Guido Nolitta
Franco Bignotti
SAMURAI
Sergio Bonelli Editore
2024, cartonato
256 pagine, 28 euro
Franco Bignotti
SAMURAI
Sergio Bonelli Editore
2024, cartonato
256 pagine, 28 euro
Per la prima volta, un cartonato bonelliano dedicato a raccogliere in un volume a colori e di grande formato un classico della saga di Zagor (una tradizione che si rinnova ogni anno) non propone ai lettori una storia illustrata da Gallieno Ferri, ma da Franco Bignotti (1930-1991), continuando comunque a pubblicare racconti scritti da Guido Nolitta (lo pseudonimo con cui l’editore Sergio Bonelli, che creò il personaggio nel 1961, firmava i fumetti da lui sceneggiati), da sempre i più amati dal pubblico degli aficionados zagoriani. Non ci sono dubbi sul fatto che sia l’avventura che il disegnatore (dando per scontato l’omaggio a Nolitta) meritassero una edizione di pregio, alla quale ho contribuito anch’io con una illustrata prefazione di cui riporto qui di seguito alcuni estratti.
Qualcosa di nuovo sul fronte orientale
di Moreno Burattini
Le date sono importanti. La storia di Zagor “Arrivano i Samurai”, raccolta per la prima volta in questo volume, uscì originariamente a puntate su tre albi della Collana Zenith distribuiti in edicola tra il marzo e il maggio del 1975. Datato 1971 è invece un film, “Sole rosso”, diretto da Terence Young e interpretato da Charles Bronson, Alain Delon, Ursula Andress e Toshiro Mifune. Qual è il collegamento? Chiunque abbia letto qualche avventura a fumetti dello Spirito con la Scure sa che non si tratta di racconti definibili come western così come di solito li si intende, ma che, anzi, le contaminazioni fra i generi sono quasi la regola. Anche “Sole rosso”, dal canto suo, è una pellicola che intreccia l’ambientazione del classico Far West con suggestioni esotiche di tipo diverso: infatti, uno dei protagonisti (quello, anzi, che soprattutto buca lo schermo) è un samurai, Kuroda, che ha la missione di recuperare una preziosa spada, dono dell’imperatore del Giappone al presidente americano Grant, rubata da alcuni banditi mentre viene trasportata in treno dalla costa occidentale a quella orientale. Sergio Bonelli (che firmava le sue sceneggiature con lo pseudonimo di Guido Nolitta) era appassionato cinefilo in grado di citare, a richiesta e con una memoria prodigiosa, trame, cast e date di infinite pellicole. Più volte l’autore ha raccontato, nelle sue interviste, come i suoi racconti nascessero non già da chissà quale lunga elaborazione e da ripetuti aggiustamenti in corso d’opera, quanto piuttosto istintivamente, assecondando l’estro creativo di una scrittura che fluiva di getto. Il trucco perché questa tecnica desse buoni frutti, al di là del grande talento affabulatorio di cui era dotato, era semplicissimo: Bonelli saccheggiava il grande magazzino delle letture e dei film che aveva visto, scegliendo quello che, da ragazzo, lo aveva impressionato, gli aveva fatto paura, lo aveva lasciato a bocca aperta. Dopodiché, filtrandoli opportunamente, cercava di trasmettere gli stessi brividi a chi leggeva i suoi fumetti. Zagor è un eroe trasversale ai generi, e le sue storie come il regno della contaminazione fra le suggestioni più diverse appunto perché dentro lo stesso sceneggiatore, consumatore onnivoro di cinema e carta stampata, ribollivano le idee suggerite dalla fruizione di ogni tipo di “fabula”.
Sicuramente del background culturale nolittiano facevano parte molti film con protagonisti dei samurai, a partire da “I sette samurai”, capolavoro di Akira Kurosawa del 1954, interpretato peraltro anch’esso da Toshiro Mifune. Della lista fanno di certo parte anche “Harakiri” di Masaki Kobayashi (1962) e “13 assassini”, di Eichi Kudo (1963). Però, a ben guardare, è soprattutto “Sole rosso” il principale punto di riferimento, perché il regista Terence Young porta i samurai nel western, e dunque opera una contaminazione: un suggerimento irresistibile per uno come Sergio Bonelli. Peraltro, il guerriero giapponese Kuroda, nel film, ha la caratteristica di citare di continuo il Bushido, il codice d’onore dei samurai, cosa che anche Nolitta fa fare al principe Okada Minamoto, il nobile alla guida di un piccolo esercito personale giunto a Darkwood direttamente dal Giappone. (…) Come suo solito, Nolitta non si limita a raccontare una semplice storia d’avventura, ma sfoggia erudizione e documentazione, descrivendo i samurai con una quantità di informazioni come raramente capitava di riscontrare nei fumetti popolari degli anni Settanta. Ma, soprattutto, scava nelle psicologie dei personaggi scrivendo tavole indimenticabili come quelle del duello fra Zagor e Minamoto. C’è soprattutto un discorso che l'eroe di Darkwood pronuncia di fronte a un suo avversario, che descrive perfettamente la filosofia che guida e sostiene il braccio dell’eroe: "Anche la mia vita, non c'è dubbio, è segnata dal marchio della violenza - dice lo Spirito con la Scure al guerriero giapponese che gli sta davanti - ma tra noi esiste fortunatamente una differenza incolmabile! Se io combatto, se io uccido, è soltanto perché la situazione di questo meraviglioso ma ancora selvaggio Paese me lo impone! Un giorno, spero, giuste leggi, mentalità più aperte smusseranno i punti di attrito tra gli abitanti di Darkwood e i conquistatori bianchi... in quel preciso istante io rinuncerò senza alcun rimpianto alla mia immagine di combattente e di guerriero, e sarò lieto di buttare nel più profondo dei fiumi quella scure che ora considero un mezzo sgradevole ma indispensabile per ottenere un po' di giustizia!". Nel 2005, sulla collana Zenith, è apparsa un’avventura che costituisce il sequel al classico pubblicato in questo volume. Ne è protagonista il giovane samurai Takeda, che è fra i guerrieri al servizio del principe Minamoto rimasti in Giappone in attesa del suo ritorno e che, divenuto un ronin, riceve l’incarico di uccidere lo Spirito con la Scure, raggiungendolo dovunque si trovi.
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