Hugh M. Hefner
PLAYBOY
TUTTI I PAGINONI CENTRALI
Rizzoli
2017, cartonato
850 pagine
Un libro che comincia con la famosa foto di Marilyn Monroe scattata da Tom Kelley nel 1953 e prosegue con dodici playmate per ogni anno fino al 2016 non può che essere un oggetto e al tempo stesso un simbolo del desiderio. Il ponderoso volume pubblicato dalla Rizzoli in una elegante edizione grade formato raccoglie tutte le pagine centrali (i celebri miniposter apribili) ospitati dalla rivista "Playboy" fondata a Chicago da Hugh Marston Hefner (1926-2017). Proprio Hefner scrive una prefazione introduttiva in cui si legge: "Le donne meravigliose celebrate in queste pagine sono fatte della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. Aspetto ancor più significativo, nella loro scelta semplice e perentoria di posare nude, queste donne di sono fatte portabandiera di una rivoluzione sociale cominciata più di cinquant'anni fa e che continua - sebbene con alti e bassi - ancora oggi. Il mondo ha fatto molta strada a partire dalle repressioni degli anni Cinquanta, ma agli americani capita ancora di avere sentimenti contrastanti nei confronti dei propri impulsi sessuali (forse è meglio dite: nei confronti degli impulsi sessuali dei propri vicini)". La scelta di spogliarsi è un atto di libertà della donna, per millenni costretta dagli usi e costumi e dalle religioni a coprire le proprie forme e celare il proprio aspetto, oppresse dagli uomini - liberi invece di denudarsi a piacere. Dispiace che dopo aver conquistato un sacrosanto diritto di mostrarsi per come sono, un malinteso femminismo oggi tenda di nuovo a negarlo alle donne vedendo in ogni nudo femminile uno sfruttamento del corpo invece che di una naturale esaltazione della bellezza, in questo assecondando quelle religioni che impongono cappe e mantelli. Dave Hickey, nella sua introduzione, riporta le parole ironiche con cui Mark Twain descrive la sua visita agli Uffizi, raccontando quando si venne a trovare davanti alla Venere di Tiziano. Dice lo scrittore americano: "Se tentassi di descriverla provocherei schiamazzi, ma eccola là a disposizione di chiunque voglia divorarla con gli occhi". E descrive, invece, da par suo, le espressioni dei visitatori del museo, uomini e donne. Il nudo viene contrabbandato dall'arte fin dall'antichità. Con la scusa di mostrare dee, eroine mitologiche e persino sante, pittori e scultori hanno soddisfatto il desiderio degli ammiratori delle loro opere, che potevano far scorrere gli occhi sulle forme e sulle curve femminili con l'alibi di aver di fronte un cimelio artistico. Le libere e gioiose modelle di "Playboy" (tutte con la loro firma a dedica della propria foto) liberano finalmente il mondo dall'obbligo di cercare degli alibi: si sono spogliate per loro, prima, e per noi, poi, siamo tutti d'accordi e non c'è bisogno di scuse. Peraltro, le posture sono tutto sommato caste e non inducono in eccessi: non ci sono genitali in mostra in pose ginecologiche, non si accennano masturbazioni o inviti con la lingua. Sono semplicemente belle donne, serene e sorridenti, che si concedono liberamente ai nostri occhi ossequiosi, non di rado velate, fotografate da artisti della macchina fotografica. La carrellata lungo gli anni e i decenni mostra anche l'evolversi del gusto estetico nel culto e nella raffigurazione della bellezza muliebre, di cui è indicatore persino la lunghezza del pelo pubico (non sempre mostrato). Ogni decennio è commentato da introduzioni di intellettuali, scrittori e giornalisti, a testimonianza di come "Playboy" abbia segnato in modo indelebile la cultura della nostra società.
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