giovedì 17 agosto 2023

LA CASA DEI FIAMMINGHI

 

Georges Simenon
LA CASA DEI FIAMMINGHI
Adelphi
Brossura, 1996,
138 pagine, 11 euro

I primi romanzi di Simenon con protagonista Maigret, quelli degli anni Trenta, hanno la caratteristica di spedire il Commissario a indagare in località diverse e distanti da Parigi (dove ha sede il suo ufficio, nel celebre Quai des Orfèvres). Non che non capiti anche in seguito, nel corso della serie, ma sicuramente agli inizi le trasferte erano più frequenti. Nel secondo episodio, l’indagine è ambientata lungo un canale che unisce la Senna alla Marna; nel sesto Maigret va a Concarneau; nel settimo a Guigneville; nell’ottavo in Olanda; il nono a Fecamp; l’undicesimo a Morsang; il tredicesimo a Saint-Fiacre, che è anche il paese natale del poliziotto. Arriviamo così a “La casa dei fiamminghi”, il quattordicesimo titolo, scritto nel 1932, che si svolge a Givet, una piccola località al confine con il Belgio. Simenon, non va dimenticato, era un belga di lingua francese, essendo nato a Liegi nel 1903, da un padre vallone e da una mamma fiamminga: di lei ci siano occupati in queste spazio commentando la “Lettera a mia madre”, composta dallo scrittore qualche tempo dopo la morte di lei, avvenuta nel 1970.

https://utilisputidiriflessione.blogspot.com/2023/02/lettera-mia-madre.html
 

Recensendo via via parecchi gialli con Maigret, abbiamo ricostruito man mano un po’ tutti gli aspetti e le caratteristiche del personaggio, parlando del suo “metodo” psicologico nel condurre le inchieste così come dell’umanità che lo contraddistingue nonostante i modi talvolta burberi, annotando anche il suo essere una buona forchetta, un gran fumatore di pipa, un bevitore di birra e di Calvados in grado di reggere bene l’alcool, un marito fedele di una moglie devota. Ma, soprattutto, ogni volta si è inevitabilmente ribadita la grande capacità di narratore di Simenon, ipnotico nel catturare il lettore nelle sue storie e il suo straordinario talento nel ricostruire ambienti, intendendo non soltanto strade cittadine, quartieri o appartamenti, ma anche il contesto sociale ed umano in cui il Commissario si trova ad indagare, osservato con partecipazione senza mai sentenziare. Per questo bisogna guardarsi bene dal ritenere i casi di Maigret dei semplici polizieschi. Rimando perciò alle altre recensioni, rintracciabili cercando il nome dello scrittore nella categoria “Autori” del blog “Utili Sputi di Riflessione”.

https://utilisputidiriflessione.blogspot.com/p/indice-autori.html

Ciò detto, posso serenamente passare a segnalare come, secondo me, “La casa dei fiamminghi” non vada considerato tra i migliori casi di Maigret. Intendiamoci: è un romanzo più che dignitoso, sicuramente di gran lunga più interessante della maggior parte dei gialli in cui ci si imbatte pescando a caso tra le detective stories. Però, il Commissario in trasferta è meno efficace del solito, non sembra seguire un filo preciso nello svolgere la sua inchiesta, resta in attesa degli eventi, si accontenta della soluzione data per buona dagli investigatori locali, lì a Givet dove si trova, pur sapendo che la verità è un’altra. A Givet, del resto, ci è finito a titolo personale, da solo (senza gli uomini della sua squadra), per un motivo un po’ bizzarro (per fare un favore a un amico), quindi si muove lungo l’argine della Mosa in piena facendo domande senza averne l’autorità. Restano vivide e coinvolgenti le descrizioni della località di confine, dei contrabbandieri, della diffidenza dei francesi verso i fiamminghi, i Peeters, che gestiscono una drogheria che serve soprattutto i numerosi battellieri olandesi. I Peeters sono accusati di aver ucciso (e occultato il corpo) di una ragazza messa incinta da uno di loro, vista entrare nella loro casa prima di scomparire, ma naturalmente alla base dei sospetti c’è anche l’invidia per il talento nei commerci dei fiamminghi, considerati ricchi mentre i francesi del luogo sono quai tutti poveri. Il ritratto collettivo dei anti personaggi assomiglia, alla fine, un quadro di Bruegel.

 

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