Natale Graziani
Gabriella Venturelli
CATERINA SFORZA
Dall'Oglio Editore
1987, cartonato 380 pagine
Se visitate i castelli della Romagna fra Imola e Forlì, in ognuno troverete un pozzo in cui, vi dirà la guida, Caterina Sforza faceva gettare i suoi amanti dopo esserseli portati a letto (o dove avesse avuto voglia di portarseli). Leggende e dicerie, indubbiamente, ma che Caterina fosse discretamente lussuriosa è vero, come è vero che facesse frustare o gettare per qualche tempo in prigione chi, fra i suoi sudditi, osasse malignare sui suoi appetiti sessuali spettegolando su questo e su quello. Del resto, da perfetta e astuta donna di potere (questo è un caso in cui "donna" equivale perfettamente a "uomo"), aveva una fitta rete di spie e di informatori che intercettavano subito i discorsi delle lingue lunghe. Che fosse machiavellica non ci sono dubbi. Peraltro, Niccolò Machiavelli stesso, mandato da lei dai fiorentini per ambascerie, nel rimase colpito, e ne scrisse, per quanto era abile nei giochi politici con gli altri potenti, ferrea nel governo delle sue terre, spietata conto i nemici. Machiavelli racconta anche, e dunque l'episodio lo diamo per certo, di cosa successe quando una congiura di palazzo gli uccise il primo marito, Girolamo Riario, nipote del papa Sisto IV Della Rovere, sposando il quale aveva ricevuto con lui la signoria di Forlì. I congiurati avevano fatto prigioniera la contessa e la portarono davanti a un castello perché ordinasse a chi lo difendeva di aprire il portone e arrendersi. Caterina finse di entrare per dare disposizioni in tal senso e invece si barricò dentro con i difensori. I congiurati portarono sotto le mura i figli della contessa minacciando di tagliar loro la gola se non si fosse arresa. Caterina salì sulle mura, si alzò il vestito mostrando i genitali e disse: uccideteli pure, ho lo stampo per farne degli altri. La congiura fallì e i figli furono salvi, ma la scena fu epica. "Tygra", la definirono una volta: la Tigre. Ebbe tre mariti e un grande amore, quello per Giacomo Feo, un popolano di cui si innamorò al punto che alcuni dei suoi sudditi glielo uccisero convinti che la contessa ne fosse succube e che fosse diventato lui, il Feo, il vero signore di Forlì, pronto anzi a uccidere il legittimo erede, Ottaviano, ancora ragazzetto. Che Caterina potesse essere succube di qualcuno non è dato di crederlo. I congiurati che credevano di farle del bene, furono tutti torturati e squartati. L'ultimo dei suoi mariti, Giovanni il Popolano dei Medici, fratello di Lorenzo il Magnifico, la incontrò perché anche lui venne mandato da Firenze a Forlì per una ambasciata, e fu sedotto dalla bellezza di Caterina da poco rimasta vedova per la seconda volta. Lo stesso anno in cui nacque il loro figlio Ludovico, Giovanni morì (di malattia) e a Ludovico venne cambiato nome, diventando il celebre Giovanni Delle Bande Nere. Che Caterina fosse bella e prosperosa è detto a tutti, ci manca però un suo ritratto, abbiamo delle monete in cui tanto bella non è avendo il nasone degli Sforza. Del resto era figlia illegittima (nata a Milano nel 1463) di duca Galezza Maria e della cortigiana Lucrezia Landriani, ma era stata cresciuta con il resto della prole sforzesca, prima di venire offerta, a nove anni, sposa bambina a Girolamo Riario, in ragione di giochi politici troppo lunghi da raccontare. Se volete saperne di più, compresi gli aneddoti sugli "experimenta" da lei condotti per tutta la vita sui cosmetici e gli afrodisiaci (pare che avesse un rimedio per le disfunzioni erettili maschili che il Viagra levati), questo libro, serio e documentatissimo a dispetto di questa ilare recensione, fa decisamente al caso vostro.
Nessun commento:
Posta un commento