Nicholas Meyer
LA SOLUZIONE SETTE PER CENTO
Il Giallo Mondadori Sherlock
2017, brossurato
200 pagine, 5.90 euro
La collana "Sherlock" dedicata dal Giallo Mondadori ai romanzi apocrifi con protagonista il Detective di Baker Street, ovvero Sherlock Holmes, pubblica come suo trentatreesimo titolo, datato maggio 2017, uno dei più celebri falsi sherlockiani. Dico "falsi" senza voler dare un giudizio negativo sulla sterminata produzione letteraria che ha proseguito l'opera di Arthur Conan Doyle nella narrazione delle imprese del più famoso investigatore del mondo. Nella maggior parte dei casi gli autori si pongono il problema dell'aderenza al "canone" e dunque cercano di rispettare non soltanto la personalità e le caratteristiche del personaggio ma anche inseriscono le loro storie in precisi momenti della sua "biografia" con l'intento di non contraddire in niente ciò che Conan Doyle ha stabilito, sfruttando magari le cose non dette o lasciate in sospeso. Molto meno fedeli sono le trasposizioni cinematografiche o televisive ma questo è un altro paio di maniche. "The Seven-Per-Cent Solution" è un romanzo del 1974 che nel 1976 è divenuto anche un film. Si tratta di un testo degno di nota perché protagonisti non ne sono soltanto il Dottor Watson (l'io narrante) e Sherlock Holmes, ma anche Sigmund Freud, il padre della psicanalisi. Ma non basta: Nicholas Meyer (newyorkese classe 1945) si prende anche la responsabilità di svelare il motivo per cui Holmes si droga, perché consideri ossessivamente il professor Moriarty un suo acerrimo nemico e perché non riesca a legare con le figure femminili. Come se non bastasse, risolve in modo clamoroso il problema del Grande Iato. Cos'è il Grande Iato? Sono i mesi oscuri e misteriosi in cui Sherlock scompare, dato per morto in una cascata in Svizzera dopo il racconto "Il problema finale", per poi far ritorno molto tempo dopo in quello intitolato "Casa vuota". In realtà sappiamo che Conan Doyle voleva liberarsi del suo ingombrante personaggio per scrivere altro, e che furono le pressioni dei lettori a convincerlo, o forse a costringerlo, a riportarlo in vita. Meyer giustifica la faccenda, senza contraddire ciò che sappiamo, con il bisogno che aveva Holmes di completare la sua disintossicazione dalla cocaina iniziata grazie a Freud a Vienna nella primavera del 1891. In uno dei racconti canonici, Conan Doyle fa dire a Watson di aver aiutato Sherlock a liberarsi della sua tossicodipendenza, senza entrare nei particolari. Ne "La soluzione sette per cento" ecco tutti i particolari forniti fino alla dovizia: il biografo del Detective di Baker Street si accorge di come il suo amico cada sempre più preda al suo vizio e soffra di deliri e crisi di persecuzione. Così, d'accordo con Mycroft Holmes, il fratello di Sherlock, organizza una sorta di "trappola" per portare l'investigatore fino a Vienna, dove Freud gli svela la verità (non è stato accompagnato fin lì per un risolvere un caso misterioso ma per una cura) e lo prende in terapia. Però poi un caso misterioso si presenta eccome, ed è quello che serve perché Holmes ritrovi l'entusiasmo ed esca dal suo tunnel, visto che Freud da solo non basta. Il Detective deduce persino gli sviluppi che porteranno alla Prima Guerra Mondiale, Freud utilizzando i metodi del paziente traccia un azzeccato ritratto psicologico dell'Imperatore austriaco traendone spunto per perfezionare le sue teorie che porteranno alla psicanalisi. Non mancano le scene d'azione che contraddistinguono molte pagine di Conan Doyle. Un'ultima curiosità: il titolo allude alla percentuale di principio attivo psicotropo nelle dosi utilizzate da Holmes per drogarsi.
Nessun commento:
Posta un commento