sabato 6 febbraio 2021

LA FINE DEL MONDO

 
 



 
Alfredo Castelli
Giovanni Freghieri
Tiziano Sclavi
LA FINE DEL MONDO
Sergio Bonelli Editore
cartonato, 2020
180 pagine, 19 euro

Nell’ottobre del 1990 e poi in quello del 1992 uscirono in edicola due albi speciali di Martin Mystère in coppia con Dylan Dog, scritti da Alfredo Castelli insieme a Tiziano Sclavi: “Ultima fermata: l’incubo!” e “La fine del mondo”. Le storie erano state precedute da apparizioni “cameo” negli albi regolari delle rispettive serie. Il team-up fra il Detective dell'Impossibile e l'Indagatore dell'Incubo era stato fortemente voluto dal BVZA, che riuscì a convincere Sergio Bonelli e il Tiz che, stando a quanto racconta Castelli stesso nella postfazione al volume cartonato che ha ristampato la prima avventura, non erano, inizialmente, del tutto entusiasti e che, in corso d'opera, pare avessero palesato qualche mugugno. Ma il redazionale dell'albo che pubblicò il secondo team-up rivela che cosa accadde: "Il primo DD & MM, in realtà, doveva rimanere un numero unico, ma le vendite stratosferiche e, soprattutto, le vostre lettere hanno convinto Bonelli a dargli un seguito". Se: "Ultima fermata l’incubo" (di cui abbiamo parlato in questo blog, come potete vedere cliccando) era stato scritto da Castelli e supervisionato da Sclavi, "La fine del mondo" venne scritto da Sclavi e supervisionato da Castelli: si è così potuto notare il differente approccio alla narrazione, decisamente più “martinmysteriano” in un caso e più “dylandoghiano” nell’altro”. Nel 2018 c'è stato un terzo team up, "L'abisso del male", scritto da Carlo Recagno (e allargato anche alla partecipazione di Zagor). Tutti e tre gli incontri sono stati realizzati graficamente da Giovanni Freghieri. Nel Nel 2019 e nel 2020 la Bonelli ha ripubblicato le prime due avventure in altrettanti volumi cartonati. Rileggendo "La fine del mondo" (che inizia esattamente là dove si era interrotto l'episodio precedente, ma che poi prende del tutto un'altra strada, anzi, parecchie altre strade) si nota come Sclavi, per scelta o per istinto, non abbia cercato in alcun modo di "mysterizzare" la sua storia (mentre Castelli si era sforzato di "dylaniare" la sua), dando vita a una sorta di Hellzapoppin' apparentemente senza né capo né coda, giocato comunque sui prodromi dell'Apocalisse e sulle visioni della Fine del Mondo, in cui la suggestione delle immagini e dei paradossi conta più che il senso logico e la sensatezza del narrato. Se Castelli, in Martin Mystère, offre tutta la documentazione utile al racconto, Sclavi a un certo punto, quasi provocatoriamente, inserisce alcune informazioni scientifiche su un animale inesistente, un insetto, ma precisa, rivolgendosi direttamente al lettore: "di biologia non so un granché". Tutta la storia è percorsa del resto da tentativi, riusciti, di marcare le differenze tra Dylan e Martin, che si riempiono di cazzotti a ogni più sospinto, e, pare di capire, fra Sclavi e Castelli. Scrive Franco Busatta nella sua postfazione: "Se questa storia non ha rappresentato la fine del mondo, di certo ha siglato la fine del loro sodalizio". Sodalizio di cui lo stesso Busatta traccia la storia, iniziato con qualche primo incontro al salone di Lucca, dove il giovane Tiziano andava da semplice lettore accompagnato dalla madre, e proseguito nella redazione del Corriere dei Ragazzi prima dello sbarco di entrambi, in tempi diversi, in casa Bonelli. "Quando i Nostri si ritrovarono a unire gli ingegni per mettere in cantiere questo team up, le loro carriere erano al top e le loro visioni autoriali, ormai perfettamente focalizzate, avevano preso strade molto lontane, per lo stile di scrittura e per il modo in cui l'immaginifico, la scienza, il fantastico e l'inconoscibile venivano trattati. Sempre lirico, elusivo e labirintico quello sclaviano, mentre quello castelliano si distingueva per la netta vocazione alla divulgazione. Non è quindi un caso, che dopo 'La fine del mondo', i loro due sentieri non si siano più incrociati, se non in maniera sporadica", scrive ancora Busatta. Una annotazione a proposito dell'insetto immaginario la cui estinzione (a causa di una imprevedibile pioggia nel deserto di Atacama, in Cile, dove non piove mai) causa la fine del mondo con la complicità degli alieni del pianeta AIW (acronimo anche di "Alice In Wonderland") e di un ragazzino dotato di poteri paranormali che si mette in contatto con loro grazie a un computer costruito con una vecchia macchina da scrivere e la tromba di un grammofono. L'insetto si chiama Pisum Alatum. Lo stesso nome dato da Guido Nolitta, alias Sergio Bonelli, a un rarissimo coleottero che Cico usa come esca per pescare nel classico zagoriano intitolato "Il mostro della laguna". Peccato che Giovanni Freghieri, per il resto inappuntabile, non gli abbia dato lo stesso aspetto

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