LE REGOLA DELL'EQUILIBRIO
di Gianrico Carofiglio
Einaudi
2014, brossurato
282 pagine, 19 euro
Mi è sempre sembrato di poter avvicinare l'avvocato Guido Guerrieri, il personaggio protagonista di questo e altri cinque romanzi di Carfiglio editi da Sellerio, al Matthew Hope di Ed McBain, avvocato anche lui, che compare invece in tredici libri dello scrittore americano. Sarà che McBain, noto soprattutto per la sua serie dell'87° Distretto, è uno dei padri fondatori del "procedural", ovvero del giallo che rispetta, con competenza, le vere procedure delle indagini di polizia, e anche Carofiglio è uno che ne capisce, visti i suoi trascorsi da magistrato. Peraltro capirne di procedure non statunitensi ma italiane (un labirinto di storture e di cunicoli per sotterfugi) è sicuramente un punto di merito a cui fare tanto di cappello, così come non si può non restare ammirati davanti all'abilità con cui l'autore pugliese riesce a spiegare a far comprendere anche ai non iniziati i risvolti della legge e a guidare i suoi lettori nei meandri delle consuetudini dei tribunali del Bel Paese. Si potrebbe etichettare "La regola dell'equilibrio" come un legal thriller o come un giallo giudiziario, se non fosse che di thriller non c'è niente e di giallo, tutto sommato, ancor meno. Guido Guerrieri è uno straordinario personaggio a dispetto della sua antipatia (sempre pronto a sottolineare quanto lui abbia letto gli autori che contano, mica i romanzetti che comprano tutti, e ascolti la musica migliore parlando con una certa spocchia dei gusti degli altri, per non parlare delle paturnie etico-politiche che lo elevano sopra il livello dei comuni mortali, per cui pare provare un certo disgusto radical chic), tormentato dalla sua solitudine seguita a un divorzio che ha subito, in preda ad astratti furori che sfoga sul suo sacco da boxe. E' interessante e coinvolgente seguirlo nei suoi casi personali, nelle sue visite in libreria, nelle sue fermate al bar, nei suoi problemi di salute, nei giri per le strade di Bari (esplorata in tutti i quartieri). Carofiglio non ha bisogno di una vera e propria storia gialla per farsi leggere. Anzi, i casi che racconta tutto sommato sono probabili più che plausibili, a differenza di quelli dei delitti delle camere chiuse, e riguardano sempre personaggi verosimiglianti, che sembrano tolti di peso dall'osservazione attenta della realtà. Per di più, per fortuna, non è un poliziotto e questo ci risparmia l'ennesimo Commissario. Inoltre, punto di merito non da poco, benché Carofiglio provenga dalla magistratura, sposa il punto di vista di chi difende gli imputati: caso encomiabile in un paese di giustiziasti e di processi in piazza. In passato, però, le indagini dell'avvocato Guerrieri erano state un tantino più elaborate: si arrivava alla verità lungo un percorso di avvicinamento. Ne "La regola dell'equilibrio", invece, la verità viene semplicemente servita sul piatto d'argento da Carmelo Tancredi, amico di lungo corso dell'avvocato, che a un certo punto gli rivela come stanno le cose. Il poco che c'è da indagare (la raccolta di confidenze nel tribunale di Lecce che indaga su un magistrato garantista di Bari, Pierluigi Larocca) viene indagato da Annapaola Doria una investigatrice privata, che gira con una mazza da baseball in borsa e che, come Lisbeth Salander, gira in moto, ed è androgina e bisex. Il bello del romanzo (che è, appunto, bello) consiste non tanto nell'indagine quanto nei problemi di coscienza che un conflitto di interessi interiore ma anche legale e pratico pone a Guido Guerrieri nel maneggiare un caso molto ma molto delicato, e benissimo raccontato. Mi offro comunque all'autore per spiegargli con una dotta conferenza il senso del testo di "Ti amo" di Umberto Tozzi e Giancarlo Bigazzi, su cui si ironizza a metà racconto, a patto che lui mi spieghi quello di altre canzoni americane che, essendo in inglese, meno si prestano a venir prese in giro ma volendo ce ne sarebbe, oh se ce ne sarebbe.
Einaudi
2014, brossurato
282 pagine, 19 euro
Mi è sempre sembrato di poter avvicinare l'avvocato Guido Guerrieri, il personaggio protagonista di questo e altri cinque romanzi di Carfiglio editi da Sellerio, al Matthew Hope di Ed McBain, avvocato anche lui, che compare invece in tredici libri dello scrittore americano. Sarà che McBain, noto soprattutto per la sua serie dell'87° Distretto, è uno dei padri fondatori del "procedural", ovvero del giallo che rispetta, con competenza, le vere procedure delle indagini di polizia, e anche Carofiglio è uno che ne capisce, visti i suoi trascorsi da magistrato. Peraltro capirne di procedure non statunitensi ma italiane (un labirinto di storture e di cunicoli per sotterfugi) è sicuramente un punto di merito a cui fare tanto di cappello, così come non si può non restare ammirati davanti all'abilità con cui l'autore pugliese riesce a spiegare a far comprendere anche ai non iniziati i risvolti della legge e a guidare i suoi lettori nei meandri delle consuetudini dei tribunali del Bel Paese. Si potrebbe etichettare "La regola dell'equilibrio" come un legal thriller o come un giallo giudiziario, se non fosse che di thriller non c'è niente e di giallo, tutto sommato, ancor meno. Guido Guerrieri è uno straordinario personaggio a dispetto della sua antipatia (sempre pronto a sottolineare quanto lui abbia letto gli autori che contano, mica i romanzetti che comprano tutti, e ascolti la musica migliore parlando con una certa spocchia dei gusti degli altri, per non parlare delle paturnie etico-politiche che lo elevano sopra il livello dei comuni mortali, per cui pare provare un certo disgusto radical chic), tormentato dalla sua solitudine seguita a un divorzio che ha subito, in preda ad astratti furori che sfoga sul suo sacco da boxe. E' interessante e coinvolgente seguirlo nei suoi casi personali, nelle sue visite in libreria, nelle sue fermate al bar, nei suoi problemi di salute, nei giri per le strade di Bari (esplorata in tutti i quartieri). Carofiglio non ha bisogno di una vera e propria storia gialla per farsi leggere. Anzi, i casi che racconta tutto sommato sono probabili più che plausibili, a differenza di quelli dei delitti delle camere chiuse, e riguardano sempre personaggi verosimiglianti, che sembrano tolti di peso dall'osservazione attenta della realtà. Per di più, per fortuna, non è un poliziotto e questo ci risparmia l'ennesimo Commissario. Inoltre, punto di merito non da poco, benché Carofiglio provenga dalla magistratura, sposa il punto di vista di chi difende gli imputati: caso encomiabile in un paese di giustiziasti e di processi in piazza. In passato, però, le indagini dell'avvocato Guerrieri erano state un tantino più elaborate: si arrivava alla verità lungo un percorso di avvicinamento. Ne "La regola dell'equilibrio", invece, la verità viene semplicemente servita sul piatto d'argento da Carmelo Tancredi, amico di lungo corso dell'avvocato, che a un certo punto gli rivela come stanno le cose. Il poco che c'è da indagare (la raccolta di confidenze nel tribunale di Lecce che indaga su un magistrato garantista di Bari, Pierluigi Larocca) viene indagato da Annapaola Doria una investigatrice privata, che gira con una mazza da baseball in borsa e che, come Lisbeth Salander, gira in moto, ed è androgina e bisex. Il bello del romanzo (che è, appunto, bello) consiste non tanto nell'indagine quanto nei problemi di coscienza che un conflitto di interessi interiore ma anche legale e pratico pone a Guido Guerrieri nel maneggiare un caso molto ma molto delicato, e benissimo raccontato. Mi offro comunque all'autore per spiegargli con una dotta conferenza il senso del testo di "Ti amo" di Umberto Tozzi e Giancarlo Bigazzi, su cui si ironizza a metà racconto, a patto che lui mi spieghi quello di altre canzoni americane che, essendo in inglese, meno si prestano a venir prese in giro ma volendo ce ne sarebbe, oh se ce ne sarebbe.
Nessun commento:
Posta un commento