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sabato 24 agosto 2024

MAESTRI DEL PENSIERO E DELLA PAROLA

 


 
Georg Popp
MAESTRI DEL PENSIERO E DELLA PAROLA
Fratelli Fabbri Editori
1961, cartonato
90 pagine

Tra i libri per ragazzi di una volta c’erano, oltre ai romanzi ritenuti adatti a loro (a volte anche equivocando), quelli edificanti o educativi destinati ad avvicinare i più giovani alle grandi figure o ai grandi fatti della storia. Le basi della mia personale  conoscenza della mitologica greca risalgono, per esempio, alla lettura fatta durante le elementari di “Storia delle storie del mondo” di Laura Orvieto, un libro scritto nel 1911 e ininterrottamente ristampato. La collana “I grandi personaggi del mondo” dei Fratelli Fabbri proponeva brevi biografie di esploratori (“Uomini alla scoperta della Terra”), scienziati (“Uomini al servizio della scienza”), musicisti (“Creatori di melodie eterne”), artisti (“Maestri dell’arte”). Ho recuperato su una bancarella “Maestri del pensiero e della parola”, tradotto dal tedesco e pubblicato in Italia nel 1961, attirato dal buono stato di conservazione e dalla nostalgia per quel tipo di produzione ben rilegata che veniva proposta ai nipoti dagli zii o dai nonni come regalo di Natale, compleanno, prima comunione e cresima. Ricordo che a me piaceva molto ricevere regali del genere, che preferivo ai calzini o alle maglie. Ad attirarmi ha contribuito anche la copertina di Alessandro Biffignandi (autore anche delle illustrazioni interne), che poi sarebbe diventato celebre anche per le cover del sexy pocket della Edifumetto di Renzo Barbieri. Di chi parla il libro? Di nove caposaldi della filosofia e della letteratura, a ciascuno dei quali viene dedicato un ritratto biografico (proposto in modo laico e tutto sommato corretto, pur se didascalico adatto a lettori giovanissimi) e un racconto che narra un particolare episodio della sua vita (in cui è evidente l’intento agiografico teso a suscitare ammirazione verso la figura di cui si parla). Si parte con Socrate, Platone e Aristotele, dei quali si compendia il pensiero filosofico in modo limitato ma accattivante, per passare poi a Dante Alighieri e, strano ma vero (visto che non è il primo nome che viene in mente), Giambattista Vico. Ci sono poi quattro scrittori stranieri, indicati all’italiana come Michele De Cervantes, Guglielmo Shakespeare, Giovanni Volfango Von Goethe, Giovanni Cristiano Andersen (anche in quest'ultimo caso ci si chiede il motivo della scelta). La lettura è divertente e briosa, alcuni aneddoti mi erano sconosciuti (come quello di Platone ridotto in schiavitù dal tiranno siracusano Dionigi), di altri viene da interrogarsi circa il perché si sia deciso di narrarlo (come la vicenda del cane di Aubry che Goethe non voleva far salire sul palcoscenico del teatro di Weimar). Del resto, però, qualcuno di voi si starà interrogando sul perché io abbia sentito il bisogno di scrivere questa recensione (così come io mi interrogo sul perché voi la stiate leggendo).


domenica 3 marzo 2019

PANTA REI



Luciano De Crescenzo
PANTA REI
Mondadori
Prima edizione - Novembre 1994
cartonato con sovraccoperta - lire 25.000

Con questo volume Luciano De Crescenzo proseguiva, nel 1994, la sua personalissima  opera di divulgazione della filosofia greca, a cui la napoletanità lo fa sentire per indole particolarmente vicino.  Altri libri simili sarebbero seguiti, per molti anni, alcuni riusciti, altri meno, con puntate anche nella letteratura ellenica ("Nessuno" tratta dell' "Odissea") e nella filosofia latina (si è occupato, per esempio, di Seneca). Però, se nei precedenti volumi della "Storia della Filosofia Greca" l'impianto era più organico e la trattazione degli argomenti seguiva un gradevole filo logico, "Panta Rei" sembra un'accozzaglia disomogenea di capitoli dove tutto si mescola a tutto. Forse proprio in ragione dell'argomento: la teoria del "panta rei" di Eraclito, il filosofo si cui De Crescenzo punta la sua attenzione, noto non solo per la sua convinzione che tutta la realtà sia un divenire, ma anche che il mondo si basi essenzialmente sull'eterna lotta dei contrari e che il fuoco sia l'elemento ultimo delle cose. Chissà: De Crescenzo magari ha voluto che il suo libro su Eraclito fosse informe proprio per renderlo aderente alle tesi dell' "Oscuro" (questo l'aggettivo comunemente attribuito al filosofo); fatto sta che trasportare idealmente il pensatore greco nei nostri giorni, portarlo a mangiare spaghetti, poi metterlo a confronto con altri suoi colleghi in un talk-show di Maurizio Costanzo, usarlo per criticare Berlusconi, quindi mettersi a commentare senza troppo rigore i suoi frammenti (Eraclito non ci ha tramandato opere complete, ma solo massime sparse, per la maggior parte assai criptiche), sorte l'effetto di disturbare il lettore desideroso di ordine e chiarezza, e data l'opera (a distanza di venticinque anni si perdono i punti di riferimento). Non mancano, tuttavia, i pregi. De Crescenzo ha la penna felice e riesce sempre ad accattivarsi l'attenzione del suo pubblico. La sua interpretazione di frammenti apparsi indecifrabili per secoli ai più è spesso e volentieri molto gradevole e funzionale. Riuscire a parlare con tanta facilità di un pensatore enigmatico e ostico come Eraclito è senz'altro opera lodevole, ma secondo me tutto ciò avrebbe potuto essere meglio organizzato in un discorso che avesse un inizio e una fine, come appunto De Crescenzo aveva saputo fare in altre sue opere di divulgazione filosofica.

Una nota di merito va al capitolo iniziale, che vale da solo l'acquisto del volume: il "panta rei" di Eraclito viene applicato al tempo, che scorre e fa cambiare le cose attimo dopo attimo. L'autore trascrive spezzoni di frasi dette e sentite da quando era ragazzo fino ad oggi, in un gioco stordente e malinconico, metafora della vita.