venerdì 3 febbraio 2023

LETTERA A MIA MADRE

 




George Simenon
LETTERA A MIA MADRE
Adelphi
brossurato, 2016
100 pagine, 10 euro

"Perché sei venuto, Georges?", chiede la novantenne Henriette Brüll, quando (un giorno del 1970) vede entrare nella sua stanza d'ospedale il figlio, Georges Simenon, tornato a Liegi, in Belgio, al suo capezzale dopo anni di lontananza. Ricordando quella frase, e scrivendo nel 1974 la sua "Lettera a mia madre", Simenon annota: "Veramente ti sei meravigliata di vedermi? Ti immaginavi forse che non sarei venuto, che non avrei assistito alla tua agonia, al tuo funerale? Mi credevi indifferente, nemico addirittura? Davvero c'era sorpresa in quei tuoi occhi, nel loro grigio slavato, oppure era un'altra delle tue commedie? Lo sapevi che sarei venuto, mi aspettavi, ne sono sicuro". Del suo difficile rapporto con la madre Simonon ha parlato spesso in interviste e in romanzi autobiografici. Si sentiva più parte del clan dei Simenon, quello di cui faceva parte suo padre Desiré, belga (Henriette Brüll e la sua famiglia erano olandesi). Tre anni e mezzo dopo la morte della mamma, nel 1974, Simenon le scrive la Lettera con cui fa pace con la sua figura: "Ora soltanto, forse, comincio a capirti. Ho trascorso l'infanzia, l'adolescenza insieme a te, sotto lo stesso tetto, e quando a diciannove anni ti ho lasciata, sono partito per Parigi, eri ancora un'estranea per me". La Lettera è composta da brevi frasi, collegate fra loro come frammenti di un flusso di pensiero, attraverso le quali lo scrittore (il terzo autore francese più tradotto nel mondo dopo Verne e Dumas) racconta sia i giorni trascorsi al capezzale della mamma sia frammenti e aneddoti della vita di lei, ricordati in ordine sparso, come in uno spontaneo riaffiorare alla mente. Piano piano il ritratto di Henrietta si va perfezionando senza però che nulla, nella prosa di Simenon, sembri falso o letterario. Una donna orgogliosa, tenace, apparentemente avara di empatia, ma in realtà piena di sentimenti tenuti gelosamente nascosti. "Eri di coloro che non hanno ricevuto niente; di coloro che ogni gioia, anche piccola, la devono conquistare con le unghie e coi denti", scrive Simenon. E conclude: "Madre, io non ho niente da rimproverarti, non ti rimprovero niente, lo vedi bene. Hai seguito il corso della tua vita con una fedeltà rara, rarissima anzi, al tuo scopo. Lo hai raggiunto. Forse per questo nel letto d'ospedale il tuo sguardo è così sereno, per questo a tratti vi brilla persino una pagliuzza d'ironia. Li hai messi tutti nel sacco!".

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