Hugh Morren
L'OZIO E' IL PADRE DI TOMMY WACK
Editoriale Corno
cartonato, 1973
130 pagine, 3900 lire
A Luciano Secchi, alias Max Bunker, le strisce di Tommy Wack, dell'inglese Hugh Morren (1921-1995) piacevano così tanto che volle usarne il nome per una rivista di strip dell'Editoriale Corno, "Tommy" (1968-1969), appunto, nove numeri in tutto. L'esperimento non andò bene, ma le vignette di Morren continuarono a uscire in Italia su "Eureka" e su "Eureka Pocket", oltre a venire raccolte nei volumi cartonati della collana "Comics Cartoons", sotto la direzione dello stesso Secchi (autore peraltro della prefazione di questo "L'ozio è il padre di Tommy Wack"). In Gran Bretagna la strip venne pubblicata a partire dal 1968, fino alla morte dell'autore, prima sul Daily Express e poi su The Sun. La leggenda vuole che Hugh Morren abbia realmente lavorato in una grande fabbrica inglese (lui nato a Norwich e poi trasferitosi a Manchester), e che da questa esperienza nascano le gag della serie. Serie che è ambientata in una azienda al pari di quelle di Bristow o di Dilbert, ma che è molto più ilare, giuliva, spensierata. Si direbbe farsi gioco non solo dei datori di lavori, ma anche degli operai, dei sindacalisti, dell'impegno sociale, della retorica sull'alienazione alla catena di montaggio. Tommy Wack è un giocherellone a cui non importa niente, e ci piace così. Scapolo impenitente, mammone che non cerca indipendenza domestica, lavativo, coltiva i suoi hobby (party, scommesse, belle ragazze, gioco delle carte) cercando di lavorare il meno possibile. Fa in fabbrica quello che, di sicuro, avrà fatto in classe ai tempi della scuola: dorme, se ne frega. Se qualcun vuol vederci della satira sociale sullo sfruttamento delle classi lavoratrici, faccia pure: Tommy Wack sciopera per non andare a lavorare, come gli studenti che andavano ai cortei lo facevano (nella maggior parte dei casi) per non andare a scuola. Vittime degli sberleffi di Morren non sono i padroni, ma i caporeparto (come Squashy) ligi agli obblighi. Le battute sono tutte divertenti, le situazioni ricorrenti creano esilaranti tormentoni. Si rimpiange il periodo in cui c'erano strisce così.
L'OZIO E' IL PADRE DI TOMMY WACK
Editoriale Corno
cartonato, 1973
130 pagine, 3900 lire
A Luciano Secchi, alias Max Bunker, le strisce di Tommy Wack, dell'inglese Hugh Morren (1921-1995) piacevano così tanto che volle usarne il nome per una rivista di strip dell'Editoriale Corno, "Tommy" (1968-1969), appunto, nove numeri in tutto. L'esperimento non andò bene, ma le vignette di Morren continuarono a uscire in Italia su "Eureka" e su "Eureka Pocket", oltre a venire raccolte nei volumi cartonati della collana "Comics Cartoons", sotto la direzione dello stesso Secchi (autore peraltro della prefazione di questo "L'ozio è il padre di Tommy Wack"). In Gran Bretagna la strip venne pubblicata a partire dal 1968, fino alla morte dell'autore, prima sul Daily Express e poi su The Sun. La leggenda vuole che Hugh Morren abbia realmente lavorato in una grande fabbrica inglese (lui nato a Norwich e poi trasferitosi a Manchester), e che da questa esperienza nascano le gag della serie. Serie che è ambientata in una azienda al pari di quelle di Bristow o di Dilbert, ma che è molto più ilare, giuliva, spensierata. Si direbbe farsi gioco non solo dei datori di lavori, ma anche degli operai, dei sindacalisti, dell'impegno sociale, della retorica sull'alienazione alla catena di montaggio. Tommy Wack è un giocherellone a cui non importa niente, e ci piace così. Scapolo impenitente, mammone che non cerca indipendenza domestica, lavativo, coltiva i suoi hobby (party, scommesse, belle ragazze, gioco delle carte) cercando di lavorare il meno possibile. Fa in fabbrica quello che, di sicuro, avrà fatto in classe ai tempi della scuola: dorme, se ne frega. Se qualcun vuol vederci della satira sociale sullo sfruttamento delle classi lavoratrici, faccia pure: Tommy Wack sciopera per non andare a lavorare, come gli studenti che andavano ai cortei lo facevano (nella maggior parte dei casi) per non andare a scuola. Vittime degli sberleffi di Morren non sono i padroni, ma i caporeparto (come Squashy) ligi agli obblighi. Le battute sono tutte divertenti, le situazioni ricorrenti creano esilaranti tormentoni. Si rimpiange il periodo in cui c'erano strisce così.
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