sabato 8 gennaio 2022

SUD

 
 
 

Ernest Shackleton
SUD
LA SPEDIZIONE DELL’ENDURANCE
Nutrimenti
2009, brossurato
444 pagine

Lo zoologo britannico Apsley Cherry-Gerrard, biologo di fiducia di Robert Falcon Scott, scrisse: “Per una spedizione scientifica e geografica, datemi Scott; per una puntata al polo e niente più, Amundsen. Ma se sono in un dannato guaio e voglio tirarmene fuori, allora datemi Shackleton”. Lo stesso concetto fu espresso da un altro esploratore dell’Antartide, il geografo Raymond Edward Priestley: “Quando siete nell'avversità e non intravedete via d'uscita, inginocchiatevi e pregate Dio che vi mandi Ernest Shackleton”. Se siete curiosi di saperne di più su questo leggendario personaggio, non vi resta che procurarvi il libro che egli stesso pubblicò in Inghilterra nel 1919: South. The story of Shackleton’s last expedition, uno dei capisaldi della diaristica d’esplorazione, ma anche un capolavoro della letteratura d’avventura. Infatti, non ci si può immergere in quelle pagine senza avere la sensazione di leggere un avvincente romanzo, mentre si tratta del racconto di fatti reali, di cui l’autore ci comunica la grande tensione emotiva. Tanto sono vere tutte le vicende che ci vengono narrate, da essere anche documentate da foto e filmati di straordinaria e drammatica bellezza. A bordo della nave Endurance, con cui nell’agosto 1914 gli esploratori salparono verso l’Antartide, c’era infatti anche l’australiano Frank Hurley, destinato a diventare uno dei più grandi fotografi di guerra e di viaggi. Con i suoi scatti e le sue riprese cinematografiche, Hurley ha fornito un eccezionale reportage della spedizione, da cui è nato un documentario di recente restaurato per una edizione in  DVD del Brithis Film Institute. La Casa editrice Nutrimenti ha reso di nuovo disponibile sul mercato italiano il libro di Ernest Shackleton, ripubblicandolo con il titolo “Sud. La spedizione dell’Endurance”, corredato da molte foto. 
Nato in Irlanda nel 1874 da padre inglese, Shackleton abbandonò ben presto gli studi di medicina per imbarcarsi come mozzo su un mercantile. In breve, divenne prima nostromo e poi comandante. Nel 1900, si aggregò alla spedizione antartica della Discovery di Falcon Scott. Da quel momento in poi, dedicò all’esplorazione dell’Antartide tutta la sua vita e fu per ben tre anni l’uomo che si era avvicinato di più al Polo Sud, prima che nel 1911 Amundsen lo raggiungesse e Scott perdesse la vita nel tentativo. Shackleton progettò allora una spedizione scientifica che attraversasse tutto il continente più meridionale del mondo. Con una nave attrezzata per la navigazione tra i ghiacci, l’Endurance, e con ventisette uomini di equipaggio, l’esploratore si inoltrò nel mare di Weddell, a sud di Capo Horn, nel gennaio 1915. Le avverse condizioni meteorologiche e l’insolita solidità del pack estivo impedirono alla nave di raggiungere, com’era nei piani, la Terra di Coats, là dove avrebbero dovuto essere installati i quartieri invernali, punto di partenza per la traversata continentale prevista per l’estate successiva. L’Endurance rimase incastrata fra i ghiacci e fu costretta a svernare nella morsa del mare gelato. I sommovimenti del disgelo, in primavera, dopo una lunga deriva, stritolarono la nave nel mese di novembre. L’equipaggio, trainandosi dietro tre scialuppe di salvataggio, iniziò una durissima marcia sul pack in disfacimento. Shackleton riuscì a condurre i suoi uomini fino all’Isola dell’Elefante, all’estremità settentrionale della Terra di Graham, raggiunta nell’aprile 1916. Le probabilità di essere soccorsi in tempo erano nulle, perciò il comandante decise di partire con cinque uomini a bordo di una scialuppa per cercare aiuto nella Georgia del Sud, un’isola distante ottocento miglia marine. Quando, dopo quindici, terribili giorni di lotta contro l’Atlantico, i naufraghi riuscirono a raggiungere la meta, sbarcarono sul lato disabitato: furono necessari altri due giorni attraverso trenta miglia di montagne e ghiacciai inesplorati per arrivare a Stromness, una stazione di balenieri. I ventidue uomini rimasti sulla Elephant Island furono salvati il 30 agosto 1916. I naufraghi erano allo stremo, ma furono riportati a casa tutti vivi.



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