sabato 11 novembre 2023

GHIACCIO SOTTILE


 


 
Piero Degli Antoni
GHIACCIO SOTTILE
Rizzoli
Seconda  edizione novembre 2005
cartonato – 360  pagine -  euro 16,50


“Sei alpinisti bloccati sull’Himalaya. Un cadavere nella neve. Soltanto sette giorni per salvarsi”. Tre righe sotto il titolo salvano la pessima copertina (ma chi è il grafico che l'ha pensata?) e valgono la lettura. Il romanzo  è un ottimo congegno per catturare l’attenzione dei lettori, e dopo i primi due capitoli è difficile smettere di leggere, dato che la vicenda comincia a ingranare e si continua a macinare capitoli.
Piero Degli Antoni, che è ben documentato in materia di alpinismo, congegna un susseguirsi di colpi di scena, condotti tenendo conto anche delle vere difficoltà degli alpinisti oltre i settemila metri, e della psicologia degli scalatori. Attinge sicuramente fatti avvenuti ad alpinisti celebri (Reinhold Messner che torna a valle senza il fratello, scomparso ad alta quota, la sparizione dagli occhi degli osservatori di Mallory ed Irvine nel 1924 sull'Everest, la cronaca di una tragedia himalayana del 1996 tracciata da "Aria sottile" di Jon Krakauer), come del resto ho fatto io per il giallo alpinistico zagoriano "Il gigante di pietra" (2007), che deve qualcosa anche a Degli Antoni.
 Su una vetta over ottomila dell’Himalaya, il Kinsoru, un alpinista avvista il cadavere di un altro scalatore, Jean-Pierre Leblanc. Pochi giorni dopo, una giornalista e un fotografo (Fiona e Iaan) vanno alla ricerca del corpo convinti di poterne ricavare un servizio per il loro giornale, e scortati da una guida sherpa, Tenzin (come lo sherpa Tenzin primo scalatore dell’Everest) rimangono bloccati da una tempesta in una tenda a quota settemila. La tenda diventa rifugio anche per altri tre uomini che sono sul Kinsoru per cercare a loro volta ciò che resta di Jean-Pierre. Si tratta di Michel, suo fratello, e dello scalatore Hans Von Reichlin (un barone austriaco) e del di lui assistente Anatoli Boroda. Michel è stato l’ultimo a vedere Jean-Pierre da vivo (almeno per quel che se ne sa), in quanto lui e il fratello stavano scalando insieme la vetta quando accadde qualcosa: Michel non ha mai  raccontato che cosa, sostenendo di aver perso la memoria. Fatto sta che Jean-Pierre scomparve e Michel fu ritrovato in stato di shock sul versante opposto della montagna. Von Reichlin faceva parte della stessa spedizione, ma i due Leblanc avevano abbandonato lui e gli altri compagni di scalata, nottetempo, per raggiungere la cima da soli. Il barone se ne era accorto, aveva cercato di raggiungerli senza riuscirci ma li aveva visti, inequivocabilmente insieme, mentre si avviavano verso le quote più alte. Adesso Von Reichlin ritiene che Michel sia lì per trovare il cadavere del fratello e farlo scomparire, dato che sul suo corpo si troverebbero le prove del fatto che il giovane era stato ucciso. Michel avrebbe avuto infatti dei motivi, dato che il padre aveva intestato al fratello gran parte dei suoi beni. Michel professa la sua innocenza e a sua volta spiega l’ossessione del barone nel volerlo accusare per il fatto che, in passato, gli aveva soffiato la moglie (peraltro scomparsa abbandonando lo stesso Michel). Ma tutti si scoprono collegati a Jean Pierre, persino Fiona, che ne era stata l’amante di una notte il giorno prima della partenza verso la vetta e aveva scoperto che il giovane era gravemente malato e una scalata ad alta quota lo avrebbe sicuramente ucciso. Una sorta di "Assassinio sull'Orient-Express" a settemila metri di altezza, dove la rarefazione dell'aria può essere fatale per chi non discenda in tempo utile. L’estremo colpo di scena è nell’ultima pagina, quando il caso sembra risolto.

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