giovedì 21 luglio 2022

BIANCANEVE E I SETTENARI

 
 
 

 
 
BIANCANEVE E I SETTENARI
A cura di Stefano Bartezzaghi
Bompiani
Brossurato,2022
210 pagine, 17 euro


C'è un rito irrinunciabile a cui mi sottopongo ogni settimana: risolvere il Bartezzaghi. Chi è un cultore, come me, della "Settimana Enigmistica", sa di che cosa sto parlando. Si tratta di un appuntamento fisso della rivista, il più insidioso dei cruciverba a schema libero. Oggi, il Bartezzaghi in questione si chiama Alessandro, ed è uno dei figli del più celebre Piero (nato nel 1933, morto nel 1989), storico autore di schemi di parole crociate, pubblicati per tradizione, a partire dagli anni Cinquanta, a pagina 41 della "Settimana". Per decenni, spuntarla contro il Bartezzaghi è stata la sfida preferita dei più abili solutori e oggi che non c'è più il padre, che era decisamente diabolico nelle sue definizioni, il figlio ne continua l'opera e anche lui non scherza. C'è poi un altro Bartezzaghi, Stefano, fratello di Alessandro, curatore di una rubrica su "Repubblica" e da insegnante di Semiotica dell'enigma presso lo Iulm di Milano. Proprio di Semiotica dell'Enigma si occupa il suo libro "Incontri con la Sfinge" (Einaudi), pieno di incredibili bizzarrie letterarie come il palindromo inglese "Madam, I'm Adam", che il primo uomo avrebbe detto presentandosi alla prima donna, e quello italiano dedicato ai carcerati: "alle carte t'alleni nella tetra cella". Un terzo fratello, Paolo Bartezzaghi, è un giornalista sportivo e non si occupa di enigmistica se non, forse, per risolvere i quiz dei congiunti. Uno dei miei autori preferiti, Isaac Asimov, scrisse una volta: “considero il gioco di parole la forma più nobile di umorismo”. Voleva dire, se non intendo male, che mentre gli scivoloni sulle bucce di banana o le torte in faccia sono un tipo di humour molto immediato, godibile anche da un analfabeta, il gioco di parole richiede non di rado, per essere perfettamente compreso, una certa cultura, una certa dimestichezza con le lettere, una certa raffinatezza di palato da parte del fruitore. Del resto, a quanto pare, il calembour deve il proprio nome a un conte, dimorante a Parigi sotto il Re Sole e molto dotato in questa ginnastica di parole. Ginnastica dunque praticata più da nobili che da plebei. Tornando ai Bartezzaghi, e in particolare a Stefano, è il curatore di “Biancaneve e i settenari” (sottotitolo: “Antologia di poesia giocosa”), una silloge che raccoglie le giochi di e con le parole, di sette diversi abilissimi autori: Marco Ardenaghi, Duccio Battistrada, Alessandra Celano, Gianni Cossu, Matteo Pelliti, Luciana Preden e Giuseppe Baraldo. Si tratta soprattutto (ma non solo) di cimenti poetici complicati dalla necessità di ottemperare, oltre che alle regole dell’enigmistica, anche a quelle della metrica. “Poesia a ostacoli”, la definisce Bartezzaghi, e per di più molto spesso ostacoli posizionati dagli autori stessi. Chi costringe, per esempio, Duccio Battistrada a leggere una poesia di Ungaretti come se fosse scritta in inglese (“Soldati” diventa “Sold out”), se non la soddisfazione che nasce dal cimento stesso? Marco Ardemaghi compone una poesia con la stessa parola-rima (“parti”) usata in otto sensi diversi. C’è poi Gianni Cossu che compone intere poesie palindrome, e c’è Giuseppe Varaldo che ne scrive di “generazionali”, cioè composte via via solo da vocaboli inseriti nel dizionario in un certo momento storico (quella che va dal 1993 al 1997 comincia per esempio così: “Un internauta, non un fancazzista / che io sul web non svalvolo né sclero…”). Ci sono anche le canzoni ricomposte con il senso rovesciato (“Siam gli esquimesi / i bassissimi Inuit”), le poesie maltusiane, lipogrammi, anagrammi, antigrammi, acrostici di tutti i tipi e con vari gradi di difficoltà. Per gli appassionati di enigmistica è come assistere alla finale del 100 metri alle Olimpiadi, a una gara di Formula Uno o alla partita che assegnerà la Coppa dei Campioni. Se serve una spiegazione del divertente titolo, la si trova in un distico di Luciana Preden: “Brontolo, Dotto e Cucciolo / è un settenario sdrucciolo”.

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