lunedì 21 luglio 2025

IVANHOE

 
 


Walter Scott
IVANHOE
Rizzoli
1988, brossurato
544 pagine, 10.500 lire

Si dice che Walter Scott (1771-1832) sia stato il primo autore di bestseller appositamente costruiti per raggiungere il più vasto pubblico possibile. Benedetto Croce addirittura scrive che “nel trattare dello Scott conviene, in primo luogo, aver l’occhio all’ufficio sociale che egli ha adempiuto: ufficio che fu semplicemente quello di un produttore industriale, intento a fornire il mercato di oggetti dei quali era altrettanto viva la richiesta quanto legittimo il bisogno. Egli ebbe il genio dell’intrapresa industriale a ciò corrispondente”. “Intrapresa” che fu coronata da una straordinaria fortuna. Personalmente, nel giudizio crociano non ci vedo niente che svilisca l’autore, anzi, viva gli autori che scrivono per il loro pubblico. Si dice anche che Walter Scott abbia inventato, o perlomeno portato in auge, il romanzo storico, che, come nota il Carducci, “non ha nulla a che fare col romanzo cavalleresco e col poema romanzesco”. “Ivanhoe” (1819), la sua opera di maggior successo (ma si potrebbe citare anche “Rob Roy”) non ha per ambientazione un medioevo fantastico, ma si cala nella realtà dell’Inghilterra attorno al 1194, avendo per sfondo luoghi riconoscibili e per protagonisti alcuni personaggi storici (come Riccardo Cuor di Leone e suo fratello Giovanni). Non solo: Scott sceglie di affrontare un argomento spinoso come l’invasione dell’Inghilterra da parte dei Normanni che sottomettono i Sassoni. Lo fa, peraltro, cercando di documentare minuziosamente la sua ricostruzione delle usanze, degli abiti, degli stati d’animo dell’epoca, occupandosi anche di mettere a confronto le rivendicazioni degli sconfitti e le strategie politiche dei colonizzatori, ma anche gli scontri politici attorno alla rivendicazione della corona, rendendo parte del racconto anche le crociate. Prima di “Ivanhoe” lo scrittore, nato a Edimburgo, aveva scritto soltanto di cose scozzesi, e forti furono i suoi dubbi e i suoi timori allargandosi anche a quelle inglesi, al punto he inizialmente pubblicò la sua opera sotto lo pseudonimo di Laurence Templeton. Un’altra cosa ripetuta è che Alessandro Manzoni trasse proprio da Walter Scott la determinazione di scrivere anche lui un romanzo calato nella realtà storica, quella lombarda dei Seicento, “I promessi sposi”. Il Manzoni lo fa in modo diverso, più sofisticato e con intenti pedagogici, ma di certo dello scrittore scozzese dice: “il mondo aspettava ansiosamente e divorava avidamente i romanzi di Scott”, riconoscendogli anch’egli una valenza letteraria e culturale di primo piano, quella che si deve inevitabilmente a ogni autore che abbia la fortuna di essere ascoltato e avere influenza sui suoi lettori.  Tre cose che mi hanno colpito: la prima, rappresentazione (che non pare condivisa dal narratore) di un odioso antisemitismo, che si ritrova, per fare un esempio, anche nelle pagine di Dickens, ambientate nella Londra della prima metà dell’Ottocento, segno che il pregiudizio cristiano contro gli ebrei ha attraversato i secoli. La seconda: la presenza, fondamentale e tutt’altro che accessoria, di Robin Hood e della sua banda (Frate Tuc compreso), anche se all’arciere viene cambiato il nome in Locksley. Infine: “Ivanhoe” viene a torto considerato come un romanzo per ragazzi, forse per la componente avventurosa, le scene di battaglia, gli assalti al castello, i tornei cavallereschi, il mistero che circonda la figura il Cavaliere Nero che alla fine (spoiler) si rivela essere Riccardo Cuor di Leone tornato dalla Crociata. Tuttavia molti aspetti e contenuti del romanzo sono tutt’altro che destinati a lettori particolarmente giovani: i riferimenti storici e politici, la discriminazione verso gli ebrei e soprattutto verso la sfortunata Rebecca, l’odio fra Sassoni e Normanni che vede alla fine una possibilità di fusione tra i due popoli con il matrimonio (spoiler) fra Ivanhoe e Rowena e via dicendo. Il linguaggio di Walter Scott, anche nella versione integrale, resta piacevole da leggere nonostante certe prolissità dovute soprattutto alla minuzia delle descrizioni. Indimenticabili e ottimamente caratterizzati certi personaggi come il buffone Wamba, il servo Gurth, il castellano Cedric, lo sbruffone principe Giovanni, l’Eremita (Frate Tuc), l’usuraio Isaac, la vecchia e folle Urfrida, e i cattivi De Bracy, Bois-Guilbert e Front-de-Boeuf. “Ivanhoe” non sarà “I promessi sposi” ma ci si diverte a leggerlo.



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