martedì 9 agosto 2022

IL DUCA

 
 

 
 
Matteo Melchiorre
IL DUCA
Einaudi
cartonato, 2022
460 pagine, 21 euro

Una scoperta sorprendente, un amore a prima vista: queste le prime impressioni da riportare nella scheda del romanzo di Matteo Melchiorre che mi accingo a compilare. Dico “amore a prima vista” perché “Il Duca” mi ha attirato fin dalla copertina scorta sul banco del libraio. E’ uno di quei libri che vedi dopo essere entrato a cercare altro, e finisce che ti rimane attaccato alle dita e lo porti a casa e cominci a leggerlo subito, capendo fin dai primi capitoli che ti toccherà divorarlo d’un fiato perché ti intriga. Sono rimasto affascinato fin dalla l’uso della lingua, con il ricorso a parole insolite ma puntualissime, perfettamente in linea con l’io narrante, l’anonimo Duca che racconta una vicenda dipanata nell’arco di un anno ma collegata a una storia famigliare lunga secoli. “Duca”, in realtà è un soprannome, vagamente ironico, datogli dagli abitati del paese di mezza montagna, Vallorgana, dove da dieci anni è venuto a ritirarsi nel maniero di famiglia. Il Duca ha realmente origini nobili, anche se il titolo che gli compete, e che non usa mai, è quello di Conte, essendo l'ultimo discendente di una antica casata, i Cimamonte, giunta con lui al termine della propria parabola. Pur essendo la trama ambientata ai giorni nostri (la tempesta di vento di cui si racconta a un certo punto sembra quella che nel 2018 ha devastato le foreste del Trentino) la figura del protagonista è indubbiamente fuori dal tempo, così come fuori dal tempo sembra la montagna che fa da scenografia al racconto, sicuramente collocabile nelle Alpi orientali (l’autore, classe 1981, è nato a Feltre, in provincia di Belluno, ed è direttore dell’Archivio Storico di Castelfranco Veneto). Le vicende narrate sono assolutamente realistiche, ma sembrano vissute in una bolla temporale sospesa, fiabesca, come del resto capita di avere l’impressione di trovarsi in luoghi dove il tempo si è fermato quando si raggiungono certi paesi di montagna in cui le comunità sembrano cristallizzate e scollegate dal resto del mondo. Un altro aspetto fondamentale del romanzo è anche la descrizione del progressivo abbandono della montagna, un fenomeno che sembra tristemente inarrestabile. Il Duca, erede di un immenso patrimonio di famiglia, si è reso conto di essere l’ultimo del suo casato e cerca un senso da dare alla sua condizione ricevuta in sorte. Per questo si è rifugiato nella villa di Vallorgana, circondata da campi e boschi di sua proprietà, dove vive da solo, occupandosi di far fruttare i propri possedimenti, ma dedicandosi soprattutto alla ricostruzione della storia del suo casato studiando, da uomo colto qual è, l’immenso archivio di carte e documenti di cui dispone. Vuol fare i conti con se stesso, capire chi è, quale sia il proprio destino, quanti valga il retaggio del sangue. Il Duca vive discosto, ma non da estraniato, ordinando l’ archivio di famiglia che gli permette di andare indietro nel tempo. Scandaglia i suoi avi per trovare se stesso. “Il modo giusto per liberarsi del proprio passato, non è dimenticarlo, è conoscerlo”, si legge in una frase che potrebbe essere scelta per sintetizzare il senso del romanzo. Per dieci anni, il Duca vive in tranquillità il suo eremitaggio, poi, improvvisamente, tutto cambia. Una vera e propria guerra gli viene scatenata contro da un vecchio allevatore del luogo, Mario Fastrèda, ottantenne ma dinamico e volitivo. Il motore della trama è appunto l’odio di costui, apparentemente mancante di ogni giustificazione. Il motivo viene nascosto fino alla fine del romanzo, e l’attesa della rivelazione tiene alta la suspense. Un personaggio femminile che spariglia le carte sul tavolo, Maria, appare all’improvviso nel bel mezzo del romanzo. Irrompe nella vita del Duca portandolo a confrontarsi con parti di se stesso ancora inesplorate. Un romanzo straordinario.

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