IL CASO SAINT-FIACRE
di Georges Simenon
Adelphi
1996, brossurato
149 pagine, 10 euro
Scritto nel 1932, è uno dei romanzi della fase iniziale della saga di Maigret, quelli in cui il burbero commissario della polizia giudiziaria parigina si sposta dalla capitale francese per svolgere indagini in borghi di provincia sempre diversi. Di solito si tende a considerare migliore la fase successiva, quella in cui invece Maigret investiga sotto la Tour Eiffel (anche se non mancano dei capolavori anche tra le prime prove, come dimostra il formidabile "Il porto delle nebbie"). Per la precisione, "L'affaire Saint-Fiacre" (questo il titolo originario) è iil tredicesimo romanzo (su oltre settanta) dedicato al celebre poliziotto dalla pipa in bocca perennemente accesa. Secondo alcuni, e riporto un giudizio letto in Rete, si tratta di "uno dei più bei libri di Simenon. Imperdibile". Personalmente, dissento. Bisogna comunque partire dal presupposto, credo incontestabile, che qualunque cosa porti la forma di Simenon meriti la lettura, e che i romanzi con le indagini di Maigret sono imprescindibili: magistrali, mai banali, pieni di sfaccettati personaggi indagati nelle loro psicologie, piacevoli da leggere, capaci di trasportarci in atmosfere sempre diverse. Oltre a tutto ciò, "Il caso Saint-Fiacre" ha un ulteriore elemento di attrattiva: scopriamo che il commissario è nato proprio a Saint-Fiacre (località comunque immaginaria), a pochi chilometri da Moulins, e lì ha vissuto la sua giovinezza: suo padre era l'intendente e amministratore del castello dei Conti Saint-Fiacre, ed è sepolto nel cimitero della locale parrocchia. Così, il viaggio del corpulento poliziotto in quel borgo di provincia è una sorta di ritorno alle origini. Così, quando a Parigi arriva una lettera anonima che dice: "Vi informo che nella chiesa di Saint-Fiacre, durante la prima messa del giorno dei Morti, sarà commesso un delitto", Maigret parte subito. E in effetti, sotto i suoi stessi occhi, muore l'anziana contessa, che lui, da bambino, aveva ammirato come splendida donna in gioventù. Apparentemente si tratta di un infarto, di un cedimento del cuore. Le indagini mettono in luce come il patrimonio della vedova (il conte era morto molti anni prima) veniva da tempo rosicchiato da parassiti e approfittatori di ogni risma, tra cui l'unico, sconsiderato figlio Maurice. Uno di loro ha architettato un piano diabolico che ha provocato la morte della contessa, ma chi? Ecco, mentre Simenon resta insuperabile nell'analisi interiore dei probabili assassini, della vittima, dei personaggi di contorno (l'albergatrice Marie Tatin, l'avvocato, il chierichetto), non riesce a congegnare un altrettanto impeccabile meccanismo poliziesco. Non è cercando di fare il verso ad Agatha Christie o a John Dickson Carr che lo scrittore francese troverà la sua strada: fortunatamente da lì a poco imboccherà quella giusta: il giallo psicologico. Per di più, a un certo punto è Maurice Saint-Fiacre a prendere in mano la conduzione delle indagini e a organizzare una drammatica riunione di tutti i sospetti attorno a un tavolo su cui è posata una pistola. Maigret fa solo da spettatore, senza essere venuto a capo di nulla. Non è lui il risolutore. E la soluzione (il modo con cui vi si arriva, la tecnica stessa del delitto, l'indecifrabile invio dei biglietto che lo anticipa, le mosse del colpevole) è convince. So già però che il prossimo caso di cui leggerò sarà migliore, anzi, un capolavoro.
Non conosco abbastanza Maigret (purtroppo) ma questo sì, e condivido che sia piuttosto anomalo, per quanto leggibilissimo. L'ho in mente in parallelo alla versione TV di Bruno Cremer, in cui la storia era modificata accentuando i dubbi autobiografici del commissario e dando un ruolo significativo alla signora Maigret.
RispondiEliminaPoi Cremer è l'unico Maigret che si avvicini al magico Gino Cervi, oltre che il Duca Lamberti che indagò su una giovane Carrà vestita come mamma la fece.