Natalia Ginzburg
LESSICO FAMIGLIARE
Einaudi
218 pagine, 15.49 euro
Vincitore del Premio Strega nel 1963, “Lessico famigliare” è un album di ricordi dell’autrice. Natalia Ginzburg narra, giurando di dire il vero ma ammettendo di non poterlo dire tutto (“perché la memoria è labile, e perché i libri tratti dalla realtà non sono spesso che esili barlumi e schegge di quanto abbiamo visto e udito”), raccoglie frammenti di vita famigliare, racconta aneddoti, recupera emozioni, descrive il variegato carattere delle persone così come apparivano ai suoi occhi di bimba prima, di adolescente poi, di donna infine (ma in minor parte). I genitori, i fratelli e le sorelle, i parenti vicini e lontani, gli amici di famiglia: tutti compaiono con il loro vero nome o, a volte, soprannome. Non se ne ricavano biografie complete ma ritratti emozionali. Ciascuno di noi potrebbe, nei limiti del nostro proprio talento di affabulatori, riempire un libro del genere raccontando i ricordi di infanzia, perché tutti abbiamo avuto, e abbiamo, un “lessico famigliare” di riferimento: frasi ricorrenti, esclamazioni, modo di dire, atteggiamenti, giudizi sugli altri tipici del padre e della madre, dei nonni o degli zii. Natalia Ginzburg, sicuramente più dotata di noi quanto a capacità di scrivere e descrivere, ci parla della sua famiglia. La figura che più emerge è quella del padre, Giuseppe Levi, importante biologo e professore universitario, perseguitato dal regime perché ebreo (e antifascista). Uomo burbero come quant’altri mai, talmente antipatico da essere simpatico per paradosso. Ma il teatrino famigliare che gli ruota attorno, sullo scenario della Torino tra gli anni Venti e i Cinquanta, è variegato di personaggi caratterizzati ciascuno in modo diverso come diversi sono i caratteri (che peraltro mutano nel tempo). Colpisce, per quanto la Ginzburg ne parli come di assoluta normalità di frequentazioni, la quantità di figure storiche illustri che compaiono nel libro, elencate nel novero degli amici o dei conoscenti: i fratelli Rosselli, Filippo Turati, Ugo Pajetta, Adriano Olivetti, Pitigrilli, Cesare Pavese e naturalmente Leone Ginzburg, l’intellettuale antifascista morto in carcere a Roma, che Natalia sposò e dal quale ebbe due figli (poi ci fu un secondo marito). Benché “Lessico famigliare” non tracci puntualmente il quadro storico delle vicende politiche, ma vi faccia riferimento soltanto per quanto poteva essere percepito e compreso dall’autrice bambina, è inevitabile ricavarne uno spaccato della realtà italiana durante il fascismo. La Ginzburg non dipinge niente a tinte cupe, ma certamente gli anni al confino, la rocambolesca fuga in Francia di un fratello, la prigionia di un altro così come quella di tanti amici, la deportazione di parenti e conoscenti, la clandestinità sono tutti avvenimenti raccontati con dolore. Il tono complessivo del libro resta comunque brillante, divertente. Si ride, talvolta. In altri casi ci si commuove o ci si preoccupa. Come capita nella vita.
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