martedì 29 maggio 2018

BIOGRAFIA DEL SILENZIO





Pablo d'Ors
BIOGRAFIA DEL SILENZIO
Vita e Pensiero
2014, cartonato
100 pagine

Ogni tanto, per non sembrare del tutto privo di spiritualità e senso della trascendenza, e anzi, per cercare di essere spirituale e trascendente come tutti gli altri e sentirmi dunque meno alieno nel mio freddo razionalismo, leggo libri come questo. "Un giorno riuscirò anch'io a meditare sul senso della vita", mi dico, "o a percepire l'afflato della mia anima". Tutte le volte che mi sforzo di meditare, però, vengo distratto da un prurito in un punto irraggiungibile della schiena o dal rumore del camion della spazzatura per strada. Tuttavia, magari quando sarò in pensione e avrò più tempo per impegnarmi come si deve, avrò imparato come si fa per essere finalmente sereno e spirituale come il resto del mondo che pratica la meditazione. Per il momento, raccolgo la documentazione. Non nego che questo testo di Pablo d'Ors (spagnolo di Madrid classe 1963) sia pieno di buoni spunti. Anzi, me ne sono appuntati diversi. Peraltro, nonostante l'autore sia un sacerdote, ha il pregio di non affrontare nessun argomento religioso. Non che io sia allergico alla religione (avrei accettato di buon grado qualunque discorso sensato anche riguardante Dio e il suo amore per noi), ma evidentemente d'Ors ha scelto di rivolgere il suo discorso a un pubblico più ampio di quello dei credenti, puntando sull'elogio della meditazione (e della ricerca interiore basata sul silenzio) come strumento in grado di migliorare la vita di tutti. Stranamente, parla più di buddismo che di cristianesimo, più di filosofia orientale che di dottrina cattolica. Secondo Pablo d'Ors, e sono pronto a sottoscrivere, la situazione, qualunque sia, non è il problema. Il problema è la nostra idea su di essa. "Appena dimetto l'idea, il problema scompare. Basta non avere idee sulle cose o sulle situazioni per vivere completamente felice. La formula è prendere le cose come sono, non come ci piacerebbero che fossero. Non si deve nuotare contro la corrente della vita, bensì a suo favore. Non bisogna nemmeno nuotare. Basta aprire le braccia e lasciarsi trasportare". Più avanti si legge: "Quasi tutti i frutti della meditazione si percepiscono fuori dalla meditazione. Alcuni frutti sono, ad esempio, una maggiore accettazione della vita così com'è, un'assunzione più completa dei propri limiti e dei propri acciacchi o dolori, una maggiore benevolenza verso i propri simili, un'attenzione più scrupolosa alle necessità altrui, un apprezzamento superiore verso gli animali e la natura, una visione del mondo più globale e meno analitica". Infine: "Si può vivere senza lottare contro la vita". Tutto bello, tutto giusto, tutto vero. Leggo di continuo di gente (anche laicissima, come Emmanuel Carrere) che dice la stessa cosa. Però, al di là del fatto che prima di accettare acciacchi e dolori attraverso la meditazione cerco di farmeli passare con un analgesico, tutto resta troppo poco pratico per i miei gusti. 
Pablo d'Ors indubbiamente ci convince che meditare è bello, che meditare è buono, che meditare cambia la vita. Ottimo. Ma praticamente come si fa? L'autore dice, a un certo punto, che meditare costa anche del sacrificio e che inizialmente ci si deve far forza per mantenersi costanti nel buon proposito di farlo. Questo anche perché, per esempio, la posizione è scomoda e si sentono dei dolori alle giunture. Ecco: ma qual è questa posizione in cui ci si deve mettere? "Nei primi mesi meditavo male, malissimo; tenere la schiena eretta e le ginocchia piegate non mi riusciva per nulla facile": schiena eretta e ginocchia piegate, come? Se magari ce lo avesse spiegato noi potremmo evitare di meditare male o malissimo nei primi mesi. E una volta che ci siamo messi in qualche posizione e si vuole meditare, di preciso a che si deve pensare? Ho visto che esiste un libro intitolato "Meditazione per negati", dovrò leggermi anche quello. Poi vi saprò dire.

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