lunedì 1 maggio 2023

I NAUFRAGATORI DELL'OREGON

 
 

 
 
Emilio Salgari 
I NAUFRAGATORI DELL'OREGON
Fratelli Fabbri Editori
Collana Tigri e Corsari
1968, brossurato
160 pagine -  p.n.i.

Salgari a differenza di Omero, è sempre Salgari anche quando dorme. Lo dimostra questo suo romanzo "minore", gradevole e avvincente anche se non ci sono grandi personaggi e gli accadimenti non narrano della conquista di nessun impero.  I capitoli sono brevi e veloci, i dialoghi fulminanti e pittoreschi: sembra di leggere un fumetto. E con ogni probabilità, i romanzi di Salgari erano per la sua epoca quello che i fumetti sono stati in seguito: avventura, divertimento, ma anche veicolo di cultura presso tutti i ceti sociali. Meraviglia, da questo punto di vista, la straordinaria documentazione dell'autore, che non è strampalata ma precisa e fondata. E ricavata da chissà quali testi in anni in cui le biblioteche non erano alla portata di tutti e non erano certo ricche di volumi quali quelli che a lui servivano.  "I naufragatori dell'Oregon" non è certo un capolavoro. Ma io l'ho letto più di cento anni dopo la prima pubblicazione, e mi sono divertito. Basta questo per far capire che grand'uomo era quello che l'ha scritto.
L' "Oregon" è una nave che fra la spola fra le isole della Malesia e le Filippine. Durante un suo viaggio, trasporta due giovani occidentali che hanno ereditato una grossa fortuna e che si recano a prenderne possesso. Il loro cugino, un olandese abitante a Manila chiamato Wan-Baer, decide di farli sparire per mettere le mani per proprio conto sull'eredità. Ingaggia perciò un capitano di marina senza scrupoli, il bieco O'Paddy, perché faccia affondare l' "Oregon" speronandola in una notte di tempesta con una bagnarola a vapore destinata comunque al disfacimento. La manovra riesce solo a metà, perché l' "Oregon" non cola a picco subito, mentre la nave speronatrice sì. O'Paddy si trova a far parte dello stesso gruppo di naufraghi in cui si trovano anche i giovani cugini di Wan-Baer, Amely e Dik, scortati da un loro buon amico, il baldo Held. Del gruppo fa parte anche un viaggiatore siciliano, chiamato Lando (anche ne "La città del re lebbroso" compariva un personaggio italiano, segno che a Salgari piaceva arruffianarsi un po' il suo pubblico). O' Paddy si spaccia per un marinaio vittima della tempesta, e tutti, inizialmente, si fidano di lui. Ma di nascosto trama per portare alla rovina Amely e Dik e incassare la ricca ricompensa promessa da Wan-Baer. I naufraghi dell' "Oregon" (o meglio, solo il piccolo gruppo con O'Paddy, perché degli altri si perde ogni traccia) sbarcano sulle coste selvagge del Borneo e devono raggiungere una città civile attraversando l'intricata e insidiosa foresta, dove i complici di O'Paddy tendono loro degli agguati. In soccorso di Amely e Dik giungono per fortuna i daiaky tagliatori di teste, che "comprati" con l'offerta di buoni fucili, fanno da scorta ai nostri eroi. Alla fine O'Paddy paga il fio delle sue colpe e in punto di morte rivela il complotto ordito da Wan-Baer, a cui non resta che rinunciare all'eredità e darsi alla fuga.


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