domenica 28 febbraio 2021

L'ARTE DI FRANCO BIGNOTTI

 

 
A cura di Walter Dorian
L'ARTE DI FRANCO BIGNOTTI
Zagorianità
brossura, 2020
350 pagine

Dopo un numero speciale, uscito nel 2019, dedicato a Franco Donatelli, la rivista "Zagorianità" ne propone uno su Franco Bignotti, un altro dei grandi autori di Zagor, e non solo. Anzi: la strepitosa copertina di Nando Esposito mostra lo Spirito con la Scure insieme ad altri quattro eroi del fumetto popolare italiano di cui Bignotti si è messo al servizio: Blek, Martin Mystère, Mister No, Capitan Miki. E ne mancano ancora: Hondo e il Ragazzo nel Far West, ad esempio. Quello curato da Walter Dorian è un vero e proprio libro a più mani, perché ospita i contributo di vari saggisti (lo stesso Dorian, Stefano Oddo, Maurizio Gasparetto, Angelo Vannucci, Marco Grassano, Marco Murineddu, Fabio Cenci, Giancarlo Orazi, Andrea Santambrogio, Fabio Rosica), e tre prefazioni: una mia, una di Alfredo Castelli, una di Giovanni Ticci. Castelli è, come al soluto, il più brillante. Ticci ricorda un amico, oltre che un maestro, perché fu proprio con Bignotti che Giovanni mosse i primi passi (realizzando con lui fumetti che formavano "Bignotticci"). Bignotti era un fulmine di guerra che però sapeva unire velocità di realizzazione (indispensabile nel fumetto seriale e popolare) a una grande qualità, unite alla capacità di raccontare. Un omaggio del genere era più che doveroso, e ringrazio gli artefici. Peraltro, nonostante si tratti di una pubblicazione amatoriale, lo standard è elevato, il corredo iconografico più che abbondante, la confezione assolutamente professionale.
Come accadde a Franco Donatelli, anche Bignotti venne precettato da Sergio Bonelli, per dar man forte a Gallieno Ferri che, dopo cinque anni di infaticabile lavoro, cominciava ad aver bisogno di aiuto per sostenere la produzione zagoriana. Donatelli arrivò sul finire del 1967, Bignotti qualche mese prima, a metà del 1966, con l’avventura “Il gigante ribelle”, scritta da Cesare Melloncelli (Collana Lampo, terza serie, n° 54). Per Bonelli, Bignotti era una garanzia. Infatti, lo aveva già sperimentato come affidabile e talentuoso collaboratore con “Un ragazzo nel Far West”, datato 1958. Nel libro-intervista “Come Tex non c’è nessuno”, Sergio Bonelli così risponde a Franco Busatta che gli chiede come avesse scelto il disegnatore per quel suo primo giovane eroe: «Lo scelsi sulla base di un incontro umano che creò subito tra noi un’ottima intesa lavorativa e che lo portò a diventare, in seguito, un insostituibile jolly per la casa editrice. In lui trovai, oltre che un ottimo professionista, un amico sempre pronto a dare una mano quando ce n’era bisogno». Infatti, in seguito Bignotti sarebbe stato utilizzato anche su Mister No e Martin Mystére, sempre riuscendo a entrare in sintonia con i personaggi e con i lettori, anche i più esigenti. Portano la firma di Bignotti, del resto, alcuni episodi memorabili dello Spirito con la Scure, da “Molok!” ad “Arrivano i samurai”, passando per “La rivolta dei trappers” fino alle sequenze finali de “L’ultima vittima”. Nonostante la sua velocità, la qualità della sua produzione risultava sempre più che dignitosa, spesso eccellente: ottima e abbondate, verrebbe da dire. Tant’è vero che disegnò anche Capitan Miki e Il grande Blek della EsseGesse per la Dardo e lavorò per la Lug di Lione e la Fleetway di Londra, in un frenetico susseguirsi di commissioni e di consegne. Negli anni Cinquanta ci furono anche le avventure western di Kansas Kid, della cui realizzazione grafica si occupò a un certo punto lo studio milanese di Rinaldo Dami, ovvero lo staff di quel Roy D’Amy autore di storie indimenticabili come, per fare un solo esempio, quella di Gordon Jim pubblicato dall’Audace nel 1952. Fra le tante collaborazioni bignottiane, una fra le meno conosciute è quella con Luciano Secchi, in arte Max Bunker: oltre ad aver illustrato alcuni brevi racconti apparsi su “Eureka”, Bignotti è anche riuscito a fare da inchiostratore a Magnus per vari episodi di Alan Ford, firmandosi con lo pseudonimo di Enrico Fanti. Fra i suoi allievi, oltre al nome di Giovanni Ticci, va ricordato anche quello di Claudio Villa: chiedete a lui, e anch’egli vi parlerà di Bignotti come di un secondo padre.

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