales. Tuttavia, in altre circostanze l’elenco è fornito in modo diverso e in “American Cico” ne troviamo uno particolarmente esteso: Gonzales y Rodriguez y Martinez y Consalvo y Morales y Rosales y Ramirez y Hernandez y Esopinosa.   In ogni caso, gli indiani lo chiamano "Piccolo Uomo dal Grande Ventre".  E’ sulla breccia ininterrottamente dal 1961, anno in cui fece la sua prima apparizione insieme a Zagor, in un albetto a striscia intitolato "La Foresta degli Agguati", proprio quello con il quale inizia la saga dello Spirito con la Scure (così l’eroe viene chiamato dagli indiani della foresta di Darkwood, dove sono ambientate le sue storie). Potremmo spingerci anche molto indietro nel trovare i “tipi” popolari antichi e moderni di cui Cico è la “summa”. Senza scomodare Aristofane o Plauto, e neppure Boccaccio o Goldoni, si potrebbero citare Cervantes e il suo Sancho Panza. Buffo, grassottello, pasticcione nato, Cico sembra, a prima vista, un assistente improbabile per un eroe d’azione. Ma, nonostante sia tutt’altro che coraggioso, il panciuto messicano segue l’amico dovunque vada e qualche volta con un suo intervento riesce persino a toglierlo dai guai. Non lo si creda tuttavia una semplice “spalla” o, peggio, uno scudiero. Il pancione messicano è un personaggio in grado di tenere la scena anche da solo, quale perfetto personaggio umoristico. Per l’umorismo, del resto, Sergio Bonelli (creatore del personaggio nei panni del suo alter ego Guido Nolitta, il nome-de-plume con cui firmava le sue sceneggiature)  aveva un vero talento. La cosa non meraviglia chi abbia assistito a quegli incontri con il pubblico in cui un Sergio in piena forma intratteneva l’uditorio con la verve di un brillante cabarettista. Bonelli aveva innegabilmente una perfetta padronanza delle regole e dei tempi del comico. Con il microfono in mano e qualcuno disposto a starlo a sentire, Sergio era irresistibile. Sapeva cogliere il lato divertente di ogni circostanza, raccontare aneddoti con il talento di un cabarettista e condire di ironia (e autoironia) qualsiasi discorso. Di questa sua capacità di divertire il pubblico faceva parte anche una buona dote recitativa, fatta di borbottii e di mugugni infilati al momento giusto a corredo di sguardi e smorfie degne del miglior palcoscenico. Nessuna meraviglia, dunque, se quando vestiva i panni dello sceneggiatore di fumetti, Sergio non poteva fare a meno di infilare l’umorismo nelle sue storie. Grazie a Cico. aveva trovato il modo di dar sfogo alla sua vena comica. Gallieno Ferri, versatile creatore grafico del character, ha saputo fin dall’inizio assecondare l’estro nolittiano rivelandosi un maestro anche come disegnatore umoristico. Tutte le più classiche avventure dello Spirito con la Scure cominciano con dieci, venti, trenta, persino cinquanta tavole completamente dedicate agli sketch del simpatico pancione. La saga di Zagor, si badi bene, è densa di avventure epiche e drammatiche, ma con le scenette del messicano sempre a fare da contrappunto ai momenti di maggior tensione. A un primo, sommario esame, le caratteristiche e il ruolo del  pancione possono sembrare simili a quelle delle tradizionali macchiette comiche abbinate ai classici eroi dei fumetti degli anni Cinquanta. Salasso e Doppio Rhum, tanto per fare degli esempi, erano al seguito di Capitan Miki; Roddy e il Professor Occultis erano i giullari alla corte di Blek. Anche Gim Toro aveva amici spiritosi, così come Maschera Nera (un personaggio western di Max Bunker con un amico chiamato Slitta). La differenza fra Cico e altre “spalle” umoristiche del fumetto consiste non solo nella quantità della presenza sulla scena, ma anche nella sua qualità. Il pancione, nelle storie scritte da Nolitta, ingombra molto di più il palcoscenico rispetto ai colleghi. Uno dei suoi ruoli, ovviamente, è quello di fornire il punto di vista del lettore all’interno della storia (il classico ruolo del Watson utile a Conan Doyle perché Sherlock Holmes abbia qualcuno a cui spiegare tutti i suoi perché e i percome). Ma Cico fa anche da alleato, da commentatore, da diversivo, da motore dell’azione, da deus ex machina, da angelo custode, e soprattutto riesce a brillare comunque di luce propria. Fin dalla sua prima apparizione, Guido Nolitta,  ha concesso a Cico tutta la corda di cui il character aveva bisogno. Come se non bastasse, solo dopo cinque speciali dedicati a Cico, anche Zagor ne ha avuto uno tutto suo.



martedì 6 agosto 2024

IL PASSATO DI VIVIANE, L'INFERMIERA



 

Filippo Pieri
Cryx
IL PASSATO DI VIVIANE, L'INFERMIERA
Sbam!
2024, brossurato
64 pagine, 10 euro 

Filippo Pieri e Cristiano Cryx Corsani ci consegnano il terzo, divertente libro di Viviane, "Il passato di Viviane, l'infermiera".  Che poi è il prequel del primo, "Viviane, l'infermiera" di cui abbiamo parlato qui (e che aveva una mia prefazione):

https://utilisputidiriflessione.blogspot.com/2018/07/viviane-linfermiera.html

e quindi precede anche il secondo, "Sulle tracce di Viviane, l'infermiera", recensito invece qui:
Così come la seconda puntata aveva caratteristiche diverse dalla prima (humor amaro e alanfordiano contro commedia sexy soft), questa terza (che cronologicamente precede le altre) è diversa da entrambe, proponendo un intreccio brillante di equivoci e situazioni da sit-com alternate a skeytches e gag slapstick, in un alternarsi di personaggi che vanno e vengono togliendo la scena alla protagonista, Viviane, che pur essendo la primadonna finisce per recitare meno degli altri (il che va benissimo) partecipando però da comprimaria al gioco di squadra. Gli spunti sexy sono ridotti al minimo sindacale, ma ci sono parecchie buone battute e qualche divertente colpo di scena. Mi sono sembrati buffi soprattutto i due investigatori privati Ordigno Belluomo e Dinamitardo Bellino (i cui genitori erano ammiratori  della cantante Mina), che fra i tanti rimandi che si possono rintracciare assomigliano a Smalto & Johnny di Pezzin e Cavazzano.  Filippo Pieri, che da grande non voleva fare il pompiere (ma il fumettaro), e il sodale Cryx, che a un certo punto della vita ha sbagliato bivio trovandosi a lavorare come informatico (come si autoraccontano) si confermano sceneggiatore e disegnatore del dopocena ma con il vantaggio di divertirsi nel potersi sbizzarrire senza vincoli di orario e senza dover timbrare il cartellino.
 
 

mercoledì 24 aprile 2024

ASTERIX E L’IRIS BIANCO


 

Fabcaro
Didier Conrad
ASTERIX E L’IRIS BIANCO
Panini Comics
2023, cartonato
50 pagine, 12.90 euro

Gli albi di Asterix entrano negli “anta”. “Asterix e l’Iris Bianco” è infatti il quarantesimo della serie (iniziata con “Asterix il Gallico” nel 1961). Dei due creatori, lo sceneggiatore René Goscinny e il disegnatore Albert Uderzo, il primo è morto nel 1977 (24 storie all'attivo), il secondo è scomparso nel 2020 e la sua ultima storia è stata "Il compleanno di Asterix e Obelix" del 2009 (autore anche della sceneggiatura). Dopodiché, per altri cinque volte le avventure degli eroi gallici sono state disegnate da Didier Conrad e scritte da Jean-Yves Ferri. Il precedente volume era stato "Asterix e il Grifone".
Conrad (praticamente indistinguibile da Uderzo) viene confermato, mentre per la prima volta a scrivere i testi è Fabrice Caro, in arte Fabcaro – che, va detto, se la cava piuttosto bene. Anzi, continua a essere incredibile come i continuatori della serie riescano a restare fedelissimi ai padri fondatori, pur facendo satira e ironia su temi della contemporaneità, come il traffico in autostrada, i ritardi dei treni ad alta velocità, il sushi e la nouvelle couisine, la moda delle discipline spirituali. Proprio una di queste, chiamata appunto “Iris Bianco”, crea scompiglio nel villaggio gallico di Asterix e Obelix. A ideare il nuovo metodo  caratterizzato da un “pensiero positivo” è il medico capo degli eserciti di Cesare, Vitiumvirtus, che così spiega: “Dentro di noi abbiamo tutti un fiore che aspetta di sbocciare nella gentilezza”. L’impatto della contagiosa filosofia dai connotati new age sui battaglieri Galli guidati da Abraracourcix è impressionante: arrivano persino a tollerare il canto del bardo Assurancetourix. Ma a cadere succube dei modi suadenti e poetici di Vitiumvirtus è soprattutto Beniamina, la moglie del capo, che si convince addirittura di voler abbandonare il rustico villaggio trasferendosi a Lutezia, cioè a Parigi, città senz’altro più consona al suo animo gentile e floreale. Asterix e Obelix partono subito nella missione di recupero, prima che la donna venga consegnata a Cesare, da cui sarebbe subito usata come ostaggio. Gag, battute, trovate in ogni tavola, tutte deliziose quando non esilaranti. Che bello avere sempre una nuova avventura di Asterix da aspettare, certi che gli autori non ci tradiranno mai.



venerdì 23 febbraio 2024

LA GIOVENTU’ DI MICKEY

 


Tebo
LA GIOVENTU’ DI MICKEY
Panini Comics
cartonato, 2023
80 pagine, 16.50 euro

Sempre deliziosi i volumi (veri e propri grahic novels) editi Oltralpe dalla Glénat in accordo con la Disney. Si tratta di cartonati da libreria nel classico formato “alla francese” affidati ad artisti a cui è concessa la facoltà di uscire, utilizzando il buon senso, dai paletti dell’ortodossia disneyana interpretando, o reinterpretando, i personaggi legati ai microcosmi di Topolinia e Paperopoli, perlopiù rifacendosi ai cartoni animati o alle strisce delle origini. Ne abbiamo già parlato in questo spazio, per esempio qui e qui (cliccate sui “qui” colorati se volete leggere come). La reinterpretazione di Topolino da parte di Tebo (Caen, 1972) è piuttosto libera, rispetto al Mickey Mouse della tradizione: diciamo che  un “altro” topo, anche se lo spirito avventuroso dei primi cartoni animati e delle prime strips è riconoscibile (come riconoscibili sono Minni, Gambadilegno, Pippo e Paperino che compaiono nel racconto). La prima stranezza è vedere un Topolino ormai vecchio che racconta la propria gioventù al pronipote Norberto, facendo sorgere nel ragazzino (sveglio ma disposto a farsi incantare dalla narrazione) il dubbio che il prozio si stia inventando tutto. A proposito di invenzioni, il Mickey di Tebo è un fantasioso inventore (di una pistola sparamaionese, di un casco a elica antipioggia, di un sommergibile il cui pilota viaggia a testa in giù, di un macchinario per fabbricare la cioccolata…), il che mi pare sia una trovata inedita che offre lo spunto per una serie infinita di gag attraverso gli anni che vanno dall’epoca del Far West fino a quella dell’esplorazione della Luna, passando attraverso la Prima Guerra Mondiale e il Proibizionismo (è vietato il cacao). Gag, va detto, molto divertenti. I disegni sono lontani dallo standard disneyano ma assolutamente deliziosi ed efficaci. Insomma, lettura consigliata a pieni voti anche ai lettori di provata fede Disney.


domenica 18 febbraio 2024

MICKEY'S CRAZIEST ADVENTURES

 


Lewis Trondheim
Keramidas 
MICKEY'S CRAZIEST ADVENTURES
Panini Comics
cartonato, 2023
50 pagne, 15 euro
 
Ci erav
amo già imbattuti in Trondheim e Keramidas parlando di un altro volume (In realtà, precedente a questo) della collana "Disney Collection", che propone strepitosi volumi "alla francese", realizzati per l'appunto in Francia (anche se talvolta con il contributo di autori italiani), con protagonisti i personaggi dell'universo disneyano, reinterpretati in modo insolito, rispettoso (se non addirittura affettuoso) ma non canonico. I due autori di "Mickey's Craziest Adventures" sono gli stessi di "Alla ricerca delle felicità" (cliccare per saperne di più) ed è la stessa la colorista Brigitte Findakly.  
Trondheim e Keramidas usano, quale espediente narrativo che giustifichi le caratteristiche di entrambe queste loro storie, tanto bizzarre quanto irresistibili, il ritrovamento in un mercatino dell’usato di alcuni numeri di vecchi albi disneyani di cui si era persa la memoria. Qesto volume nasce, perfinzione narrativa, dal ritrovamento di una collana intitolata “Mickey’s Crazies Adventures” (dunque dedicata a Topolino); in "Alla ricerca della felicità" (il secondo titolo) a saltar fuori da una polverosa bancarella è un intero pacco di “Donald’s Quest”, una testata con invece protagonista Paperino, naturalmente mai vista prima. Lewis e Nicolas ripropongono dunque una avventura completa così come dicono di averla riscoperta, cioè con le pagine un po’ stropicciate e ingiallite dal tempo, qualche macchia di unto su certe vignette, i colori retinati tipici di un tempo, degli strappi e delle abrasioni. Un falso perfetto, tradito solo dal disegno più moderno di quanto ci si aspetterebbe, o perlomeno decisamente non barksiano (ma efficacissino). 
 Il racconto procede sulla misura di una tavola per volta, vale a dire che ogni pagina (quattro strisce) si propone come autoconclusiva, con una battuta finale, come le domenicali americane di un tempo, ma la tavola successiva si riallaccia alla precedente portando avanti il racconto. A complicare e rendere più diverteti le cose c'è una trovata aggiuntiva: non tutte le tavole sono state ritrovate, per cui , per esempio, si cominvcia con la seconda mancando la prima, si salta alla quarta, poi alla settima e via dicendo. Al lettore viene lasciato il compito di immaginare cosa accada tra una puntata e l'altra. E davvero accade di tutto. 
Come già in "Donald's Quest" il microcosmo di Topolino si intreccia con quello di Paperino, e i due vivino rocabolesche avventure alla ricerca del denaro sottratto a Zio Paperoni dai Bassotti grazie a una invenzione di Archimede Pitagorico che riduce persone e oggetti alle minime dimensioni, ma nell'indagine compaiono Basettoni e Pippo, il professor Enigm e le Giovani Marmotte, Minni e Paperina. Si va sulla Luna, in fondo agli oceani, nella giungla e fra le nevi himalayane, al ritmo di gag irresistibili. Fumetto allo stato puro, evviva!

venerdì 16 febbraio 2024

CRONACHE DEL MONDO PRIMA DELLA RISOLUZIONE

 


Marco De Angelis
CRONACHE DEL MONDO PRIMA DELLA RISOLUZIONE
Sbam!
brossurato, 2023
210 pagine, 20 euro


“Reperti satirici sulla fine dell’umanità”, recita il sottotitolo, poco sopra l’illustrazione di copertina che mostra un robot scaldarsi bruciando libri in uno scenario da dopobomba. La cover non soltanto rende ragione dei contenuti interni ma ben spiega quale sia la portentosa magia di quegli umoristi che con la forza di una vignetta, senza bisogno di parole, comunicano un messaggio di portata planetaria, persino impossibile da spiegare nello spazio di un articolo di giornale o, talvolta, addirittura in quello di un libro. Il linguaggio dell’illustrazione satirica parla tutte le lingue, ed è per questo che lo possono comprendere anche gli illetterati senza bisogno di mediazione e fa paura ai censori, ai tiranni, ai terroristi. Marco De Angelis (Roma, 1955) è un mostro di bravura, persino più noto all’estero che in Italia, ed ha pubblicato su circa 200 testate ricevendo oltre 150 riconoscimenti internazionali. Per il suo tratto grafico lo si potrebbe paragonare a Quino. Sbam! Raccoglie duecento suoi lavori a colori in una sorta di “best of” suddiviso per temi: la guerra, l’ambiente, la tecnologia, la libertà, i migranti, il rapporto uomo-donna, il consumismo, la società. La riflessione di De Angelis non è mai faziosa e violenta, ma colpisce nel segno: si sorride amaramente e di solito si annuisce in silenzio. Due i testi a commento: l’introduzione di Thierry Vissol (direttore del Centro “Librexpression, del cui consiglio scientifico De Angelis fa parte) e una postfazione di Luigi F. Bona (direttore del Museo del Fumetto di Milano).

sabato 10 febbraio 2024

L'ANNO DEL GIARDINIERE

 


 
Karel Čapek
L’ANNO DEL GIARDINIERE
Sellerio
Brossurato, 2021
180 pagine, 14 euro

Il nome dello scrittore ceco Karel Čapek (1890-1938) viene ricordato, di solito e soprattutto, per essere l’inventore di una delle parole entrate nei vocabolari di tutte le lingue nel corso del ventesimo secolo e che praticamente usiamo o sentiamo usare tutti i giorni (e sempre più lo faremo): la parola “robot”. Čapek la usò per la prima volta (pare facendo suo un suggerimento del fratello Josef, disegnatore satirico) in un testo teatrale del 1920, guarda caso l’anno di nascita di Isaac Asimov (le cui iniziali sono peraltro le stesse di Intelligenza Artificiale), che nel 1950 avrebbe pubblicato la raccolta di racconti “Io, Robot”. Il dramma si intitolava “R.U.R” il cui protagonista, il luciferino Rossum, inventa degli operai meccanici chiamati “robot” come abbreviazione della parola ceca “robota”, che significa “lavoro pesante”. Ho rintracciato il punto esatto del testo in cui per la prima volta si cita il termine, ed eccolo: «Rossum inventò l'operaio con il minor numero di bisogni. Dovette semplificarlo. Eliminò tutto quello che non serviva direttamente al lavoro. Insomma, eliminò l'uomo e fabbricò il Robot». Tutto questo lo dico soltanto per curiosità, dato che non c’entra assolutamente nulla con “L’anno del giardiniere”, pubblicato nel 1929, tranne appunto il fatto che stiamo parlando dello stesso scrittore. Uomo peraltro molto brillante che era (dice nella sua introduzione la traduttrice e curatrice dell’agile libretto, Daniela Galdo) straordinariamente talentuoso nell’uso dei tanti sinonimi ricchi di sfumature di cui dispone la lingua ceca. Era dotato di humor e di grande versatilità, e veniva criticato dai colleghi più paludati che disapprovavano la sua attitudine a sprecare il proprio talento in scritti di poco conto. Scrisse romanzi, opere teatrali, saggi, feuilleton, racconti per bambini, cronache di viaggio. Morì giovane (a 48 anni), lasciando una gran quantità di opere che apparvero postume. Nel 1925 scrisse a un amico di essere stato contagiato dalla passione per il giardinaggio: “se andrà avanti così, lascerò la letteratura e mi dedicherò solo al mio giardino”. Cominciò perfino a raccontare le sue esperienze con la cura delle piante in una rubrica fissa sulla prima pagina del quotidiano “Lidové Noviny”, che tenne fino al giorno della sua morte, avvenuta nel 1938. “L’anno del giardiniere” esamina, in brevi e deliziosi capitoli, tutti i mesi delle quattro stagioni dal punto di vista dei maniaci del giardinaggio, non tanto per dare consigli pratici da manuale, ma descrivendo in modo spiritoso, a tratti esilarante, tutte le piccole e grandi fisime del tipico estirpatore folle di erbacce, rasatore di prati perfetti, potatore millimetrico, programmatore di semine, serchiatore di zolle e chi più ne ha più ne metta. Un affettuoso ritratto della categoria, in cui chi cura un giardino non può non riconoscersi. Chi invece non ha questa fortuna, leggendo potrebbe cominciare a desiderare di comprare il primo rastrello.

sabato 20 gennaio 2024

DINOSAURI CHE CE L'HANNO FATTA

 


Leo Ortolani
DINOSAURI CHE CE L'HANNO FATTA
Laterza
cartonato, 2020
138 pagine, 15 euro
 
Ogni volume a fumetti di Leo Ortolani sorprende e diverte (personalmente sono stato sorpreso anche dall'insolito editore, Laterza) e anche questo dunque fa molto ridere (in questo non è una sorpresa, in effetti). La quarta di copertina mette in chiaro il carattere divulgativo dell'opera: vi si parla del regno dei dinosauri, "l'epoca più selvaggia e feroce che il nostro pianeta abbia mai conosciuto, prima dell'arrivo degli adolescenti".  La prima tavola conferma ancora di più che si vuol fare divulgazione: facciamo conoscenza, infatti, del conduttore di un programma televisivo chiamato "Misterius" (conduttore nel quale scatta l'irrefrenabile voglia di riconoscere Roberto Giacobbo), destinato a erudire e meravigiare l'incolta plebe. Il conduttore, con fare didattico e didascalico, ci introduce ai misteri del Mesozoico, del Permiano, del Triassico, del Giurassico e del Cretaceo, svelando i segreti della paleontologia e della ricerca ossessiva delle feci fossili dei dinosauri dalle quali tante cose si possono imparare. Il bello è che, pur mettendo tutto in burla, Ortolani (che non a caso è un geologo, come ben sanno tutti i suoi più fedeli lettori) divulga davvero e sostanzialmente spiega i diosauri meglio di molti conduttori televisivi (del resto l'autore non è nuovo a raccontare la scienza con l'umorismo, basterà pensare alla sua collaborazione con l'ESA). Naturalmente le battute e le gag non si contano e a me ha fatto paricolarmente ridere quella del Tirannosauro che non offre mai da bere agli amici perché ha il braccino corto. 
 

sabato 30 dicembre 2023

TRE UOMINI IN BARCA

 


 
Jerome Kapkla Jerome
TRE UOMINI IN BARCA
(PER NON PARLAR DEL CANE)
Feltrinelli
Universale Economica
Brossura, 2013
210 pagine, 8.50 euro


E’ dal 1889 che Three Men in a Boat (To Say Nothing of the Dog) fa ridere il mondo (almeno quello occidentale, poi può darsi che arabi, cinesi o polinesiani ridano di cose loro), e io non credo di aver mai letto nulla di più divertente. Sicuramente l’umorista inglese Jerome Kapkla Jerome, (Kapkla è una errata trascrizione anagrafica per Clapp) va considerato tra i benefattori dell’umanità. Nato nel 1859, scomparso nel 1927, in gioventù passò da un impiego all’altro facendo anche l’attore teatrale prima di lavorare come giornalista. Nel 1888 sposò Georgina Stanley Marris (da lui chiamata Ettie), strappandola a un precedente marito (evidentemente meno simpatico di lui), e la portò in una romantica luna di miele lungo il Tamigi risalendo e costeggiando il fiume per alcuni giorni a bordo di una barca a remi. Al ritorno, gli venne l’idea di scrivere una guida turistica per chi avesse voluto fare altrettanto, e propose al suo editore un manuale intitolato “La storia del Tamigi”. Per rendere più accattivanti le descrizioni storico e geografiche, Jerome cominciò però a intervallarle con aneddoti umoristici. L’editore ne fu così divertito che impose all’autore di ridurre al minimo la parte didascalica e dar spazio alla comicità quanto più possibile. “Tre uomini in barca”, insomma, nacque per caso. I tre uomini sono lo stesso Jerome (che narra in prima persona), più due suoi amici, Harris e George, e un fox terrier chiamato Montmorency, protagonista come gli altri a pieno titolo. Tutti e tre gli uomini in barca sono esistiti veramente, così come vengono descritti e caratterizzati: Harris si chiamava in realtà Carl Hentschel, George faceva di cognome Wingrave ed era davvero un impiegato di banca, per qualche tempo coinquilino di Jerome. L’equipaggio parte per una gita in barca risalendo il Tamigi, nonostante nessuno di loro sappia manovrare l’imbarcazione. Alla narrazione dei vari incidenti di percorso si unisce quella di episodi che tornano in mente all’autore, e che costellano il romanzo come divagazioni ricorrenti ed esilaranti. Indimenticabili l’episodio dello zio Podger che appende un quadro, quello dei formaggi trasportati in treno, quello della trota di gesso, quello della canzone comica tedesca. Ma chi potrebbe dimenticare l’incipit del romanzo, con Jerome che, leggendo una enciclopedia medica, scopre di avere, stando ai sintomi, tutte le malattie elencate tranne il ginocchio della lavandaia? L’umorismo di “Tre uomini in barca” non nasce da intrecci farseschi, ma dall'osservazione delle situazioni più comuni e quotidiane. Si può ridere, oggi, di ciò che faceva ridere nel 1889? Sì, perché Three Men in a Boat (To Say Nothing of the Dog) è un’opera senza tempo. Il successo fu immediate, tanto che soltanto in Gran Bretagna il libro vendette un milione e mezzo di copie. Nel 1900 Jerome pubblicò un sequel, “Tre uomini a zonzo” (Three Men on the Bummel), in cui si narra di un’altra vacanza del terzetto che aveva risalito in Tamigi, questa volta però in bicicletta (senza il cane) in giro per la Germania.

mercoledì 27 dicembre 2023

TUTTA COLPA DEI MIEI GENITORI

 



Valentina Uccheddu
TUTTA COLPA DEI MIEI GENITORI
(PRIMA DI NASCERE NON ERO COSI’)
Cut-Up Publishing
Brossurato, 2023
212 pagine, 21.90 euro


Per recensire questo libro devo fingere di non aver sposato l’autrice, altrimenti tutto ciò che dirò potrebbe sembrare dettato dal fatto di dormirci insieme. Perciò non dirò che ho conosciuto Valentina Uccheddu su Twitter e di aver cominciato a seguirla attirato proprio dalla sua capacità di forgiare brillanti aforismi, come anch’io andavo facendo. Tacerò riguardo alle altre doti della fanciulla che in seguito, approfondendo la conoscenza, si sono rivelate altrettanto interessanti. Ribadirò invece quanto ebbi a scrivere introducendo le mie tre raccolte di tweet che hanno preceduto questa di Valentina (solo perché io ho cominciato prima), e cioè che Twitter (mi rifiuto di chiamarlo “X”) è, o era, un formidabile strumento per generare aforismi, costringendo gli utenti a esprimere un pensiero in un numero piuttosto limitato di parole. Tuttavia, aforisti si nasce e non si diventa, e la Uccheddu lo nacque. Non si spiega altrimenti la sua capacità di cogliere l’ironico e il poetico nelle piccole (ma anche nelle grandi) cose di tutti i giorni, illuminandole o coprendole d’ombra a seconda dei casi. “Tutta colpa dei miei genitori” raccoglie circa duemila aforismi in grado ora di muovere al sorriso ora di far riflettere, ora di far riflettere muovendo al sorriso, illustrati da nove autrici e autori di fumetti, compresa Anna Lazzarini a cui si deve la bella copertina. Gli aforismi sono suddivisi in brevi capitoletti tematici collocati in ordine alfabetico, da “Accenti” a “Voglia di scrivere”. Inutile il dire che mi sento chiamato in causa in molte occasioni, soprattutto nel caso dei tweet sotto la voce “Maritino” (sì, mi chiama così nell’intimità). A nobilitare il tutto, la briosa prefazione di Marco Ciardi, professore di Storia della Scienza all’Università di Firenze. Per me che, oltre a scriverli, colleziono aforismi (e libri di aforismi) da una vita “Tutta colpa dei miei genitori” sarebbe un libro imperdibile anche se non lo avesse scritto mia moglie. Ah, già. Non dovevo dirlo