FUMETTO ITALIANO - CINQUANT'ANNI DI ROMANZI DISEGNATI
a cura di Paolo Barcucci e Silvano Mezzavilla
Skira
2016, cartonato
300 pagine, 40 euro
Si tratta del bel catalogo di una mostra, inaugurata a Roma e poi visibile in giro per l'Italia, dedicata ai graphic novel di casa nostra. Dopo una decina di interessanti e brevi saggi firmati da nomi illustri quali Daniele Barbieri, Sergio Brancato, Giulio Giorello e Luca Raffaelli (solo per citarne alcuni), seguono quaranta estratti da altrettanti romanzo grafici italiani disposti in ordine cronologico, da "Una ballata del mare salato" di Hugo Pratt del 1967, fino a un inedito di Gipi del 2016. Gli autori rappresentati hanno stili diversissimi (si va da Magnus, con "Lo sconosciuto", fino a Zericalcare con "Dimentica il mio nome", passando per Dino Battaglia, Filippo Scozzasti, Sergio Toppi, Manuel Fior, ma anche Leo Ortolani), come del resto possono essere diversi gli stili di quaranta scrittori di narrativa. Tutti sono comunque accomunati dalla capacità di rendere il fumetto "opera" oltre che "narrazione", qualcosa i cui segni costituiscono essi stessi il racconto e lo fanno attraverso la forte personalità dell'artista che li ha realizzati.
Quando qualcuno usa il termine “fumetto” con una accezione spregiativa, per denigrare un’ opera narrativa o cinematografica dal contenuto sciocco o assurdo, forse non se ne rende conto ma dice una sciocchezza, o un’assurdità. Chi giudica una trama superficiale o dei dialoghi banali etichettandoli come “da fumetto”, dimostra di non aver affatto compreso che cosa effettivamente sia il fumetto. Per chi crede che i fumetti siano roba per bambini o abbiano smesso di uscire da quando lui non li compra più, le sorprese rischiano di essere molte, e alcune addirittura stupefacenti. Innanzitutto, balza agli occhi la sorprendente capacità del racconto per immagini disegnate di veicolare emozioni di ogni tipo, senza nessun tipo di sudditanza verso altre tecniche di comunicazione quali il cinema, la musica o la letteratura. Il fumetto non è figlio di una musa minore rispetto ad altre arti. Può contare su un proprio codice espressivo che si caratterizza non solo per efficacia ma anche come perfetto punto d’incontro e contaminazione fra tutti i generi e le forme espressive, “una zona di libero scambio”, per usare un’espressione di Antonio Faeti, “un grande crocevia in cui si determinano incroci imprevedibili”. Un altro aspetto da mettere in risalto è la ricchezza di piani di lettura di temi, di target, di formati, di tecniche e di linguaggi offerti dalla produzione fumettistica mondiale. "Fumetto italiano" dimostra, in maniera inoppugnabile anche agli occhi degli scettici, non solo che i fumetti possono essere (e sono) letture assolutamente mature, in molti casi colte e perfino sofisticate,
Nel 1978, fu "A contract with God", di Will Eisner, uno dei massimi disegnatori americani, il primo libro a recare in copertina la dicitura “graphic novel”, romanzo a fumetti. Fu una rivoluzione, perché in precedenza, in America,i fumetti erano per lo più seriali (con protagonisti ricorrenti), pubblicati su comic book (albi spillati di piccolo formato), distribuiti nei chioschi o nei supermercati, ed erano in genere umoristici o di avventura. Con Eisner prima, e con il successo di autori come Art Spiegelman e Frank Miller dopo, i fumetti cominciarono a essere concepiti e proposti come veri e propri libri e, soprattutto, ci si abituò all’idea che potessero raccontare qualunque cosa, anche le angosce nevrotiche o il minimalismo quotidiano, la deportazione degli ebrei nei campi di sterminio o la guerra a Sarajevo, e farlo in modo tutt’altro che banale. In Italia (già, perché gli autori di fumetti italiani non hanno niente da invidiare a quelli del resto del mondo, anzi costituiscono una delle scuole più folte e talentuose), già nel 1968 usciva “Una ballata del mare salato” di Hugo Pratt, vera e propria “graphic novel” ante litteram anche se inizialmente pubblicata a puntate su rivista. Nel 1969 lo scrittore Dino Buzzati, peraltro apprezzato anche come pittore (e stranamente ignorato nel catalogo), riproponeva in un suo libro il mito di Orfeo ed Euridice attraverso un adattamento fantastico in chiave moderna intitolato "Poema a Fumetti", vero e proprio romanzo realizzato non in prosa ma secondo il codice fumettistico.
Non ho mai capito bene perché effettivamente in certi casi ci vuole qualcuno che sdogani. XD Come è stato fatto notare vedi anche come fino a "Guerre stellari" la fantascienza fosse vista solo come roba da B-movie o sofisticata tipo "Metropolis" e "2001: ONS". In verità era già uscito "Il pianeta delle scimmie" che univa fantascienza di genere a quella più adulta, però diciamo che GS ha definitivamente tolto lo snobbismo verso queste opere da parte di tanti spettatori. O, come ricordava Castelli, fino all' uscita de "Le meraviglie del possibile", la fantascienza letteraria qui in Italia non era vista dalla critica troppo di buon occhio.
RispondiEliminaTornando al fumetto, chissà come sarebbero citate di più le storie di Carl Barks se non avessero come protagonisti i personaggi Disney (cosa che non mi sognerei mai di cambiare! XD). XD Mah!
O.K. Miller e Moore che sono dei grandi, ma non capisco perché non vengano citati quanto i nostri. Forse perché lo straniero ci piace di più? XD Perlomeno dagli nani 80 è avvenuto un certo sdoganamento. Infatti da come ho letto la collana "Un uomo un' avventura" prima si trovava a poco prezzo salvo, visto i nomi, salire di quotazioni! XD Moreno, confermi la cosa? Infatti comunque la ristampa H&W si chiamò "I grandi del fumetto". XD
Come ti ponevi poi di fronte a queste opere come UUNA e le storie sulle cosi dette riviste d' autore?
"Nel 1969 lo scrittore Dino Buzzati, peraltro apprezzato anche come pittore (e stranamente ignorato nel catalogo), riproponeva in un suo libro il mito di Orfeo ed Euridice attraverso un adattamento fantastico in chiave moderna intitolato "Poema a Fumetti", vero e proprio romanzo realizzato non in prosa ma secondo il codice fumettistico."
Ah, però! Sembra affascinante! ^^