sabato 5 dicembre 2020

UNIVERSO

 

 
 
Robert A. Heinlein
UNIVERSO
Mondadori
brossurato, 1977
1000 lire


“Orphans of the Sky”, quello originale, è un buon titolo; ma “Universo”, quello con cui il romanzo venne pubblicato nel 1965 sul n° 378 di “Urania”, lo è di più. “Universe” era il titolo della prima parte del racconto, apparsa nel maggio del 1941 sulla rivista statunitense “Astounding Stories” (poi diventata “Analog”). La seconda parte, “Common sense”, venne inserita nel numero di ottobre dello stesso anno. Nel 1963, Robert Heinlein (1907-1988) sottopose i due racconti a una revisione, e ne ottenne un romanzo destinato a diventare un classico. Appunto per questo, nel 1977 la Mondadori lo sceglie per inaugurare, figurando come primo numero, la collana “I classici di Urania”, con una nuova traduzione. Che Heinlein sia stato un precursore visionario e uno dei padri fondatori della fantascienza, non ci sono dubbi. Le sue intuizioni hanno tracciato la strada e sono ancora luminose. La sua fantascienza è stata definita “sociologica”, perché esamina i rapporti fra le strutture sociali e gli individui, affrontando temi che possono anche essere letti in chiave politica. Sicuramente, insieme a Isaac Asimov (di cui fu grande amico) e altri grandi autori della sua generazione, riuscì anche a far uscire la SF dal ghetto del ristretto ambito del genere. L’autore, però, si fa apprezzare di più per il peso delle sue idee e delle sue trame, piuttosto che per il bello scrivere, puntando al sodo e limitando i fronzoli. “Universo” potrebbe offrire spunti per una intera serie TV di più stagioni, invece tutto si concentra in un centinaio di pagine o poco più: eppure c’è tutto quel che servirebbe per un romanzo fluviale. Lo spunto è affascinante: nel 2119 una gigantesca astronave, la Vanguard, lascia il sistema solare diretta verso Proxima Centauri, con lo scopo di colonizzare un pianeta in orbita attorno a quella stella. Per superare i quattro anni luce che la separano dalla Terra, la Vanguard viene attrezzata per far vivere in una sorta di mondo interno autosufficiente un gran numero di passeggeri che dovranno vivere e morire per generazioni (si parla di nave generazionale) prima di arrivare a destinazione. L’astronave è cilindrica, e il movimento crea una gravità interna, la visione delle stelle però è preclusa dalla rotazione e dal gran numero di ponti esterni che chiudono la pur immensa zona centrale. Sennonché già soltanto cinquanta anni dopo si scatena un ammutinamento che causa la morte di gran parte dell’equipaggio e la distruzione dei documenti che devono servire da guida. Con il passare dei secoli, i sopravvissuti a bordo della nave perdono memoria del loro passato, arrivano a non concepire più che esista uno spazio esterno, il nome del progettista della Vanguard, Jordan, viene scambiato per una divinità e nasce una sorta di religione che ottenebra ancora di più le menti. Nessuno sa più niente della meta, dello scopo del viaggio, del pianeta di partenza. Per coloro che la abitano, l’astronave è l’intero universo. La popolazione è divisa in due: i discendenti dell’equipaggio e quelli degli ammutinati. Questi ultimi, costretti a vivere braccati e rintanati nei ponti più esterni, a gravità inferiore, hanno subito delle mutazioni. La nave viaggia ormai da anni e anni senza controllo quando Hugh Hoyland, un giovane studente, viene rapito dai mutanti e, seguendoli fin nelle regioni a gravità zero, scopre la visione delle stelle. Hugh capisce dunque la verità, e indagando scopre la storia dell’ammutinamento e la presenza di velivoli in grado di staccarsi dall’astronave madre per raggiungere mondi esterni. Deve però convincere gli altri: ma secoli di credenze superstiziose impediscono alla maggior parte delle persone con cui parla di prestargli fede, anzi, viene accusato di eresia. Saranno in pochi quelli che lo seguiranno a bordo di una navicella lanciata nello spazio in cerca di una nuova casa.

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