Gaston Leroux
IL MISTERO DELLA CAMERA GIALLA
Garzanti
brossurato, 1967
240 pagine, 350 lire
IL MISTERO DELLA CAMERA GIALLA
Garzanti
brossurato, 1967
240 pagine, 350 lire
Se lo scrittore francese Gaston Leroux (1868-1927) è noto soprattutto per il suo celebre “Il fantasma dell’Opera”, al secondo posto va sicuramente ricordato uno dei più famosi romanzi polizieschi della storia, “Il mistero della camera gialla”, datato 1907. Si tratta, come si può capire anche dal titolo, di uno dei primi “gialli della camera chiusa”, ovvero di quei misteri legato a un crimine commesso da qualcuno all’interno di una stanza da cui non si può fuggire, e che tuttavia all’apertura viene trovata vuota. Il primo giallo della letteratura è, come si sa, “I delitti della Rue Morgue”(1841), di Edgar Allan Poe, ed è appunto anch’esso un “giallo della camera chiusa”. Al racconto di Poe si fa riferimento nel romanzo di Leroux, così come si cita Sherlock Holmes. In seguito sarebbero stati tanti i giallisti che si sono voluti cimentare con questo genere di rompicapo, e tra questi anche Agatha Christie e l’indiscusso specialista John Dickson Carr. Proprio Dickson Carr giudicò il romanzo di Leroux come “uno dei più bei romanzi polizieschi mai pubblicati”. C’è da dire, però, che nel 1907 la prosa, lo stile, il gusto letterario di Leroux risentiva ancora fortemente del feuilleton, e perciò “Il mistero della camera gialla” ha tutte le tinte fosche e gli effettacci sensazionalistici dei romanzi d’appendice. La Christie o Simenon, con i loro Poirot e Maigret, certamente ci consegnano opere più strutturate psicologicamente, e senz’altro più credibili. Arrivano però anche alcuni decenni dopo. L’indagatore inventato da Leroux si chiama Rouletabille, soprannome con cui è conosciuto il giornalista Joseph Josephin, protagonista di una serie di romanzi. Il caso su cui Rouletabille si trova a condurre una inchiesta giornalistica, con l’aiuto dell’avvocato Sainclair che funge da Watson della situazione, non è neppure quello di un omicidio, ma di un tentato omicidio (tentativo ripetuto più volte). La figlia di un celebre scienziato, Mathilde Stangerson, assistente del padre, viene sentita urlare disperatamente nella sua stanza da letto, chiusa dall’interno. Quando la porta della camera viene sfondata, la donna viene trovata ferita gravemente alla testa da un corpo contundente, e con addosso i segni di una brutale violenza, ma con lei non c’è nessuno, né pare esserci alcuna via di fuga che possa essere servita al suo aggressore per allontanarsi. L’ispettore Larsan, ritenuto una vera volpe, sospetta subito del fidanzato di Mathilde, Robert Darzac, che la donna aveva però piantato in asso, di punto in bianco, per motivi misteriosi, un paio di giorni prima. Nel corso delle intricatissime indagini, in cui si sottolineano a più riprese gli aspetti che rendono il caso irrisolvibile, si verificano altri episodi “impossibili”, come quello di quattro uomini che si gettano addosso al criminale in fuga, ciascuno convinto di agguantarlo, ma stringendo le mani su di lui l’uomo sembra scomparire e i quattro si accorgono di essersi afferrati a vicenda. Per meglio far capire come si svolgano i fatti, Leroux fornisce ai lettori piantine dei luoghi. Alla fine, tutto si chiarisce, anche se con una certa ferraginosità. L’assassino è un insospettabile (anche se Van Dine avrebbe qualcosa da ridire), che però Rouletabille, incredibile ma vero, lascia fuggire perché proprio la fuga dimostra la sua colpevolezza.
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