Isaac Asimov
LA FINE DELL'ETERNITA'
Libra Editrice
1975, cartonato
310 pagine, 4200 lire
"Il romanzo sul Tempo che pone fine ai romanzi sul Tempo", scrive Ugo Malaguti, traduttore e autore della postfazione. Il quale, scrittore di fantascienza a sua volta, notoriamente non simpatizzante verso Asimov, non manca di ribadire i motivi delle sue critiche al"Buon Dottore ma deve ammettere che "La fine dell'Eternità" è il suo "romanzo più complesso e stimolante". Le critiche sono, poi, quelle di una eccessiva cerebralità e freddezza della narrazione, solitamente poco attenta ai sentimenti umani preferendo condurre le storie sul piano delle idee: "certamente Asimov possiede la lucidità e la forza dell'autentico scienziato, e le sue trame sono spesso veri e propri teoremi, lucide dimostrazioni di un assunto, esercitazioni di logica, senza alcun punto debole". Non è un caso, conclude Malaguti, i personaggi dello scrittore americano che suscitano più empatia sono i robot. Elementi che, per quanto mi riguarda, sono positivi; apprezzo senza riserve il cerebralismo asimoviano. Tuttavia, ne "La fine delll'Eternità" i sentimenti sono il motore dell'azione, dati che proprio l'innamoramento di Andrew Harlan, Tecnico dell'Eternità, nei confronti di Noys, donna Temporale, scatena tutto l'ambaradan che dà vita al romanzo. Romanzo che si inserisce nel gruppo di opere del Good Doctor "libere" rispetto ai cicli dei Robot e della Fondazione (che negli ultimi anni della sua vita lo scrittore poi ridusse a uno solo, unificando le due saghe). In realtà il gruppetto delle opere al di fuori dei filoni principali viene definito a sua volta come ciclo dell'Impero, ma il collegamento è blando, se non ricavabile a posteriori. Anche ne "La fine dell'Eternità" si può trovare un riferimento all'Impero Galattico, nel senso che l'Impero non c'è ma nella pagina finale se ne gettano le indispensabili premesse. Pagina finale a cui si giunge dopo un susseguirsi di colpi di scena, con anche la rivelazione di un insospettabile retroscena che Asimov prepara con l'abilità di un consumato giallista (del resto, questo suo talento per il giallo è ben noto e sperimentato). L'Eternità è una struttura di controllo della Storia (ritorna la concezione determinista di una Storia che si può indirizzare verso sbocchi più desiderabili di altri, come in "Fondazione"), che si trova fuori dal Tempo. I suoi membri, organizzati secondo una rigida e algida struttura tecnico-burocratica, intervengono sulla Realtà operando quei cambiamenti che possono, a loro avviso, migliorare le condizioni generali dell'umanità nello scorrere dei secoli e dei millenni, evitando guerre, epidemie, sofferenze. Una volta che il cambiamento è operato, la Storia si adegua mutando il suo corso, in maniera indolore per chi vive nel Tempo: per ciascun individuo sarà come se le cose fossero sempre andate così come gli Eterni hanno voluto, a fin di bene. Tuttavia ci sono alcune cose che non si possono cambiare: gli eventi del Primitivo, cioè dei secoli precedenti alla nascita dell'Eternità (avvenuta attorno all'anno 2400), e quelli del più remoto futuro, là dove l'umanità sembra scomparsa, al termine dei misteriosi Secoli Bui in cui neppure gli Eterni possono aver accesso. Singolarmente, tutto ruota attorno al pianeta Terra, perché ogni tentativo di colonizzazione spaziale da parte degli umani è sempre fallito mancando la possibilità di compiere i viaggi interstellari a velocità superiori a quelli della luce (quei viaggi che nel ciclo della Fondazione vengono chiamati "balzi nell'iperspazio"). Date queste premesse è chiaro come il romanzo sia complessissimo dal punto di vista delle implicazioni filosofiche, scientifiche, antropologiche. Ogni aspetto viene analizzato e sviscerato, compreso, per esempio, quello della fine dell'evoluzione darwiniana della specie umana, che a un certo punto rimane geneticamente sempre la stessa perché l'Eternità crea i presupposti ideali per uno status quo ottimale, eliminando, con i suoi interventi, tutte le mutazioni che portino lo sviluppo in altre direzioni da quelle stabilite. Ma, a un certo punto, Andrew Harlan si rende conto di essere stato manovrato, perché c'è qualcuno che vuole la fine dell'Eternità, cioè la libertà di evoluzione della Storia, che dovrebbe essere scevra da quei condizionamenti che eliminano, apparentemente, qualunque cosa sia ritenuta dannosa, ma che tarpano quelle ali incitate al volo dall'imprevisto. Proprio l'eccesso di controllo sulla Storia provoca la scomparsa dell'umanità nel remoto futuro, ma la libertà garantirebbe invece la scoperta del modo di viaggiare nello spazio e di colonizzare la galassia. C'è di che rimanere concettualmente storditi. Grande Asimov.
LA FINE DELL'ETERNITA'
Libra Editrice
1975, cartonato
310 pagine, 4200 lire
"Il romanzo sul Tempo che pone fine ai romanzi sul Tempo", scrive Ugo Malaguti, traduttore e autore della postfazione. Il quale, scrittore di fantascienza a sua volta, notoriamente non simpatizzante verso Asimov, non manca di ribadire i motivi delle sue critiche al"Buon Dottore ma deve ammettere che "La fine dell'Eternità" è il suo "romanzo più complesso e stimolante". Le critiche sono, poi, quelle di una eccessiva cerebralità e freddezza della narrazione, solitamente poco attenta ai sentimenti umani preferendo condurre le storie sul piano delle idee: "certamente Asimov possiede la lucidità e la forza dell'autentico scienziato, e le sue trame sono spesso veri e propri teoremi, lucide dimostrazioni di un assunto, esercitazioni di logica, senza alcun punto debole". Non è un caso, conclude Malaguti, i personaggi dello scrittore americano che suscitano più empatia sono i robot. Elementi che, per quanto mi riguarda, sono positivi; apprezzo senza riserve il cerebralismo asimoviano. Tuttavia, ne "La fine delll'Eternità" i sentimenti sono il motore dell'azione, dati che proprio l'innamoramento di Andrew Harlan, Tecnico dell'Eternità, nei confronti di Noys, donna Temporale, scatena tutto l'ambaradan che dà vita al romanzo. Romanzo che si inserisce nel gruppo di opere del Good Doctor "libere" rispetto ai cicli dei Robot e della Fondazione (che negli ultimi anni della sua vita lo scrittore poi ridusse a uno solo, unificando le due saghe). In realtà il gruppetto delle opere al di fuori dei filoni principali viene definito a sua volta come ciclo dell'Impero, ma il collegamento è blando, se non ricavabile a posteriori. Anche ne "La fine dell'Eternità" si può trovare un riferimento all'Impero Galattico, nel senso che l'Impero non c'è ma nella pagina finale se ne gettano le indispensabili premesse. Pagina finale a cui si giunge dopo un susseguirsi di colpi di scena, con anche la rivelazione di un insospettabile retroscena che Asimov prepara con l'abilità di un consumato giallista (del resto, questo suo talento per il giallo è ben noto e sperimentato). L'Eternità è una struttura di controllo della Storia (ritorna la concezione determinista di una Storia che si può indirizzare verso sbocchi più desiderabili di altri, come in "Fondazione"), che si trova fuori dal Tempo. I suoi membri, organizzati secondo una rigida e algida struttura tecnico-burocratica, intervengono sulla Realtà operando quei cambiamenti che possono, a loro avviso, migliorare le condizioni generali dell'umanità nello scorrere dei secoli e dei millenni, evitando guerre, epidemie, sofferenze. Una volta che il cambiamento è operato, la Storia si adegua mutando il suo corso, in maniera indolore per chi vive nel Tempo: per ciascun individuo sarà come se le cose fossero sempre andate così come gli Eterni hanno voluto, a fin di bene. Tuttavia ci sono alcune cose che non si possono cambiare: gli eventi del Primitivo, cioè dei secoli precedenti alla nascita dell'Eternità (avvenuta attorno all'anno 2400), e quelli del più remoto futuro, là dove l'umanità sembra scomparsa, al termine dei misteriosi Secoli Bui in cui neppure gli Eterni possono aver accesso. Singolarmente, tutto ruota attorno al pianeta Terra, perché ogni tentativo di colonizzazione spaziale da parte degli umani è sempre fallito mancando la possibilità di compiere i viaggi interstellari a velocità superiori a quelli della luce (quei viaggi che nel ciclo della Fondazione vengono chiamati "balzi nell'iperspazio"). Date queste premesse è chiaro come il romanzo sia complessissimo dal punto di vista delle implicazioni filosofiche, scientifiche, antropologiche. Ogni aspetto viene analizzato e sviscerato, compreso, per esempio, quello della fine dell'evoluzione darwiniana della specie umana, che a un certo punto rimane geneticamente sempre la stessa perché l'Eternità crea i presupposti ideali per uno status quo ottimale, eliminando, con i suoi interventi, tutte le mutazioni che portino lo sviluppo in altre direzioni da quelle stabilite. Ma, a un certo punto, Andrew Harlan si rende conto di essere stato manovrato, perché c'è qualcuno che vuole la fine dell'Eternità, cioè la libertà di evoluzione della Storia, che dovrebbe essere scevra da quei condizionamenti che eliminano, apparentemente, qualunque cosa sia ritenuta dannosa, ma che tarpano quelle ali incitate al volo dall'imprevisto. Proprio l'eccesso di controllo sulla Storia provoca la scomparsa dell'umanità nel remoto futuro, ma la libertà garantirebbe invece la scoperta del modo di viaggiare nello spazio e di colonizzare la galassia. C'è di che rimanere concettualmente storditi. Grande Asimov.
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