Tiziano Sclavi
MOSTRI
romanzo Camunia
Collana Fantasia & Memoria
Settembre 1994
brossura - lire 20.000
Pubblicato in una prima versione più
breve nel 1985 (all’interno di una antologia di raccointi italiani intitolata
“Il bel Paese”), questo romanzo giovanile di Tiziano Sclavi (classe 1953),
trova una definitiva edizione rivista e corretta nel 1994, grazie anche allo
straordinario successo di Dylan Dog, il personaggio a fumetti a cui soprattutto
si deve la popolarità dell’autore, straordinario sceneggiatore di comics oltre
che scrittore. “Mostri” vinse il Premio Scerbanenco 1994 (pur non essendo né un
giallo né un noir), e nel 2010 Federico Maggioni ne ha tratto una versione
graphic novel edita da BD. La lettura è piacevole, lo stile scorrevole, il
linguaggio pulito. I capitoli, non numerati nè contrassegnati, sono
insolitamente brevi: due, tre paginette al massimo, talvolta una sola. Le
vicende si seguono con gradevolezza e facilità. Pochi aggettivi, pochi tocchi
di colore, bastano a rendere l'idea dei personaggi e delle atmosfere. Questa leggerezza di tratto trova corrispondenza
anche in una estrema levità della trama, che in pratica non esiste,
risolvendosi tutto in tre personaggi e una ambientazione. Sclavi ci parla di
tre freak internati nel reparto "speciale" di uno strano ospedale. Si
tratta di Ciccio, un nano, Sam, un uomo senza arti, e Gnaghi, un handicappato
mentale. I tre dividono la stessa camera, accanto alla quale ce ne sono altre,
tutte occupate da scherzi di natura come loro. Ciccio, l'unico dei tre che può
muoversi liberamente, si affaccia di tanto in tanto a sbirciare nei locali
adiacente, scoprendo di volta in volta mostri sempre diversi del cui destino
però non ci viene detto niente. Assai poco ci viene svelato anche del passato e
del futuro dei tre protagonisti. Di Ciccio sappiamo solo che fino a poco prima
aveva lavorato in un circo, e che si illude di poter essere dimesso in poco
tempo: è sempre in attesa dei risultati di certe sue analisi, che la burocrazia
ospedaliera, però, rimanda sempre nel tempo. Quando finalmente riesce a
ottenerli, li strappa e li getta nel water come se restare in ospedale, a un
certo punto, sia la soluzione migliore. Questo l'unico accenno di trama. Per il
resto, gli unici accadimenti sono le visite delle infermiere che passano per le
corsie portando minestrine e medicinali, o la stitichezza di Ciccio che si
protrae per tutto il romanzo e si risolve solo alla fine. Le stesse infermiere,
ora streghe ora fate a seconda dell'indole di ciascuna (che i ricoverati hanno
imparato a riconoscere), sono quasi anonime, senza spessore, assolutamente
lievi, eteree, inconsistenti, pura apparenza. Quella che piace a Ciccio si
ammala di tumore e viene ricoverata nello stesso ospedale, nel reparto
Oncologia. E' inevitabile leggere in queste pagine una metafora della vita (la
solita, tanto cara a Sclavi): siamo tutti mostri, ciascuno con particolari
mostruosità che ci distinguono dagli altri; condividiamo con altri freak una
stanzetta dell'esistenza, e accanto alla nostra ce ne sono di simili occupate
da mostri che riusciamo solo sbirciare senza sapere niente di loro. Vivere
significa dormire, mangiare, andare al cesso; attendere qualcosa che non arriva
mai (come i risultati delle analisi) ed illudersi che raggiungere questo
qualcosa ci libererà, ci farà felici. Ma quando otteniamo ciò che vogliamo,
siamo ugualmente insoddisfatti: lo buttiamo nel water, finiscono le nostre
illusioni.
Ma c’è dell'altro: la sensibilità dei
personaggi, che esiste al disopra dell'apparente aberrazione delle loro forme.
Il mondo "normale" è portato a considerarli diversi. Li rinchiude in
un ambiente "protetto" lontano da occhi che potrebbero essere turbati
dalla visione di tanta mostruosità. E invece si scopre che anche loro hanno
emozioni e sentimenti, e sanno perfino scherzare sulla loro immensa disgrazia e
interagire con il mondo.
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