Alberto Moravia
AGOSTINO
Bompiani
1989, brossurato
142 pagine, 8000 lire
A volte i libri devono aspettare il momento giusto della vita di un lettore per riuscire a farsi apprezzare, o addirittura amare. Confesso di aver avuto per la prima volta per le mani “Agostino”, di Alberto Moravia (1907-1990), durante gli anni del liceo, e di aver smesso di leggerlo, infastidito se non disgustato, dopo il primo capitolo, giunto a pagina venti. Mi era sembrato che l’argomento fosse un insano rapporto edipico fra madre e figlio, o quantomeno che si parlasse, più o meno morbosamente, di un adolescente attratto dal corpo della giovane mamma, o di lei innamorato. Mi parve qualcosa di cui non volevo sapere niente, e lasciai perdere il romanzo. Ma, convinto come sono che un libro iniziato lo si deve finire per forza, e con il bagaglio di letture e conoscenze maturato in oltre quarant’anni dal primo tentativo, eccomi a recuperare il racconto, anche perché, tutto sommato, poco più di cento pagine si leggono, volendo, in una sera. E mi sono accorto così che il romanzo comincia in realtà con il secondo capitolo, e la narrazione dà luogo a uno sviluppo del tutto diverso, in cui la figura della madre di Agostino si dissolve piano piano, fino a trasformarsi in qualcosa da cui il figlio si vuole allontanare, alla scoperta del resto del misterioso e conturbante universo femminile, e ancora di più alla scoperta del resto del mondo. Pubblicato per la prima volta nel 1943 in una edizione semiclandestina a causa della censura fascista che giudicò il romanzo troppo scabroso (in realtà, anche i temi dell’omosessualità, della pedofilia e della prostituzione vengono affrontati senza compiacimento, per allusioni, lasciando immaginare cose non dette), si ebbe una edizione definitiva nel 1945, a guerra conclusa. La vicenda è ambientata durante un’assolata estate in Versilia, e Agostino, che frequenta uno stabilimento balneare riservato ai benestanti, scopre l’esistenza delle spiagge popolari dove bivaccano ragazzi di strada da cui viene “iniziato” alla vita così com’è, al di là delle protettive braccia della mamma, fuori dalla bambagia. Non gli si rivela il “male” del mondo, ma la sua “non purezza”. L'adolescente scopre che vivere è crescere, scegliere, imparare a cavarsela, a fidarsi e a non fidarsi. La scrittura di Moravia è magistrale. Insomma, lieto di averti ritrovato, Agostino.
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