IL POSTO
di Annie Ernaux
L'Orma
2014, brossurato,
120 pagine, 10 euro
Leggo nel risvolto di copertina: "'Il posto' è un romanzo autobiografico che riesce, quasi miracolosamente, nell'intento più ambizioso e nobile della letteratura: quello di far assurgere l'esperienza individuale a una dimensione universale, che parla a tutti noi di tutti noi". Non si potrebbe commentare meglio il senso di questo libro, se non forse, ricorrendo, non senza forzatura, al verbo "sublimare", inteso nel senso di trasformare un qualcosa di umile in qualcosa di nobile, e nobile, in questo caso, perché in grado di rappresentare l'essenza della nostra vita e della nostra storia. Annie Ernaux, nata a Lillebonne (Francia) nel 1940, che con "Il posto" ha vinto il Prix Renaudot nel 1984 (è una sorta di Premio Strega d'Oltralpe, assegnato fin dagli anni Venti), parte raccontando la morte di suo padre, avvenuta all'età di sessantasette anni, nel 1982. L'uomo, di cui non si fa mai il nome, gestiva con la moglie (la madre dell'autrice) un piccolo bar con annessa rivendita di generi alimentari in un paesino della Senna Marittima. I periodi della narrazione sono brevi, le parole essenziali, le frasi taglienti come rasoi. La commozione (pur evidente) della Ernaux non le impedisce di essere gelida, chirurgica, nella descrizione dei gesti e degli ambienti poveri e dignitosi nella sua casa di origine. La vestizione del cadavere, la visita dei parenti, il funerale. E poi i ricordi, che suggeriscono all'autrice un libro sulla vita del defunto. Quindi, la convinzione che scrivere un vero e proprio romanzo sia impossibile. "Per riferire di una vita sottomessa alla necessità non ho il diritto di prendere il partito dell'arte, né di provare a far qualcosa di 'appassionante' o di 'commovente'. Metterò assieme le parole, i gesti, i gusti di mio padre, i fatti di rilievo della sua vita, tutti i segni possibili di un'esistenza che ho condiviso anch'io. Nessuna poesia del ricordo. La scrittura piatta mi viene naturale, la stessa che utilizzavo un tempo scrivendo ai miei per dare le notizie essenziali". Fatta questa dichiarazione di intenti, la Ernaux comincia "qualche mese prima del Novecento, in un paese nel Pays de Caux, a venticinque chilometri dal mare". Lì viveva suo nonno, che lavorava in una fattoria come carrettiere: "ogni volta che qualcuno mi ha parlato di lui, la narrazione come cominciava sempre con 'non sapeva né leggere né scrivere". Quindi, la vita del papà di Annie comincia nella più nera miseria, e il resto è un percorso di lento affrancamento che corrisponde a quello di un'intera società. L'uomo prima fa il contadino, poi l'operaio. Sa quali sono i suoi doveri, qual è il suo posto. Lavora per migliorare la propria condizione e quella della propria famiglia, d'accordo con la moglie, con cui battibecca senza litigare mai, in uno sforzo costante di conservare comunque rispetto e decoro nonostante la povertà di mezzi e di istruzione. Riesce, primo fra tutti nella sua famiglia di origine, a divenire proprietario della casa in cui vive, per quanto misera, e quindi apre un esercizio commerciale, sempre a rischio di chiusura per la concorrenza di quelli "più grossi" protetti, a suo dire, dal governo. Intanto passano le stagioni delle epidemie (la difterite si porta via a sette anni la prima figlia), della guerra e dei bombardamenti (l'uomo si dà da fare nel vettovagliamento dei civili), della ricostruzione (che permette l'apertura di negozi più belli e moderni in centro, con il conseguente ridimensionamento delle vecchie drogherie di periferia). Ci sono poi gli studi di Annie, che diventa una insegnante: il padre ne percepisce la diversità, la figlia è diventata colta e letterata, altro da lui che legge poco e non sa di che cosa parlarle. Quando lei porta a casa il fidanzato, anche lui istruito, il padre si preoccupa di non far fare brutta figura alla figlia per le sue umili origini. Quindi i primi segni di vecchiaia, le fatiche degli anni, la senilità. Non c'è niente, nella vita di quest'uomo, su cui scrivere un romanzo: nessuna impresa su cui farci un film. Eppure la si segue riconoscendo la vita dei nostri padri e dei nostri nonni, e ci si commuove anche se niente è stato scritto per far scorrere una lacrima.
Nessun commento:
Posta un commento