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domenica 30 agosto 2020

STRAORDINARIE IMPRESE DI TERRA, DI CIELO E DI ALCOVA DI SIR ALADDIN GULLIVER SIMBAD MUNCHAUSEN JUNIOR




Alfredo Castelli
Georges Pichard
Enzo Jannuzzi

STRAORDINARIE IMPRESE DI TERRA, DI CIELO E DI ALCOVA 
DI SIR ALADDIN GULLIVER SIMBAD MUNCHAUSEN JUNIOR

Cut-Up
2020, cartonato
50 pagine, 19,90 euro


Alfredo Castelli non finisce mai di sorprendere, e questo sorprendente libro edito da Cut Up è la classica dimostrazione di cui non ci sarebbe bisogno - ma ben venga. Inquadriamo il come, quando e perché, come il vulcanico sceneggiatore fa (con dovizia di informazioni e di immagini documentarie) in una assolutamente interessante prefazione (che vale da sola il prezzo del biglietto) di otto pagine. Stiamo parlando della Francia degli anni Settanta, in un momento di strabiliante effervescenza fumettistica (come anche in Italia, del resto), quella che portò alla Rivoluzione Umanoide e alla nascita di riviste come Metal Hurkant, L'Echo des Savanes e Fluide Glacial, e al rinnovamento di altre della vecchia guardia, quali Pilot e Pif. A quest'ultima testata collaboravano anche Massimo Mattioli, Bonvi e Mario Gomboli, i quali introdussero il giovanissimo (come loro) Alfredo Castelli, autore con Fernando Tacconi de "Gli Aristocratici", pubblicati Oltralpe per tredici puntate prima di venire cassati per le vibrate proteste dei genitori dei giovani lettori, genitori che non potevano tollerare la proposta di una serie i cui protagonisti erano dei ladri. Il direttore Compeyron decise però di inserire Castelli nello staff di una sua nuova rivista, "Bazar", destinata a un pubblico più maturo. Il buon giovane zio Alfred propose quindi un personaggio chiamato Aladdin Gulliver Simbad Munchausen Junior (dai nomi dei più famosi spacconi contabile della letteratura) il quale, vecchio Sir abituato a frequentare un Club inglese, avrebbe narrato agli astanti, di volta in volta, una sua breve impresa o strana avventura. Castelli aveva attinto l'idea da un altro suo personaggio, chiamato Sorry, disegnato da Bonvi per una rivista italiana omonima - dal destino non felice. Le prime due puntate furono affidate a un disegnatore d'eccezione: Georges Pichard. Sennonché "Bazar" uscì nel 1975 con un numero zero tirato in sole 150 copie (con il primo episodio) e fu eseguito un "area test" per valutare l'impatto della rivista.La prova andò male, l'editore rinunciò al progetto. Il secondo episodio uscì l'anno successivo su un'altra rivista francese, "Scop". In seguito, Castelli sceneggiò una terza e una quarta puntata, illustrate da Enzo Jannuzzi (niente a che vedere con Pichard, purtroppo) che apparvero in Italia su "Il Mago". Cut-Up ripubblica tutti e quattro gli episodi, con l'aggiunta di altro materiale (minuzie francesi).

giovedì 20 febbraio 2020

OH! IL LIBRO DELLE MERAVIGLIE




Leo Ortolani

OH! IL LIBRO DELLE MERAVIGLIE
Bao
cartonato, 2017
250 pagine, 18 euro


Diventato ormai autore da libreria e dimenticate le edicole, Leo Ortolani ripropone in versione aggiornata e ampliata, grazie a Bao, un suo vecchio albo Panini del 2006 ("Le meraviglie del mondo") che a sua volta raccoglieva materiali cominciati a realizzare fin dal 1993, quando Ortolani era allo step ancora precedete a quello dell'edicola. Si tratta di una sorta di enciclopedia in cui ogni capitolo indaga, approfondisce e spiega un tema, spiritosamente appartenete a due categorie: le meraviglie della Natura e le meraviglie della Tecnica. Il talento sia grafico che umoristico di Ortolani è fuori discussione, per cui inutile dire (ma lo dico) che anche "Oh! Il libro delle meraviglie" fa molto ridere. Quel che colpisce è quanto sembrino felicemente cattive le gag e la scelta degli argomenti, a distanza di decenni dalla prima realizzazione. Si comincia parlando di aborto, con un notevole humour nero, si prosegue trattando di naziskin, di mafia, di droga, di AIDS, di handicap, di morte, di pedofilia, di educazione sessuale. Va detto che neppure Ortolani riesce a essere davvero politicamente scorretto fino in fondo, perché tutto sommato, per fare un esempio, non si scherza sui musulmani, e ne siamo tutti contenti, ma facciamocelo bastare.

giovedì 23 agosto 2018

MEGLIO QUI CHE IN RIUNIONE



MEGLIO QUI CHE IN RIUNIONE
a cura di Eugenio Alberti Schatz e Marco Vaglieri
Rizzoli
prima edizione novembre 2009
brossura, 
180 pagine, 14 euro

Di che si tratta? Lo spiega abbastanza bene il sottotitolo: "224 autoepitaffi di italiani celebri e non del nostro tempo". In pratica, i curatori hanno chiesto ad alcune centinaia di persone più o meno illustri, contattandole una per una, di scriversi da soli il proprio epitaffio, vale a dire la frase da incidere sulla propria pietra tombale. Le risposte giunte sono state raccolte in un volume. Ora, a me non l'hanno chiesto (ma non gliene faccio una colpa). Peccato, perché finora di epitaffi me ne sono già scritti quattro e non escludo di compilarne altri da qui al momento dell'effettivo trapasso, allo scopo, è ovvio, di scegliere il migliore sul letto di morte. Per ora, il mio preferito è "Fate come se non ci fossi". Prego Alberti Schatz e Vaglieri di tenerlo presente nel caso di un secondo volume o di una ristampa rivista e corretta del primo. Tuttavia, leggere le oltre duecento frasi contenute nel libro è estremamente divertente (peraltro, tre o quattro dei personaggi sono effettivamente morti nel frattempo, come Candido Cannavò). Il volume si divora in mezz'ora, al termine del quale si può però dire di aver letto a tutti gli effetti un libro, e anche un libro in grado di far riflettere, colto, divertente, commovente e persino poetico. Cito alcuni degli epitaffi. Il giornalista Viviano Domenici: "Nato per soffrire, non ne volle sapere". La scrittrice Elena Loewenthal: "Si farà viva lei". Lo scrittore Aldo Nove: "Dopo una vita da precario, ha trovato il posto fisso". Il regista Riccardo Piferi: "Volevo scrivere qualcosa di intelligente, ma la morte mi ha colto di sorpresa". L'illustratrice Chiara Rapaccini: "Finalmente so che cosa c'era dopo. Ma non ve lo dico". Il viaggiatore Augusto Golin: "Qui si ferma per un po' Augusto Golin, almeno sapete dove trovarlo".

martedì 26 dicembre 2017

I MIRACOLI DI PADREPIO




Federico Sardelli
I MIRACOLI DI PADREPIO
Mario Cardinali Editore
2002, brossurato
100 pagine, 10 euro

Partiamo dal presupposto che Federico Sardelli è un genio. Detto a ragion veduta, considerando che si tratta sia di un grande direttore d'orchestra specializzato in musica barocca (è uno dei massimi esperti di Vivaldi), sia di uno dei massimi autori de "Il Vernacoliere", celebre e irrispettosa rivista satirica livornese. "I miracoli di Padrepio" (scritto tutt'attaccato) fanno parte di questa secondo aspetto della sua personalità, e dimostrano il suo talento comico quale scrittore di testi comici quanto disegnatore umoristico. Di Sardelli abbiamo già parlato più volte recensendo altri libri pubblicati da Mario Cardinali (lo storico, appunto, direttore del "Vernacoliere"), ma anche commentando il romanzo "Il caso Vivaldi" edito da Sellerio. Fra i libri comici dell'autore ci sono l'esilarante parodia di Cuore, la raccolta delle sue "proesie", i falsi giornali della "Rassegna StaNpa", l'irresistibile carrellata de "Le più belle cartoline del mondo" ma anche questa antologia delle cronache dei miracoli di Padre Pio già apparse su rivista. Le cronache, tutte rigorosamente false (del resto l'autore considera falsi anche i miracoli considerati veri, dunque per lui, giustamente, non c'è molta differenza), sono raccontate in un dialetto toscano/campano/pugliese non ben identificabile (ma molto buffo), costruito, si direbbe, a imitazione del modo di parlare di Padre Pio o dei suoi confratelli d'una volta. Ne è esempio il sottotitolo, dove parlando dei miracoli si avverte "Che avventeremmo veramente, potesse stiantare chi non cui crede, Ame". Foto e disegni esemplificano il tipo di interventi miracolosi, come il prodigio per cui il povero Bulbesio Lupi che rimase schiacciato da un TIR non morì ma rimase soltanto con le gambe triturate, o quello grazie al quale un uomo che andava dal barbiere e stava per pestare una cacca venne avvisato per tempo da una apparizione e non la pestò. Una postfazione dello stesso Sardelli propone (in modo serio ma piuttosto critico nei confronti del santo) alcuni cenni storico-biografici di Francesco Forgione (appunto San Pio). Ovviamente un libro del genere può far accapponare la pelle ai devoti del Padre in questione, ma nello spirito trasgressivo e anticlericale del "Vernacoliere", che si rifà alla satira di storiche riviste come "L'asino" e a una tradizione di goliardia e di fiera mancanza di rispetto, è uso anche scherzare con i santi. Chi apprezza legga (e si divertirà), chi non apprezza non legga (e non si arrabbierà).

martedì 17 ottobre 2017

ADOLF





ADOLF
di Walter Moers
Edizioni e/o, 1998

L'ho trovato su una bancarella dell'usato, e mi ha colpito perché, sfogliandolo, mi è parso un magnifico esempio di scorrettezza politica, un po' come "Hitler = SS", la serie umoristica di Jean-Marie Gourio (testi), e Philippe Vuillemin (disegni) pubblicata sul mensile francese "Hara-Kiri" nel 1980, e poi raccolta in volume anche in Italia. In realtà, i disegni di Vuillemin sono magistrali (nella loro deformazione grottesca) quanto sono banali e perplimenti (come direbbe Rokko Smitherson) quelli del tedesco Moers, che certo non ha lo spessore grafico del collega e punta all'estrema essenzialità dello scarabocchio piuttosto che alla costruzione di una vignetta (e men che mai di una tavola). Ma del resto oggi in campo umoristico imperversa il "disegnomalismo", per cui Moers potrebbe essere un antesignano. La storia, raccontata per la prima volta nel 1997 sulla rivista "Titanic" è quella di Adolf Hitler che, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, si è rifugiato nelle fogne meditando sui suoi errori ("sarebbe stato meglio attaccare la Russia sui fianki") e ne esce quando i suoi reati sono caduti in prescrizione. Comincia quindi a cercare di rifarsi una vita nonostante le angosce esistenziali che lo opprimono. Per questo si rivolge a uno psicoterapeuta, il dottor Forunkel, che come strumento per liberarsi dell'ansia gli prescrive il tamagochi. Hitler se ne innamora finché non scopre che si tratta di una invenzione giapponese: "Vili traditori! Gettare la spugna per due misere atomike!". Così, lascia morire il pulcino. Il dottore gli prescrive allora una "bella scopata", ma la prostituta a cui Adolf si accosta si rivela essere un travestito, e per la precisione il fido Goering che si veste da donna per sbarcare il lunario. Durante un viaggio a Parigi, Hitler sale sulla macchina di Lady Diana e provoca l'incidente mortale, scendendone illeso e fuggendo prima che arrivino i soccorsi. Quindi, il nostro viene rapito dagli alieni e, a bordo di un disco volante, si diverte a disegnare svastiche nei campi di grano. Gli alieni, ritenendolo un esempio di maschio perfetto, vogliono farlo accoppiare con una donna perfetta, individuata in Madre Teresa di Calcutta, alla quale, perché si attizzi, viene fatto credere che Adolf sia il papa. Il fuhrer getta la santa donna giù dall'FO, lotta con gli alieni e li fa precipitare in Giappone, dove ritrova il suo psicoterapeuta. Dopodiché, un delirio da feulleton: il dottor Forunkel si rivela essere Lady Diana mascherata, che non è morta nell'incidente parigino: tutta una messinscena per poter scomparire e dedicarsi allo scopo della sua vita, quello di distruggere il mondo. Per realizzarlo, il dottore imbarca Hitler sull'Air Force One, dove c'è il pulsante rosso dell'apocalisse. Forunkel uccide tutto l'equipaggio e vuole che sia proprio Adolf a premere il bottone che scatenerà la guerra globale (chi, meglio di lui?). Il fuhrer riesce a mettere il pazzo fuori combattimento, ma quando cerca di avvisare le autorità a terra che sull'aereo presidenziale americano sono tutti morti e che lui, Adolf Hitler, ne è alla guida, parte un missile terra-aria che abbatte il velivolo. Il nostro eroe si salva con il paracadute e giunge in America del Sud, dove ritrova Goering (ancora vestito da donna), con il quale si accasa. E vissero felici e contenti. Questa è la storia, disegnata male, ma disegnata. Fa ridere? Non so. Qua e là. Certo, Vuillermin era un'altra cosa. C'è da chiedersi comunque se, tutti e due, Moers e Vuillermin, oggi li pubblicherebbe qualcuno.