INFERNO
di Dan Brown
Mondadori
2013, cartonato,
530 pagine
Ci sono pro e contro di cui tener conto. Cominciamo dai pro. Come quasi tutti i romanzi di Dan Brown, la lettura è avvincente. Ogni capitolo lascia con la voglia di andare avanti e a un certo punto il racconto si fa ipnotico, non si riesce a smettere di leggere. Il set principale è Firenze, e chi la conosce (come credo di poter dire di conoscerla io) ritrova effettivamente strade, palazzi, modi di dire e di fare. Il che testimonia una notevole documentazione e, probabilmente, ripetute visite dell'autore sui luoghi da lui descritti. In più, a ogni piè sospinto si scoprono curiosità e aneddoti poco conosciuti che invogliano ad andare a visitare la città. Lo stesso vale per le altre due mete del peregrinare di Robert Langdon: Venezia e Istanbul. I colpi di scena non mancano, e fino alla fine si viene ingannati perché niente o quasi è come sembra. Il romanzo, inoltre, è pieno d'azione, non ci sono momenti di stanca o punti morti, il ritmo è serrato e rocambolesco. Infine, la tematica di fondo che sostiene la trama è il problema della sovrappopolazione del pianeta, che rischia di portare al collasso il genere umano: un argomento intrigante. Passiamo ai punti negativi: la scrittura di Dan Brown è prossima al grado zero della letterarietà. Lineare, chiara, semplice, efficace, dunque funzionale alla comunicazione immediata, ma dal punto di vista stilistico, dell'approfondimento psicologico o dell'intento descrittivo filtrato da un approccio artistico, non c'è trippa per gatti. Il che potrebbe anche non essere un difetto, se non si cerca niente di più che un blando intrattenimento. Altro problema: siamo alle solite, Langdon ha sempre a che fare, come già nel "Codice Da Vinci", con qualcuno che lo vuole acchiappare e lui fugge da un posto a un altro svelando degli enigmi come in una caccia al tesoro. Ci sono sempre degli indovinelli da risolvere mentre dei cattivi, o presunti tali, gli sono alle calcagna e talvolta gli sparano addosso. Troppa ripetitività, troppi deja vu in questo schema. Che poi, nel caso di "Inferno", non si capisce neppure bene perché mai il biologo Bertrand Zobrist abbia dovuto lasciare tutti quegli enigmi da risolvere, invece di mettere semplicemente in atto il suo piano o, al limite, lasciando un solo messaggio in codice. Per avviarci a finire, nello sforzo di sorprendere come il prestigiatore che mescola le carte, Dan Brown finisce per deludere perché la spiegazione che fa capire come ci fossimo ingannati è, spesso, qualcosa di minimale o di involontariamente umoristico. Se crediamo per tutto il libro che ci sia un personaggio colpito dalla peste bubbonica e poi scopriamo che ha soltanto una dermatite di origine allergica, è chiaro che siamo sorpresi, sì, ma anche un po' perplessi, come quelli che chissà che avevano pensato e invece tutto si risolve in una cosetta di poco conto. Circa il finale, in realtà la vicenda non si risolve e l'eventuale soluzione si dà per rimandata: chi voleva cambiare la storia l'ha cambiata davvero, e Dan Brown sembra fare il tifo per lui (senza avere tutti i torti, peraltro). Ciò detto, decidete da soli se questa recensione è positiva o negativa.
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