sabato 17 luglio 2021

YOGA

 

 
 
Emmanuel Carrère
YOGA
Adelphi
brossurato, 2021
318 pagine, 20 euro


Carrére è ipnotico. Potrebbe raccontare a modo suo l'elenco del telefono e si starebbe a leggerlo incantati per ore e ore. Per di più, lo scrittore francese racconta sempre la propria vita: anche quando ha pubblicato le (straordinarie) biografie di San Paolo e di Limonov, in realtà ha trovato il modo di parlare di se stesso. Stavolta parla proprio di se stesso, e ugualmente si resta ipnotizzati, non c'era da dubitarne. Il periodo preso in esame, cioè dal 2015 al 2019, coincide con quello di una terribile depressione e una diagnsi di disturbo bipolare che lo porta quasi al punto di non ritorno, di cui fa la cronaca, e quindi l'argomento è ostico. Carrère lo affronta partendo dal momento in cui si ritira in una tenuta in campagna dove un gruppo di iniziati alla meditazione Vipassana ha organizzato una sorta di ritiro spirituale di una decina di giorni per praticanti intenzionati a perfezionarsi. Lo scrittore, che pratica meditazione, yoga e tai chi da molti anni, decide di prendervi parte perché è intenzionato a scrivere un libro proprio su questo tipo di argomento. Il corso, che prevede un isolamento totale e, viene detto, può provocare effetti collaterali a livello psicologico. Non è ben chiaro (almeno io non l'ho capito) se proprio il corso scatena dei disturbi psichici già latenti in Carrère (lo scrittore dce di averne già sofferto, in forma più lieve, in passato), che comunque non porta a termine la prova costretto a lasciare il gruppo in seguito alla strage di Charlie Hebdo (un suo amico è fra le vittime, e lui stesso potrebbe essere un bersaglio, per una recensione positiva al libro di Houellebecq "Sottomissione", che parla di Islam). Fatto sta che poco dopo, nonostante Carrère  fosse convinto di attraversare un periodo felice e fortunato della propria vita, cade in un incubo che sembra senza fine, in un abisso che sembra senza fondo, al punto che, come extrema ratio, subisce più volte l'elettroshock. Gli viene diagnostica una patologica psichiatrica, è sottoposto a una terapia a base di litio. Miracolosamente le cure funzionano, e il ritorno al lavoro (prima in Iraq come inviato di un giornale, poi in un campo profughi in Grecia) gli salva la vota. Carrère racconta, come sa fare lui, un aneddoto dopo l'altro (storie d'amore, storie di sesso, storie di viaggi, storie di incontri), in brevi capitoli che narrano fatti intriganti del presente e del passato, ed è gradevole da seguire. Peccato però per il troppo buonismo (neppure contro gli attentatori che gli hanno ucciso un amico riesce a scagliarsi) e per il troppo minestrone di yoga, meditazione, filosofia orientale che, sinceramente, finisce per annoiare un po', chi, come me, è alieno dalle cineserie. Chissà poi se tutti gli aneddoti raccontati sono del tutto veri: l'ex moglie, per esempio (dopo il recente divorzio e l'accordo fatto con l'ex marito perché di lei non si parlasse), sostiene in un'intervista che Emmanuel si è inventato più di qualcosa (ad esempio, nel campo profughi ci sarebbe rimasto solo pochi giorni e non dei mesi). Ma questo importa ben poco: se un aneddoto è raccontato bene, non importa se è vero a metà.

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