Georges Simenon
IL MORTO DI MAIGRET
Adelphi
2000
brossurato, 190 pagine
E' sempre un bel leggere, leggere Simenon; e quando Simenon scrive di Maigret si va sul sicuro. Il burbero ispettore della polizia parigina manovra i suoi ispettori come un perfetto burattinaio, e c'è da giurare che stando ai suoi ordini resta ben poco spazio per la vita privata. Anche lo stesso Maigret, del resto, non ha orari: quella santa donna di sua moglie lo vede tornare a casa senza regola alcuna ma lo accudisce con una dedizione commovente. In questo romanzo, scritto nel 1947 negli Stati Uniti e pubblicato in Francia l'anno successivo, ci sono per fortuna parecchie pagine di ambientazione domestica. Vediamo il commissario, colpito da una leggera bronchite e curato con tisane, ricevere a casa propria persino dei testimoni; e in una scena, parlando dal letto dove si è sprofondato dopo una notte di indagini, dirige la moglie perché faccia per lui delle telefonate, lasciando la signora molto perplessa perché nel dubbio che il marito stia parlando nel sonno. Per quantità di morti, tuttavia, questo ventinovesimo giallo è uno dei più cruenti della serie
Colpisce, fra le tante pagine memorabili, la riflessione di Maigret sul procuratore Ernest Comeliau, burocrate di strette vedute: come può uno che non sa come si giochi ai cavalli, che cosa si beva nei locali di periferia, cosa significhino i vocaboli dello slang dei malavitosi, dirigere degli apparati di polizia? Magister invece è un attento osservatore del mondo, capisce le psicologie, legge negli sguardi, conosce i bassifondi e la vita dei vicoli, frequenta le stazioni. Il caso comincia con la drammatica richiesta d'aiuto di uno sconosciuto che telefona a Maigret ritenendosi braccato da una banda di assassini. La conversazione si interrompe bruscamente e nella notte il cadavere di un accoltellato viene ritrovato in place de la Concorde, con il volto tumefatto. Impossibile riconoscerlo, non ha documenti, nessuno sa chi sia. Ma Maigret legge gli indizi sul suo corpo, sui suoi abiti. Cominciano indagini difficili e inizialmente infruttuose, che però alla fine portano a sgominare gli "assassini della Piccardia", capeggiati da Jean Bronsky, colpevoli di una lunga serie di raid omicidi in case coloniche delle province del Nord, e che si sono adesso installati a Parigi.
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