Daniel Pennac
LA FATA CARABINA
Feltrinelli
brossurato
240 pagine, 14 euro
Più giallo/noir o più grottesco? Più teatrino di personaggi improbabili, o più poliziesco con la caccia a un serial killer? O più affresco di costume? Difficile dirlo, probabilmente bisognerebbe ricavare per i romanzi del ciclo dedicato alla Famiglia Malaussène un genere tutto suo. Se qualcuno avesse cominciato a sospettarlo con il primo libro della saga, "Il paradiso degli orchi", con questo secondo "La fata Carabina" (La Fée Carabine), del 1987, ne avrebbe avuto la conferma. Benjamin Malaussène non lavora più come capro espiatorio presso i Grandi Magazzini, ma è stato assunto presso una Casa editrice con le stesse mansioni: addossarsi tutte le colpe. A casa sua, la mamma intanto si appresta a partorire una nuova sorellina nella già affollata Famiglia: anche questa senza padre, tanto ci pensano i fratelli (Benjamin in testa) a tirarla su. La casa è però ancora più affollata del solito, perché a giornalista d'assalto Julie Corrençon, di cui Benjamin è innamorato, l'ha riempita di vecchietti da salvare, i Nonni, come vengono chiamati. Salvare dalla droga: c'è infatti in giro una organizzazione criminale che ha scoperto il business dello spaccio di stupefacenti presso gli anziani, che quindi vanno disintossicati e controllati come in una comunità di recupero.I Nonni trovano una nuova ragione di vita nel raccontare storie ai piccoli di casa Malaussène. Drogare i vecchietti serve a liberare i loro appartamenti, che l'organizzazione acquista a poco prezzo e rivende, ristrutturati, a prezzo altissimo. Julie sta preparando uno scoop con cui intende denunciare il giro, ma i trafficanti la rapiscono e poi la gettano nella Senna per farla tacere: la ragazza finisce in coma. Intanto, nel quartiere parigino di Belleville, dove vive Benjamin, si aggira un serial killer che uccide vecchie pensionate e proprio una vecchia pensionata uccide un poliziotto con un colpo in testa. I casi si intrecciano e si ingarbugliano così che, per uno strano gioco del caso e della sorte, proprio Malaussène finisce per essere il più probabile colpevole di tutto: perfetto capro espiatorio anche al di fuori del lavoro. Protagonisti al pari di Benjamin, i poliziotti che indagano sul caso. Soprattutto due: il giovane Pastor, che riesce misteriosamente a far confessare chiunque finisca sotto il sui interrogatorio (i suoi colleghi non capiscono come faccia) e l'anziano Thian, che si traveste da vecchietta per cercare di attirare allo scoperto il serial killer. Fra i personaggi improbabili ma suggestivi c'è il croato Stojilkovicz, un vecchio amico di Benjamin, che ogni domenica guida un pullman carico di vecchiette a fare una gita turistica, e che finisce per addestrarle all'uso delle armi per difendersi dall'assassino. Senza dubbio il registro grottesco contamina le pagine (anche le più truculente) del noir, e va riconosciuto a Pennac un grande talento di tratteggiatore di personaggi e situazioni, tanto che si crede volentieri anche alle trovate più assurde e gli si perdona l'abuso del politicamente corretto più radical chic (i poliziotti sono razzisti e pestano gli arabi, i francesi devono portare il lutto e camminare a testa bassa per il loro colonialismo, i buoni sono tutti impegnati nel sociale, eccetera).
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