La produzione letteraria di Georges Simenon (1903-1989) si divide in romanzi con Maigret e senza Maigret. Entrambi i gruppi di opere sono sterminati: in totale, più di quattrocento titoli (senza contare racconti, articoli e saggistica). L’autore era in grado di scrivere ottanta pagine al giorno, senza che la quantità andasse a discapito della qualità. Si racconta di una telefonata di Alfred Hitchcock allo scrittore: “Monsieur Simenon è impegnato nella stesura di un romanzo”, spiega la segretaria. E il regista: “Va bene, attendo in linea”.
I casi del celebre commissario iniziano a venire pubblicati nel 1931, ottenendo un grande successo di pubblico, pubblico che Simenon non volle mai deludere giungendo a dare alle stampe settantacinque romanzi con protagonista Maigret. Parallelamente, però, firmò con regolarità anche quelli che lui definiva i romans durs: pur ritenendoli la sua produzione migliore, non rinnegò mai, giustamente, i suoi polizieschi. Insomma, ecco uno scrittore di genere che avrebbe meritato il Nobel per la Letteratura, che non ebbe forse proprio per la spocchia degli accademici svedesi messi di fronte a un autore (anche) di gialli.
Alcuni dei “romanzi duri” sono autentici capolavori: de “L’uomo che guardava passare i treni” (1938) abbiamo parlato in questo stesso spazio (come di molti altri). Cito questo titolo perché, in qualche modo, “La fuga del signor Monde” (1932) si può collegare alla fuga di Kees Popinga. C’è un altro paragone possibile, quello con “Il fu Mattia Pascal” (1904) di Luigi Pirandello, tolti i risvolti da commedia. In tutti questi casi un uomo improvvisamente scompare, fuggendo dalla gabbia della propria vita precedente, da una famiglia, da un trantran intollerabile. Norbert Monde è il più ricco dei tre, e si allontana da Parigi, a bordo di un treno, dopo aver cambiato aspetto, con trecentomila franchi appena ritirati in contanti dal proprio conto in banca. Un gesto improvviso, ma non inaspettato per lui che lo mette in atto: «Probabilmente lo aveva sognato spesso, o ci aveva pensato così tanto che adesso aveva l’impressione di compiere gesti già compiuti». A differenza di quella di Kees Popinga, l’uomo che guardava passare i treni, il signor Monde non va incontro a esperienze drammatiche, a parte il furto del denaro che subisce quasi subito ma che non lo turba più di tanto vista l’ansia di libertà che lo pervade. L’affascinante scrittura di Simenon, coinvolgente e musicale, ci incanta descrivendo non solo i moti dell’animo del protagonista ma i tanti ambienti che si trova ad attraversare (in particolare di Marsiglia e di Nizza) e la variegata umanità con cui entra in contatto, mentre a Parigi moglie e figli lo cercano. Da ricordare la figura dell’entraineuse Julie, con cui Monde instaura una relazione libera e senza vincoli. La fuga di Norbert si rivela un percorso di crescita interiore che gli fa raggiungere una piena consapevolezza di se stesso, e che giustifica il finale decisamente sorprendente. Un romanzo senza alcun elemento poliziesco (se non per la denuncia di scomparsa presentata alla Polizia dalla moglie del protagonista), non il migliore di Simenon, ma consigliabile come ogni romanzo dello scrittore belga.
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