John Barton
IL LIBRO DEI LIBRI
Garzanti
cartonato, 2021
670 pagine, 28 euro
Monumentale e chiarissimo al tempo stesso, questo saggio sulla Bibbia di John Barton, biblista inglese insegnante ad Oxford, è davvero una guida preziosa per chiunque voglia capire meglio di che cosa stiamo parlando quando parliamo di Antico e Nuovo Testamento. Barton non si limita a ricostruire (dando ragione delle varie ipotesi, a volte contrapposte, avanzate dagli studiosi) il contesto storico in cui i Libri che compongono le Sacre Scritture vennero scritti (sicuramente non tutti nell’ordine in cui li leggiamo oggi), ma anche di come si è arrivati a stabilire un canone e di come i vari testi sono stati letti e interpretati dagli esegeti e vissuti dai credenti di fede ebraica e da quelli di religione cristiana (a loro volta divisi fra cattolici, ortodossi, protestanti, anglicani e via dicendo). Ogni argomento è approfondito con dovizia di rimandi a una ricca bibliografia, come si conviene a ogni testo scientifico, ma l’esposizione è fatta anche a beneficio di cui non sia necessariamente già esperto della materia, ma se ne interessi con curiosità. Barton affronta anche la complessa storia delle traduzioni nel corso dei secoli, a partire dalla versione dei Settanta, dall’ebraico al greco, realizzata in Egitto nel III secolo avanti Cristo. Mi ha colpito l’annotazione secondo la quale la Bibbia andrebbe tradotta libro per libro con uno stile diverso per rendere la diversità di linguaggio che li contraddistingue, rendendo alcuni testi più sgrammaticati e altri più sublimi, dato che la traduzione omogenea trasmette una impressione di uniformità di scrittura che in realtà i testi biblici non hanno. Le Scritture vengono esaminate con approccio filologico, trattate con il rispetto dovuto a testi ereditati da un lontano passato (anche se non tanto lontano quanto si tende a credere), spiegando anche le difficoltà di trasmissione dei codici trascritti a mano (nessuno più antico del II secolo prima dell’età cristiana, come nel caso nei rotoli del Mar Morto, ma in generale medievali). Stupisce, in ogni caso, quante poche certezze si abbiamo su molte questioni, non ultima quella dell’attribuzione dei testi a un autore. Nella maggior parte dei casi, anzi, si sa con certezza soltanto che è stato indicato dalla tradizione quale estensore di un certo libro in realtà non è chi si crede, e spesso ci sono stati interventi di più mani in epoche diverse (non è stato Mosè a scrivere il Pentauteco, alcune Lettere di San Paolo sono apocrife). Non sappiamo neppure chi fossero i quattro Evangelisti (nessuno di loro si firma e l’attribuzione è convenzionale ma di sicuro non si tratta di Apostoli). Si discute sui luoghi di composizione dei testi. Molto interessante la disamina del rapporto fra la Bibbia e le due grandi religioni che considerano Sacre le Scritture in essa contenute: in realtà sia l’ebraismo che il cristianesimo non si basano soltanto su quanto scritto nell’Antico o nel Nuovo Testamento, anche in ragione delle numerose contraddizioni che vi sono le contenute (difficili da conciliare con quanto viene predicato) ma anche sulla tradizione e il magistero sedimentati nel corso dei secoli, che offrono interpretazioni del testo tese a cercare di superarne le vere o presunte aporie. Barton esamina anche le idee dei primi esegeti e commentatori (da Origene a Sant’Agostino fino a Spinoza), e le diverse tesi scismatiche o eretiche (Ario, Lutero, Calvino). Alla fine si affronta anche la problematica dell’ispirazione divina (per taluni, vera e propria dettatura), cercando di dare un quadro di come viene spiegata dai credenti, a dispetto degli errori e delle evidenti non corrispondenza (per esempio) con le scoperte scientifiche. Lo studioso non prende posizione (pur essendo sacerdote della Chiesa d’Inghilterra), e il suo saggio resta fondamentalmente laico.
IL LIBRO DEI LIBRI
Garzanti
cartonato, 2021
670 pagine, 28 euro
Monumentale e chiarissimo al tempo stesso, questo saggio sulla Bibbia di John Barton, biblista inglese insegnante ad Oxford, è davvero una guida preziosa per chiunque voglia capire meglio di che cosa stiamo parlando quando parliamo di Antico e Nuovo Testamento. Barton non si limita a ricostruire (dando ragione delle varie ipotesi, a volte contrapposte, avanzate dagli studiosi) il contesto storico in cui i Libri che compongono le Sacre Scritture vennero scritti (sicuramente non tutti nell’ordine in cui li leggiamo oggi), ma anche di come si è arrivati a stabilire un canone e di come i vari testi sono stati letti e interpretati dagli esegeti e vissuti dai credenti di fede ebraica e da quelli di religione cristiana (a loro volta divisi fra cattolici, ortodossi, protestanti, anglicani e via dicendo). Ogni argomento è approfondito con dovizia di rimandi a una ricca bibliografia, come si conviene a ogni testo scientifico, ma l’esposizione è fatta anche a beneficio di cui non sia necessariamente già esperto della materia, ma se ne interessi con curiosità. Barton affronta anche la complessa storia delle traduzioni nel corso dei secoli, a partire dalla versione dei Settanta, dall’ebraico al greco, realizzata in Egitto nel III secolo avanti Cristo. Mi ha colpito l’annotazione secondo la quale la Bibbia andrebbe tradotta libro per libro con uno stile diverso per rendere la diversità di linguaggio che li contraddistingue, rendendo alcuni testi più sgrammaticati e altri più sublimi, dato che la traduzione omogenea trasmette una impressione di uniformità di scrittura che in realtà i testi biblici non hanno. Le Scritture vengono esaminate con approccio filologico, trattate con il rispetto dovuto a testi ereditati da un lontano passato (anche se non tanto lontano quanto si tende a credere), spiegando anche le difficoltà di trasmissione dei codici trascritti a mano (nessuno più antico del II secolo prima dell’età cristiana, come nel caso nei rotoli del Mar Morto, ma in generale medievali). Stupisce, in ogni caso, quante poche certezze si abbiamo su molte questioni, non ultima quella dell’attribuzione dei testi a un autore. Nella maggior parte dei casi, anzi, si sa con certezza soltanto che è stato indicato dalla tradizione quale estensore di un certo libro in realtà non è chi si crede, e spesso ci sono stati interventi di più mani in epoche diverse (non è stato Mosè a scrivere il Pentauteco, alcune Lettere di San Paolo sono apocrife). Non sappiamo neppure chi fossero i quattro Evangelisti (nessuno di loro si firma e l’attribuzione è convenzionale ma di sicuro non si tratta di Apostoli). Si discute sui luoghi di composizione dei testi. Molto interessante la disamina del rapporto fra la Bibbia e le due grandi religioni che considerano Sacre le Scritture in essa contenute: in realtà sia l’ebraismo che il cristianesimo non si basano soltanto su quanto scritto nell’Antico o nel Nuovo Testamento, anche in ragione delle numerose contraddizioni che vi sono le contenute (difficili da conciliare con quanto viene predicato) ma anche sulla tradizione e il magistero sedimentati nel corso dei secoli, che offrono interpretazioni del testo tese a cercare di superarne le vere o presunte aporie. Barton esamina anche le idee dei primi esegeti e commentatori (da Origene a Sant’Agostino fino a Spinoza), e le diverse tesi scismatiche o eretiche (Ario, Lutero, Calvino). Alla fine si affronta anche la problematica dell’ispirazione divina (per taluni, vera e propria dettatura), cercando di dare un quadro di come viene spiegata dai credenti, a dispetto degli errori e delle evidenti non corrispondenza (per esempio) con le scoperte scientifiche. Lo studioso non prende posizione (pur essendo sacerdote della Chiesa d’Inghilterra), e il suo saggio resta fondamentalmente laico.
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