Luca Laca Montagliani
PASOL VOL. 2
Cut-Up Publishing
brossurato, 2019
326 pagine, 18.90 euro
Le strip di Pasol, divertente personaggio underground e crumbiano di Luca Laca Montagliani, sono apparse a partire dal 1998 sulla rivista alternativa "Orcodrillo" e poi in vari volumetti a lui dedicate dall'etichetta indipendente Annexia. Nel 2018 e nel 2019 Cut-Ut le ha raccolte in due volumi. Questo, il secondo, è quello della maturità del tratto grafico, più accattivante e pulito, e raccoglie anche omaggi di altri autori, tra cui l'insospettabile Sergio Bonelli. Ma c'è anche Marco Verni, che ha disegnato uno Zagor... pasolizzato. A me, Pasol fa molto ridere. Però, tanto per parlare di me e non di Luca Laca, a mio avviso fa ridere anche la prefazione che ho scritto. La riporto qui di seguito pari pari.
DO RE MI PASOL LA SI
di Moreno Burattini
Quando Luca Laca (un nome che è tutto un programma) mi ha chiesto di scrivere una prefazione a un suo volume su Pasol, credevo si riferisse a Pasolini. In fondo, i giovani moderni scrivono “xché” invece di “perché” e “qnd” al posto di “quando”, perciò poteva essere che Pier Paolo Pasolini venisse abbreviato in “Pasol”. Soprattutto da un esponente della cultura underground pubblicato su riviste alternative e assimilabile nello stile grafico ai graffitari che insozzano i muri. Ho accettato con entusiasmo, ma mi sono preso del tempo, prima di consegnare: ho voluto rileggermi “Petrolio”, “Scritti corsari” e “Ragazzi di vita”, per farmi trovare ferrato sulla materia. Del resto, sono un professionista delle introduzioni. Mi chiedono introduzioni per libri di tutti i tipi, a ogni piè sospinto, in genere volumi semiclandestini di piccoli editori mai sentiti nominare prima, ma comunque introduzioni. Ho all’attivo più introduzioni io di Rocco Siffredi. Del resto sono un ragazzo disponibile e di bocca buona, perciò se qualcuno mi chiede di introdurre, io introduco. Dunque, fatto il ripasso sulla produzione pasoliniana necessario alla bisogna, mi sono messo a leggere Pasol chiedendomi, dopo le prime tavole, quando fosse entrato in scena Pasolini. O quando, in qualche vignetta, si fosse fatto riferimento a lui. In effetti qua e là qualche trovata più scatologica, qualche turpiloquio e qualche raffigurazione della fauna umana delle periferie mi ha fatto pensare che cominciassero le allusioni prodromiche alla trattazione della biografia del grande regista, poeta e scrittore cantore delle borgate e dei borderline metropolitani. Poi però, alla fine, mi sono convinto che Pasolini non c’entrasse niente. Ecco. Più che deluso, mi sono ritrovato allarmato. E adesso di che parlo? Naturalmente, un vero professionista della prefazione non si può tirare indietro alla prima difficoltà. Bisogna improvvisare. Millantare credito. Scrivere frasi che suonino bene senza dire niente. Ma, a dire il vero, qualche bel concetto da esprimere me lo sono appuntato. Però Luca Laca mi chiede di introdurre il secondo volume di Pasol e non il primo (resta il mistero di come possa esserci un secondo volume dopo un primo del genere). La prima introduzone, scopro con sorpresa, è affidato a Davide Barzi. Ora, com’è possibile che il più grande introduttore del mondo (cioè io) debba venire DOPO un Davide Barzi qualsiasi? Ma, quel che è più grave, Luca Laca mi invia in lettura il testo (pfui, testo, figuriamoci) di Barzi. E che scopro? Che quel che dice lui è esattamente quel che volevo scrivere io. Così non vale. Ma non è finita. Mi metto a leggere tutte le tremende avventure di Pasol (se non fossi il professionista che sono avrei solo finto di averlo fatto) e mi appunto quattro concetti in croce da poter esprimere. Ma ecco che scopro, in mezzo al primo volume, ben occultati ma presenti, commenti di Ferruccio Giromini, di Michele Ginevra e addirittura di Carlo Chendi. Giromini scrive che la volgarità che contraddistingue Pasol è un mezzo e non un fine; Ginevra aggiunge che i testi sono forti ma non gratuiti e comunque trattano dell’incomunicabilità tra uomo e donna; Chendi conclude che Laca ha dei temi comici perfetti e che fa ridere (in realtà per far ridere un ilare e faceto come Carlo ci vuol poco). Confronto queste riflessioni con le mie: uguali! Hanno già detto tutto loro. Ma insomma! Come si fa a chiedere una introduzione a qualcuno dopo che già mezzo mondo ha detto la sua e si è accaparrato tutte le cose da dire? Per non parlare dello stesso Luca Laca che ha presentato se stesso, e di Pagani & Caluri che dicono la loro su questo secondo volume (vengono dopo di me, come vedrete, ma hanno scritto prima, e il concetto che esprimono è l’ultimo e definitivo: Laca è un cretino – dopodiché, novantadue minuti di applausi). In pratica, non mi è rimasto da dire niente. Se volete, però, vi posso parlare di Pasolini.
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