Roberto Cantagalli
COSIMO I DE' MEDICI
Mursia
cartonato, 312 pagine
1985, 25.000 lire
COSIMO I DE' MEDICI
Mursia
cartonato, 312 pagine
1985, 25.000 lire
Più che si leggono, per passione, libri sulle vicende del passato e biografie di personaggi storici, più ci si rende conto di come la storia non sia proposta nel migliore dei modi dai programmi scolastici. Gli studenti, in genere, la trovano una materia noiosa. Invece, se si riuscissero a far risaltare la personalità degli uomini che ne furono protagonisti e il lato romanzesco delle dinamiche del suo scorrere, sicuramente anche i forzati delle aule di scuola imparerebbero a divertirsi nel leggere le pagine che li riguardano. Cosimo I de' Medici, tuttavia, è un personaggio affascinante anche se nessuno ricorda di averlo visto brandire una spada sul campo di battaglia. Non fu protagonista di imprese eroiche, non lo si ricorda perché fu campione di ideali democratici e liberali, non assassinò le sue mogli. Però, caspita, si trovò giovanissimo e assolutamente per caso nominato Duca di una Firenze distrutta da anni di guerre interne e da un assedio durato un anno (quello degli imperiali, tra il 1529 e il 1530) e trasformò il suo dominio nel Granducato di Toscana, uno stato vero e proprio al pari degli altri Regni europei, destinato a durare fino all'Unità d'Italia, nella seconda metà dell'Ottocento. La storia della sua salita al potere ha dell'incredibile. Dopo che l'imperatore Carlo V (un altro personaggio degno di monumentali biografie) ebbe restaurato a Firenze i Medici al governo di Firenze, papa Clemente VII (Giulio de' Medici) gli fece nominare Duca il proprio figlio naturale Alessandro (avuto dal Pontefice da una serva di colore, e per questo scuro di pelle e dai capelli crespi, detto appunto "il Moro"). Firenze e la sua campagna erano stati ridotte allo stremo, ferma l'agricoltura, interrotti i commerci, vendette politiche dei palleschi sui repubblicani all'ordine del giorno. Ma, soprattutto, la città era sotto tutela dell'imperatore che conservava le sue truppe stabilmente sul territorio. Carlo V era in pratica un occupante, il nuovo regime mediceo solo una facciata. Per di più Alessandro de' Medici era un gozzovigliatore incapace. Non c'era di che stare allegri. Sennonché, la notte dell'epifania del 1537, il cugino del Duca, Lorenzino, che di Alessandro era un compagno di baldoria, per motivi oscuri e del tutto personali, gli tende un agguato e lo ammazza a coltellate. Poi fugge a Venezia. Lorenzo era anche l'erede dello scettro ducale, ma certamente non avrebbe potuto essere lui il nuovo Duca, assassino com'era del genero di Carlo V (Alessandro ne aveva sposata una figlia). I maggiorenti del partito pallesco, capitanati da Francesco Guicciardini, individuano allora nel diciassettenne Cosimo (nato nel 1519), orfano di Giovanni delle Bande Nere, rampollo del ramo cadetto dei Medici (quello detto "dei popolani"), il migliore dei candidati possibili perché, essendo giovane e inesperto, avrebbe potuto essere facilmente manovrato dalle volpi più anziane, Guicciardini in testa, che si illudevano di regnare al posto suo, per interposta persona. Cosimo quindi venne nominato Duca credendo che potesse essere un burattino nelle mani dei maggiorenti fiorentini. Del resto, il ragazzo (alto e di bellissimo aspetto) era sempre vissuto in disparte con la madre e sembrava non capire nulla di politica. Ed ecco che, contro ogni aspettativa, Cosimo riesce in pochi mesi a far fuori o mettere all'angolo tutti i suoi tutori, a trattare direttamente con Carlo V, a sventare la minaccia dei fuoriusciti (come Filippo Strozzi), a prendere saldamente in mano il potere. Crea un regime di spie, di polizia, di censura, ma risolleva le sorti fiorentine, restaura la città, la abbellisce (Palazzo Pitti, il Giardino di Boboli, il corridoio Vasariano), rilancia i commerci, ingrandisce i domini. Sposa la figlia del viceré di Napoli, ne investe le cospicue ricchezze, ci fa undici figli e si assicura una dinastia. Con estrema furbizia, fingendosi amico di Carlo V, lo convince a ritirare, progressivamente, le truppe occupanti (gli fa prestiti in denaro di cui l'imperatore ha estremo bisogno e chiede quelli che potremmo definire "rimborsi in natura"), si annette Siena, rinforza Pisa e Livorno per scongiurare attacchi saraceni, manovra tre papi intortandoli magistralmente anche a costo di consegnare prigionieri all'inquisizione (perfino amici propri, come il povero Piero Carnesecchi). Insomma, Cosimo si rivela un politico machiavellico (sicuramente aveva letto "Il Principe"). Un despota, e senza scrupoli, ma intelligente e in grado di fondare un Regno. Nel 1570 Cosimo venne incoronato Granduca da Pio V. Morì nel 1574 e gli successe il figlio Francesco.
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