venerdì 12 febbraio 2021

L'UOMO VESTITO DI NERO

 
 

 
Stephen King
L'UOMO VESTITO DI NERO
Sperling & Kupfer
cartonato, 2020
130 pagine


Nel 2002, tra i racconti contenti nell'antologia "Tutto è fatidico", Stephen King inseriva anche "L'uomo vestito di nero", che sarebbe vinto due importanti premi , il "World Fantasy Award" e "O.Henry Award", con grande meraviglia dello stesso scrittore - come lui stesso confessa nella postfazione. In effetti, da ringhiano, un po' me ne meraviglio anch'io dato che, tutto sommato, "L'uomo vestito di nero" non mi era sembrato il migliore della raccolta. La trama, in fin dei conti, è soltanto quella di un bambino a cui un giorno pare di incontrare l'Uomo Nero e la paura se la ricorda tutta la vita. A distanza di diciotto anni, la storia viene riproposta in una edizione a parte, impreziosita da due valori aggiunti: le illustrazioni di di Ana Juan, e il racconto "Il giovane signor Brown", di Nathaniel Hawthorne, che King reputa non solo una delle sue fonti di ispirazione, ma uno dei racconti più belli della letteratura americana - e che, in effetti, è molto ma molto bello. Protagonista de "L'uomo vestito di nero" è Gary, uomo ormai molto avanti con gli anni, che scrive, non sapendo chi leggerà le sue parole ma solo per liberarsi di una angoscia che lo attanaglia (perché la scrittura è anche liberazione),a proposito di un accadimento della sua infanzia, da cui venne traumatizzato, il cui ricordo lo ossessiona da una vita. Accadimento in realtà molto semplice, all'apparenza: da ragazzino, Gary va a pescare lungi un torrente, spingendosi un po' oltre il punto che i genitori gli avevamo raccomandato di non superare (tutti i bambini hanno il senso di colpa di aver fatto quello che la mamma ha detto di non fare), e lì si imbatte in una figura misteriosa di nero vestita, nei cui occhi brillano le fiamme dell'inferno. L'Uomo Nero gli dice che sua madre è morta, in seguito a una punta di ape, la stessa cosa cioè che ha ucciso poco tempo prima il fratello di Gary, e che è affamato, per cui lo divorerà. Gary fugge a rotta di collo, sfugge all'inseguitore, si imbatte nel padre che lo rassicura sulla sorte della mamma e con lui torna sul luogo dell'incontro: l'Uomo Nero non c'è più, ma il padre, turbato dallo strano odore di zolfo, preferisce non cercare oltre e riporta il figlio a casa. Gary cresce e invecchia sempre nel terrore che il Diavolo possa tornare a cercarlo, più affamato di prima. Il tema è dunque quello delle paure infantili e dei traumi che lasciano. Si potrebbe leggerci anche il senso di angoscia che colpisce i sopravvissuti: di due fratelli, Gary è quello rimasto vivo. Perché lui sì e l'altro no? Forse è scampato alle grinfie della morte che sta cercando anche lui? L'Uomo Nero mette paura al ragazzino anche facendogli credere che gli è morta la mamma: ecco la paura dell'abbandono. Insomma, l'infanzia non è proprio de tutto serena. L'Uomo Nero è sempre in agguato. "Il giovane signor Brown", di Nathaniel Hawthorne, è invece un apologo sul farisaismo del puritanesimo: la comunità puritana apparentemente perfetta in cui il giovane Brown vive si rivela composta in realtà (o forse non del tutto in realtà, ma in sogno o visione) da appartenenti a una setta di adoratori del demonio, ma all'apparenza sono tutti dei buoni cristiani.

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