venerdì 3 settembre 2021

LADRI DI TEMPO




Dean R. Koontz
LADRI DI TEMPO
Urania (Mondadori)
1973, brossurato
150 pagine, 350 lire


Dopo aver letto nel 1985, su un numero speciale di “Urania”, il terrificante romanzo “Phantoms!", pubblicato negli USA nel 1983, mi sono ripromesso di tenere sempre d’occhio il suo autore, Dean R. Koontz, che mi parve subito un fuoriclasse. Così è stato, al punto che nei miei scaffali i libri del prolificissimo Koontz contendono il posto a quelli di Stephen King, un altro che ne sforna in continuazione, e al quale può essere accostato, premesso che King resta comunque il numero uno. “Phantoms!” ha dei punti in comune con il kinghiano “It”, scritto tre anni dopo. Ci sono somiglianze anche nelle biografie dei due autori, entrambi del Nord-Est americano, con alle spalle adolescenze difficili e problemi economici, entrambi con al fianco una grande moglie. Nel caso di Koontz, lei si chiama Gerda: il marito a un certo punto le propone un patto, quello di mantenerlo per cinque anni mentre lui, abbandonato l’insegnamento in una High School, prova a sfondare come scrittore. Se non ci fosse riuscito, avrebbe rinunciato al suo sogno, appunto quello di vivere scrivendo. Gerda accetta, e il sogno di Dean si avvera (al punto che lei ha finito per farle da agente e amministratrice). Il primo romanzo di Koontz (che ha usato anche parecchi pseudonimi), è il fantascientifico “Jumbo-10, il rinnegato”, datato 1968, pubblicato in Italia nel 1969, su “Urania”: dopo secoli di guerra interplanetaria tra i Romaghin e i Setussi, un “uomo tank” si ribella e si schiera dalla parte dei Muties, i mostri reietti senza patria. Date queste premesse, quando ho visto su una bancarella una copia di un altro “Urania”, il n° 620 del giugno 1973, “Ladri di tempo”, scritto sempre da Koontz, me ne sono subito impadronito, nonostante le cattive condizioni. Fruttero & Lucentini, i due curatori dell’epoca, avevano selezionato un romanzo del 1972, “Time Thieves”, che occupa però solo le prime ottanta pagine del libro (le successive settanta ospitano rubriche e un racconto di un altro autore, “Musica nello spazio”, del veterano Stephen Tall). Quindi si tratta di un romanzo breve, a meno che “Urania (cosa, purtroppo, possibilissima) non abbia effettuato dei tagli. “Ladro di tempo” ha comunque la struttura essenziale di un telefilm, di quelli della serie “Ai confini della realtà”, a cui senza dubbio si ispira. Solo due personaggi (almeno quelli umani), Pete Mullion e la moglie Della, e un mistero destinato a risolversi attraverso un percorso da brividi ma senza contorsioni. Il protagonista si ritrova nel garage di casa, a bordo della propria auto con il motore acceso, e si rende conto di non ricordare cosa gli è accaduto, non ha memoria della strada fatta per rientrare né da dove venisse. Quando la moglie lo vede, trasecola: Pete era scomparso da dodici giorni! Sottoposto a visite mediche, il marito risulta perfettamente sano. Lo si ritiene vittima fu amnesia, resta il mistero di dove sia stato, dove abbia dormito e mangiato. Mistero che si infittisce quando Pete si accorge di essere seguito da personaggi apparentemente umani ma che poi si rivelano robot e di aver acquisito la facoltà di leggere nella mente degli altri e poter loro trasmettere i propri pensieri. Spoiler: dietro tutti ci sono degli extraterrestri, di cui Pete ha scoperto lo sbarco sul nostro pianeta e che per cancellare dalla sua mente il ricordo dell’incontro ravvicinato hanno manipolato la sua mente. Il finale è aperto perché i nuovi poteri di cui Mullion si scopre dotato possono essere trasferiti ad altri uomini cambiando la storia dell’umanità. Vista la brevità e la, tutto sommato, essenzialità della trama, ma anche la semplicistica raffigurazione degli alieni (appunto da fantascienza da B-Movie o da telefilm anni Cinquanta e Sessanta), un romanzo davvero minore di Koontz.

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