Georg Popp
MAESTRI DEL PENSIERO E DELLA PAROLA
Fratelli Fabbri Editori
1961, cartonato
90 pagine
Tra i libri per ragazzi di una volta c’erano, oltre ai romanzi ritenuti adatti a loro (a volte anche equivocando), quelli edificanti o educativi destinati ad avvicinare i più giovani alle grandi figure o ai grandi fatti della storia. Le basi della mia personale conoscenza della mitologica greca risalgono, per esempio, alla lettura fatta durante le elementari di “Storia delle storie del mondo” di Laura Orvieto, un libro scritto nel 1911 e ininterrottamente ristampato. La collana “I grandi personaggi del mondo” dei Fratelli Fabbri proponeva brevi biografie di esploratori (“Uomini alla scoperta della Terra”), scienziati (“Uomini al servizio della scienza”), musicisti (“Creatori di melodie eterne”), artisti (“Maestri dell’arte”). Ho recuperato su una bancarella “Maestri del pensiero e della parola”, tradotto dal tedesco e pubblicato in Italia nel 1961, attirato dal buono stato di conservazione e dalla nostalgia per quel tipo di produzione ben rilegata che veniva proposta ai nipoti dagli zii o dai nonni come regalo di Natale, compleanno, prima comunione e cresima. Ricordo che a me piaceva molto ricevere regali del genere, che preferivo ai calzini o alle maglie. Ad attirarmi ha contribuito anche la copertina di Alessandro Biffignandi (autore anche delle illustrazioni interne), che poi sarebbe diventato celebre anche per le cover del sexy pocket della Edifumetto di Renzo Barbieri. Di chi parla il libro? Di nove caposaldi della filosofia e della letteratura, a ciascuno dei quali viene dedicato un ritratto biografico (proposto in modo laico e tutto sommato corretto, pur se didascalico adatto a lettori giovanissimi) e un racconto che narra un particolare episodio della sua vita (in cui è evidente l’intento agiografico teso a suscitare ammirazione verso la figura di cui si parla). Si parte con Socrate, Platone e Aristotele, dei quali si compendia il pensiero filosofico in modo limitato ma accattivante, per passare poi a Dante Alighieri e, strano ma vero (visto che non è il primo nome che viene in mente), Giambattista Vico. Ci sono poi quattro scrittori stranieri, indicati all’italiana come Michele De Cervantes, Guglielmo Shakespeare, Giovanni Volfango Von Goethe, Giovanni Cristiano Andersen (anche in quest'ultimo caso ci si chiede il motivo della scelta). La lettura è divertente e briosa, alcuni aneddoti mi erano sconosciuti (come quello di Platone ridotto in schiavitù dal tiranno siracusano Dionigi), di altri viene da interrogarsi circa il perché si sia deciso di narrarlo (come la vicenda del cane di Aubry che Goethe non voleva far salire sul palcoscenico del teatro di Weimar). Del resto, però, qualcuno di voi si starà interrogando sul perché io abbia sentito il bisogno di scrivere questa recensione (così come io mi interrogo sul perché voi la stiate leggendo).