venerdì 21 maggio 2021

L'ANTICO TESTAMENTO

 

 
 
 
Bart D. Ehrman
L'ANTICO TESTAMENTO
Carrocci editore
2018, brossurato
348 pagine, 29 euro

Con la sua consueta chiarezza (con tanto da specchietti riassuntivi di ogni capitolo e box di approfondimento ad arricchire il testo) il biblista Bart D. Ehrman ci introduce alla lettura dell'Antico Testamento ("Un'introduzione" è infatti il sottotitolo), facendo il punto sullo stato degli studi degli esperti su ognuno dei libri che lo compongono. Libri che, peraltro, sono diversi nella Bibbia ebraica rispetto a quella cattolica, a quella protestante e a quella ortodossa, sia perché alcuni testi sono accorpati (i due libri di Samuele della Bibbia cattolica sono uno solo in quella ebraica) sia perché alcune confessioni includono testi che altri considerano apocrifi. L'Antico Testamento è stato scritto da molti autori diversi (quasi tutti sconosciuti, nel senso che non sappiamo chi realmente siano gli autori, al di là dell'attribuzione data dalla tradizione) nell'arco di seicento anni (da quelli dei profeti Amos e Isaia, che risalgono all'VIII secolo avanti Cristo, a quello di Daniele, vissuto nel II secolo avanti Cristo). La Genesi, il primo testo in cui ci si imbatte, è nato dall'unione di leggende diverse che uno scriba del VI secolo ha cercato di raccordare in un'unica narrazione, non riuscendo tuttavia a dar vita a un racconto univoco. Tutto il Pentateuco, attribuito a Mosé ma chiaramente non realmente da lui scritto, deriva del resto da quattro diverse fonti (denominate J, E, D, P) ricucite fra loro ma chiaramente riconoscibili (la fonte P é, per esempio, è quella da cui derivano i passi legati alle norme rituali sacerdotali e alle sterminate genealogie). Ehrman, conscio di maneggiare argomenti scottanti, visto che tre americani su dieci sono convinti di dover prendere alla lettera il testo biblico, fa ogni sforzo per convincere come gran parte dei racconti siano leggendari, anche se alludono a importanti messaggi e contengono illuminanti insegnamenti. Tuttavia le contraddizioni del testo sono evidenti, al pari dei debiti verso miti e letterature di altri popoli, così come il fatto che i libri appartengono a epoche diverse, contesti storici differenti, generi letterari disparati e ognuno debba essere studiato in relazione all'humus e al background che li ha generati. Oltre ad analizzare caratteristiche e contenuti di ogni libro, Ehrman esamina l'Antico Testamento dal punto di vista filologico: scopriamo così come i testi che noi conosciamo derivano essenzialmente da un unico manoscritto, il Codex Leningradensis, che risale più o meno all'anno 1000, dunque si tratta di una copia redatta 1800 anni dopo la prima trascrizione di un rotolo di Isaia o di Amos, con tutti i deterioramenti che ci possono essere stati in mezzo (ovviamente il problema viene analizzato nel dettaglio). Tutto sommato, al termine della lettura, vien fatto di pensare che Dio, dalla Genesi fino alle storie dei Patriarchi, dell'Esodo, dei Giudici, dei Re, dei Profeti, non ci faccia bella figura, dato che gran parte della Bibbia contiene il resoconto di minacce e di vendette. Un esempio, scelto fra tanti per la brevità, è questo passo del libro di Naum: "Un Dio geloso e vendicatore è il Signore, pieno di collera. Il Signore si vendica degli avversari e serba rancore verso i nemici". La divinità pretende dal suo popolo il totale annientamento degli abitanti delle città nemiche (herem), non solo uccidendo tutti gli uomini, le donne, i vecchi e i bambini, ma anche tutti i loro animali. Va detto che stermini di questo genere erano consuetudine di tutti i popoli più di mille anni avanti Cristo (la chiamata di Abramo si data nel 1750 prima dell'era volgare), ma appunto per questo il testo biblico va contestualizzato e risulta molto lontano dal nostro modo di concepire la divinità. In realtà, la collera celeste serve per giustificare il dolore, la malattia, le guerre, le sconfitte: Dio ci punisce perché ce lo meritiamo, perché gli siamo infedeli. Interessante da questo punto di vista il libro di Giobbe, scritto in realtà da due autori diversi, con due stili opposti, che sostengono tesi differenti, ma che cercano entrambi di giustificare la teodicea, il problema del male nel mondo. Ci sono poi testi che ci si chiede perché siano finiti nella Bibbia, come il Cantico dei Cantici (un poemetto erotico), i Proverbi, o il Qòelet, dove si sostiene che, essendo la vita breve ed effimera, è difficile comprenderne il senso, e ciascuno dovrebbe cercare di godersela come può. Probabilmente sono questi i libri più belli, anche se tutta la Bibbia, sia nelle parti in prosa che in quelle in poesia, resta una testimonianza letteraria di incommensurebile valore.

Nessun commento:

Posta un commento