LE BEATRICI
di Stefano Benni
Feltrinelli
2011, brossura
92 pagine, 9 euro
Si comincia con la Beatrice, quella vera, la donna amata da Dante, che propone il suo punto di vista in un esilarante vernacolo fiorentino. Poi, però, non ci sono altre figure storiche o puntualmente identificabili, ma altre figure femminili senza nome, sette tipi simbolici e archetipici: una adolescente moderna senz'anima, una suora schizofrenica posseduta dal demonio, una vecchia e bisbetica antifascista ma fascista lei stessa verso il mondo che odia per come è diventato (e per come è diventata lei), una manager sproloquiante e vuota, una vittima dell'ansia, e infine e una donna-lupo che rimanda forse più di ogni altra all'archetipo della femminilità legata alla luna e alla natura, all'anima del mondo. Con Beatrice Portinai si ride, con le altre donne un po' meno (la più divertente è la suora), ma far ridere non è, in questo caso, lo scopo di Benni. E', casomai, raccontare una donna sfaccettata e tutt'altro che debole e gentile, per niente "angelicata" così come la dipingeva l'Alighieri, ma caleidoscopica, stronza, perversa, fuori da ogni schema, contro ogni convenzione, pronta all'invettiva, grottesca e luciferina. Fra un monologo e l'altro, poesie e canzoni sempre efficaci come nello stile di Benni. Si tratta comunque di testi più adatti alla recitazione che alla lettura, che in teatro trovano sicuramente la loro collocazione ideale (e che prova stuzzicante per le attrici chiamate a interpretarli).
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